Non suoni irriverente il titolo di questo libro, evocatore di faticoso e incompiuto lavorio, adoperato a proposito di chi, Benedetto Croce, voleva essere ricordato come «tutto pensiero». Ma a usarlo, quel termine «rappezzo», davanti all’Estetica che si accingeva a riscrivere, fu lo stesso Croce, come attestano i suoi Taccuini di lavoro. E da lì è stato tratto, assunto come l’emblema di una condanna alla perpetua riscrittura, a un ininterrotto adeguamento dei propri testi al tempo. Croce fu infatti inesauribile scrittore, e uno dei grandi, ma anche implacabile correttore di se stesso. E fu scrittore ancor prima di farsi filosofo. La sua scrittura fu sempre continua rielaborazione, incessante rincorsa del suo pensiero. E dei suoi testi soprattutto quelli originati nella prima fase (giovanile, ottocentesca, napoletana), ebbero il destino di essere ripetutamente riscritti. Questo libro ne restituisce i caratteri peculiari e i significati originari, rimasti occultati sotto il palinsesto delle riscritture novecentesche, obliati tra le ingiallite pagine di rare riviste. E nel continuo scarto tra scritture e riscritture segue le tracce del divenire di Croce, individuando nelle mutazioni dei testi direzioni, spostamenti, ma anche persistenze della sua ricerca e della sua riflessione. La prima parte, Dalle memorie della vecchia Napoli alla vigilia dell’Estetica (1885-1900), ha come oggetto la fase ottocentesca dell’opera di Croce, indagata mediante un raffronto con le successive riscritture. La seconda parte è dedicata al Croce narratore e critico della maturità, oltre la soglia dell’Estetica.

Il rappezzo ininterrotto. Benedetto Croce tra scritture e riscritture

MANGANARO, ANDREA
2012-01-01

Abstract

Non suoni irriverente il titolo di questo libro, evocatore di faticoso e incompiuto lavorio, adoperato a proposito di chi, Benedetto Croce, voleva essere ricordato come «tutto pensiero». Ma a usarlo, quel termine «rappezzo», davanti all’Estetica che si accingeva a riscrivere, fu lo stesso Croce, come attestano i suoi Taccuini di lavoro. E da lì è stato tratto, assunto come l’emblema di una condanna alla perpetua riscrittura, a un ininterrotto adeguamento dei propri testi al tempo. Croce fu infatti inesauribile scrittore, e uno dei grandi, ma anche implacabile correttore di se stesso. E fu scrittore ancor prima di farsi filosofo. La sua scrittura fu sempre continua rielaborazione, incessante rincorsa del suo pensiero. E dei suoi testi soprattutto quelli originati nella prima fase (giovanile, ottocentesca, napoletana), ebbero il destino di essere ripetutamente riscritti. Questo libro ne restituisce i caratteri peculiari e i significati originari, rimasti occultati sotto il palinsesto delle riscritture novecentesche, obliati tra le ingiallite pagine di rare riviste. E nel continuo scarto tra scritture e riscritture segue le tracce del divenire di Croce, individuando nelle mutazioni dei testi direzioni, spostamenti, ma anche persistenze della sua ricerca e della sua riflessione. La prima parte, Dalle memorie della vecchia Napoli alla vigilia dell’Estetica (1885-1900), ha come oggetto la fase ottocentesca dell’opera di Croce, indagata mediante un raffronto con le successive riscritture. La seconda parte è dedicata al Croce narratore e critico della maturità, oltre la soglia dell’Estetica.
2012
978-88-7796-742-8
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/102202
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