The recent censure of the pronominal verb auspicarsi by Della Valle-Patota [2012], Colombo [2011], and earlier by Garzanti/Patota [2004-2005], Gabrielli/Hoepli [2008] and Gabrielli/Pivetti [2009], is unjustified for many reasons. First of all, this form is indeed codified (i.e. recognized and accepted) by such lexicographers as those of Gradit [1999], De Mauro [2000], De Mauro/Mancini [2000], De Mauro [2004] and Devoto/Oli/Serianni/Trifone [2004]. Secondly, the pron. form is used by "educated speakers and writers", as Colombo himself admits. The pron. auspicarsi is a wrong form for the neopurists because it is a non-etimological use with diaphasic passage from the technical register to the common one. This use, unknown in literary usage (only one example in the journal "Sole 24 ore" [2009]), goes back to the early Fifties in XX Century in specialized journals. The cause of the change (that is not to confuse with the judgement of correct/wrong use) is due to the semantic extension of the tr. auspicare on the pattern of pron. augurarsi, as Gabrielli himself has explained. This evolution proves the passage of auspicare from monovalent intr. verb as "S(pecialized)T(erm)" [1611] to auspicare trivalent trans. verb [1863], and to trivalent trans. pron. auspicarsi [1951-1960]. The rich lexical paradigm of auspicare (24 items, one third latinisms, over seven centuries) with its derivated and compound forms in sequence and ramified is antedated too thanks to Google books.

La censura del pron. auspicarsi 'augurarsi' recentemente richiamata in Della Valle-Patota [2012], Colombo [2011], e ancor prima in Garzanti/Patota [2004-2005], Gabrielli/Hoepli [2008] e Gabrielli/Pivetti [2009], non sembra giustificata sia perché tale uso è codificato in testi quali il Gradit [1999], De Mauro [2000], De Mauro/Mancini [2000], De Mauro [2004] e Devoto/Oli/Serianni/Trifone [2004], sia perché si tratta di un uso proprio di parlanti e scriventi colti, come peraltro riconosciuto dallo stesso Colombo. Tale forma sarebbe errata per i neo-puristi in quanto uso non-etimologico con abbassamento diafasico dal registro tecnico-specialistico a quello comune. Tale uso, estraneo all'ambito letterario (un solo es. nel "Sole 24 Ore" [2009]), grazie a "Google libri" può essere fatto risalire all'inizio degli anni Cinquanta del Novecento in riviste specialistiche. La motivazione del cambiamento (da non confondere con la motivazione del giudizio di correttezza/erroneità) è dovuta a una estensione semantica di auspicare sul modello di augurarsi, come chiaramente indicato da Gabrielli. Tale evoluzione documenta peraltro il passaggio di auspicare da verbo intr. monovalente come T[ermine]S[pecialistico] [1611] ad auspicare v. tr. trivalente [1863] e quindi v. tr. pron. auspicarsi trivalente [1951-1960]. Il lessema offre altresì lo spunto per ricostruire e in parte retrodatare con Google libri il ricco paradigma lessicale (24 voci, per un terzo latinismi) in cui si inserisce, con derivati e composti a catena e a ventaglio (o a raggiera), che si distribuiscono nell'arco di sette secoli.

Auspicare: in costante espansione da verbo monovalente a verbo trivalente (tr. pron.)

SGROI, Salvatore
2012-01-01

Abstract

The recent censure of the pronominal verb auspicarsi by Della Valle-Patota [2012], Colombo [2011], and earlier by Garzanti/Patota [2004-2005], Gabrielli/Hoepli [2008] and Gabrielli/Pivetti [2009], is unjustified for many reasons. First of all, this form is indeed codified (i.e. recognized and accepted) by such lexicographers as those of Gradit [1999], De Mauro [2000], De Mauro/Mancini [2000], De Mauro [2004] and Devoto/Oli/Serianni/Trifone [2004]. Secondly, the pron. form is used by "educated speakers and writers", as Colombo himself admits. The pron. auspicarsi is a wrong form for the neopurists because it is a non-etimological use with diaphasic passage from the technical register to the common one. This use, unknown in literary usage (only one example in the journal "Sole 24 ore" [2009]), goes back to the early Fifties in XX Century in specialized journals. The cause of the change (that is not to confuse with the judgement of correct/wrong use) is due to the semantic extension of the tr. auspicare on the pattern of pron. augurarsi, as Gabrielli himself has explained. This evolution proves the passage of auspicare from monovalent intr. verb as "S(pecialized)T(erm)" [1611] to auspicare trivalent trans. verb [1863], and to trivalent trans. pron. auspicarsi [1951-1960]. The rich lexical paradigm of auspicare (24 items, one third latinisms, over seven centuries) with its derivated and compound forms in sequence and ramified is antedated too thanks to Google books.
2012
La censura del pron. auspicarsi 'augurarsi' recentemente richiamata in Della Valle-Patota [2012], Colombo [2011], e ancor prima in Garzanti/Patota [2004-2005], Gabrielli/Hoepli [2008] e Gabrielli/Pivetti [2009], non sembra giustificata sia perché tale uso è codificato in testi quali il Gradit [1999], De Mauro [2000], De Mauro/Mancini [2000], De Mauro [2004] e Devoto/Oli/Serianni/Trifone [2004], sia perché si tratta di un uso proprio di parlanti e scriventi colti, come peraltro riconosciuto dallo stesso Colombo. Tale forma sarebbe errata per i neo-puristi in quanto uso non-etimologico con abbassamento diafasico dal registro tecnico-specialistico a quello comune. Tale uso, estraneo all'ambito letterario (un solo es. nel "Sole 24 Ore" [2009]), grazie a "Google libri" può essere fatto risalire all'inizio degli anni Cinquanta del Novecento in riviste specialistiche. La motivazione del cambiamento (da non confondere con la motivazione del giudizio di correttezza/erroneità) è dovuta a una estensione semantica di auspicare sul modello di augurarsi, come chiaramente indicato da Gabrielli. Tale evoluzione documenta peraltro il passaggio di auspicare da verbo intr. monovalente come T[ermine]S[pecialistico] [1611] ad auspicare v. tr. trivalente [1863] e quindi v. tr. pron. auspicarsi trivalente [1951-1960]. Il lessema offre altresì lo spunto per ricostruire e in parte retrodatare con Google libri il ricco paradigma lessicale (24 voci, per un terzo latinismi) in cui si inserisce, con derivati e composti a catena e a ventaglio (o a raggiera), che si distribuiscono nell'arco di sette secoli.
auspicare; verbo; valenza
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/11111
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