Fine come ultimo confine, ardita frontiera, limite estremo; e come avamposto, vedetta, trincea. Ma anche come tramonto di un’utopia, come eclissi di un mito: quello, appunto, dell’isola come laboratorio di moralità e di stile, come osservatorio da cui decifrare e demistificare la storia e i suoi inganni.Trattando dei veristi o dei “minori” del primo Novecento, di Brancati o di Vittorini, di Bufalino o di Camilleri, del tema della follia o delle immagini della città o delle congetture della critica, l’autore scandaglia la letteratura dei siciliani dell’Otto-Novecento, la interroga e s’interroga, e mentre lo celebra si congeda da quel mito.

Finis Siciliae. Scritture nell'isola tra resistenza e resa

DI GRADO, Antonio
2005-01-01

Abstract

Fine come ultimo confine, ardita frontiera, limite estremo; e come avamposto, vedetta, trincea. Ma anche come tramonto di un’utopia, come eclissi di un mito: quello, appunto, dell’isola come laboratorio di moralità e di stile, come osservatorio da cui decifrare e demistificare la storia e i suoi inganni.Trattando dei veristi o dei “minori” del primo Novecento, di Brancati o di Vittorini, di Bufalino o di Camilleri, del tema della follia o delle immagini della città o delle congetture della critica, l’autore scandaglia la letteratura dei siciliani dell’Otto-Novecento, la interroga e s’interroga, e mentre lo celebra si congeda da quel mito.
2005
8877962216
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/100444
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