Il testo analizza lo sviluppo di una nuova lettura, mai fissata ma certo <<mondializzata>> (si intende con ciò il fatto che sempre più autori in diversi continenti l’assumono), dell’<<altra modernità>>. Questa altra modernità si organizza attorno a tre punti forti nella storia del pensiero: Machiavelli, Spinoza, Marx che hanno costruito un progetto del rapporto sociale e del potere irriducibile all’unità della sovranità. L’analisi del politico e della sovranità dev’esser riportata al <<tumulto>>, alla <<moltitudine>> alla <<lotta di classe>>: la sovranità, e le componenti sociali che la compongono, vengono così scisse. Il conflitto diventa la chiave dello sviluppo. Quest’altra modernità s’oppone alla linea diretta che dall’usurpazione hobbesiana del potere delle moltitudini conduce alla definizione occidentale del potere giuridico-costituzionale. Si indaga la riscoperta ed il recupero, dentro la tradizione dell’altra modernità, e cioè in opposizione alla costruzione che si estende fra Descartes e Locke, fra Rousseau e Kant, della creatività dell’empirismo epistemologico, economico e storiografico di David Hume e di Edward Gibbon. Nella letteratura italiana ed internazionale, lo scandalo che l’opera di David Hume determinava rispetto alla continuità della costruzione costituzionale del potere, era già stato rivelato, in maniere diverse ma non contraddittorie, da Galvano Della Volpe e da Gilles Deleuze. Ben fuori dalla sintesi riduttiva e trascendentale che ne aveva fatto Kant, Hume ricominciava ad apparire per quello che era stato: il produttore di un’idea costruttiva e aperta delle istituzioni sociali, un originale profeta di un’altra democrazia. Quanto a Gibbon, la lettura troppo pacata che ne avevano dato gli interpreti neo-illuministi alla Giarrizzo, ha trovato poi nelle nuove ricerche della scuola repubblicana altre sollecitazioni ed altri esisti. Si ricompone questo insieme di ricerche progettandole dentro il nuovo solco della democrazia costituente. Infine, il tema della temporalità. La fine del moderno fra Heidegger e le ultime risultanze critiche del post-moderno è data: e qui l’analisi metafisica della temporalità raggiunge, com’è noto, l’ontologia dell’uomo. Se l’essere è tempo, se le passioni dell’uomo si distendono nella costituzione dell’essere, se il tema antropologico è ricondotto a quello ontologico, allora questo processo può rovesciarsi, e si rovescia, in un’ontologia politica. Lo spazio sociale, le dimensioni relazionali, comunicative ed affettive, costruiscono l’unica vera filiera della trasformazione, insieme, dell’essere e dell’uomo. La perenne inattualità della soggettività si schiude ad una apertura costante e progressiva di costruzione del rapporto sociale. Il tempo non è più un recipiente dello sviluppo, ma è il tessuto delle macchine creative che costituiscono l’azione e la rappresentazione, la cooperazione e l’istituzione dell’attività umana.

Tempo e Potere. Tragitti di democrazia costituente

MAZZONE, Stefania
2004-01-01

Abstract

Il testo analizza lo sviluppo di una nuova lettura, mai fissata ma certo <> (si intende con ciò il fatto che sempre più autori in diversi continenti l’assumono), dell’<>. Questa altra modernità si organizza attorno a tre punti forti nella storia del pensiero: Machiavelli, Spinoza, Marx che hanno costruito un progetto del rapporto sociale e del potere irriducibile all’unità della sovranità. L’analisi del politico e della sovranità dev’esser riportata al <>, alla <> alla <>: la sovranità, e le componenti sociali che la compongono, vengono così scisse. Il conflitto diventa la chiave dello sviluppo. Quest’altra modernità s’oppone alla linea diretta che dall’usurpazione hobbesiana del potere delle moltitudini conduce alla definizione occidentale del potere giuridico-costituzionale. Si indaga la riscoperta ed il recupero, dentro la tradizione dell’altra modernità, e cioè in opposizione alla costruzione che si estende fra Descartes e Locke, fra Rousseau e Kant, della creatività dell’empirismo epistemologico, economico e storiografico di David Hume e di Edward Gibbon. Nella letteratura italiana ed internazionale, lo scandalo che l’opera di David Hume determinava rispetto alla continuità della costruzione costituzionale del potere, era già stato rivelato, in maniere diverse ma non contraddittorie, da Galvano Della Volpe e da Gilles Deleuze. Ben fuori dalla sintesi riduttiva e trascendentale che ne aveva fatto Kant, Hume ricominciava ad apparire per quello che era stato: il produttore di un’idea costruttiva e aperta delle istituzioni sociali, un originale profeta di un’altra democrazia. Quanto a Gibbon, la lettura troppo pacata che ne avevano dato gli interpreti neo-illuministi alla Giarrizzo, ha trovato poi nelle nuove ricerche della scuola repubblicana altre sollecitazioni ed altri esisti. Si ricompone questo insieme di ricerche progettandole dentro il nuovo solco della democrazia costituente. Infine, il tema della temporalità. La fine del moderno fra Heidegger e le ultime risultanze critiche del post-moderno è data: e qui l’analisi metafisica della temporalità raggiunge, com’è noto, l’ontologia dell’uomo. Se l’essere è tempo, se le passioni dell’uomo si distendono nella costituzione dell’essere, se il tema antropologico è ricondotto a quello ontologico, allora questo processo può rovesciarsi, e si rovescia, in un’ontologia politica. Lo spazio sociale, le dimensioni relazionali, comunicative ed affettive, costruiscono l’unica vera filiera della trasformazione, insieme, dell’essere e dell’uomo. La perenne inattualità della soggettività si schiude ad una apertura costante e progressiva di costruzione del rapporto sociale. Il tempo non è più un recipiente dello sviluppo, ma è il tessuto delle macchine creative che costituiscono l’azione e la rappresentazione, la cooperazione e l’istituzione dell’attività umana.
2004
88-86267-96-7
tempo; potere; costituente
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/100410
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