Il saggio propone alcuni punti problematici attorno alla relazione dialettica tra le novelle di Verga e la critica: il ruolo attribuito a esse nell’articolazione diacronica della sua complessiva opera; il ruolo da esse ricoperto all’interno della storia del genere novellistico. Connesso a questi due punti nodali, un terzo: il ruolo di reagente assunto dalle novelle come banco di prova della riflessione critica, metodologica e teorica, dal momento che l’opera di Verga, più di altre opere della moderna letteratura italiana, si è andata arricchendo degli «umori» dell’attività interpretativa. Sono analizzati i momenti più rappresentativi della riflessione critica su Verga: dalla riduzione crociana del ruolo del verismo, in Verga, a «una spinta liberatrice» delle immagini del passato e del “paesello”; a Russo, che connetteva la grandezza dell’opera al mondo «primitivo» e degli «umili», scorgendo, nello spostamento del mondo verghiano dagli «umili» alla roba, una progressiva interna corrosione della sua arte; alla stagione del “caso Verga”, con i saggi di Asor Rosa su Il primo e l’ultimo uomo del mondo, che indicavano l’eccellenza di Verga nell’estremizzazione della «singolarità sociologica del personaggio», nella rinuncia alla lukacsiana «significatività sociologica» del tipo; al ruolo di cerniera nella storia di Verga spostatosi negli ultimi decenni da Nedda a Rosso malpelo. Soprattutto mediante Rosso malpelo viene rilevato il ruolo di innovazione ricoperto dalle novelle di Verga all’interno della storia del genere novellistico, anche utilizzando le riflessioni teoriche di Pirandello e di Lukács a proposito del concentrarsi della novella «attorno al punto focale dell’avvenimento straordinario», dei suoi elementi distintivi rispetto al romanzo, delle sue analogie, nella rappresentazione della collisione, con la forma drammatica.

Le novelle verghiane nella critica

MANGANARO, ANDREA
2009-01-01

Abstract

Il saggio propone alcuni punti problematici attorno alla relazione dialettica tra le novelle di Verga e la critica: il ruolo attribuito a esse nell’articolazione diacronica della sua complessiva opera; il ruolo da esse ricoperto all’interno della storia del genere novellistico. Connesso a questi due punti nodali, un terzo: il ruolo di reagente assunto dalle novelle come banco di prova della riflessione critica, metodologica e teorica, dal momento che l’opera di Verga, più di altre opere della moderna letteratura italiana, si è andata arricchendo degli «umori» dell’attività interpretativa. Sono analizzati i momenti più rappresentativi della riflessione critica su Verga: dalla riduzione crociana del ruolo del verismo, in Verga, a «una spinta liberatrice» delle immagini del passato e del “paesello”; a Russo, che connetteva la grandezza dell’opera al mondo «primitivo» e degli «umili», scorgendo, nello spostamento del mondo verghiano dagli «umili» alla roba, una progressiva interna corrosione della sua arte; alla stagione del “caso Verga”, con i saggi di Asor Rosa su Il primo e l’ultimo uomo del mondo, che indicavano l’eccellenza di Verga nell’estremizzazione della «singolarità sociologica del personaggio», nella rinuncia alla lukacsiana «significatività sociologica» del tipo; al ruolo di cerniera nella storia di Verga spostatosi negli ultimi decenni da Nedda a Rosso malpelo. Soprattutto mediante Rosso malpelo viene rilevato il ruolo di innovazione ricoperto dalle novelle di Verga all’interno della storia del genere novellistico, anche utilizzando le riflessioni teoriche di Pirandello e di Lukács a proposito del concentrarsi della novella «attorno al punto focale dell’avvenimento straordinario», dei suoi elementi distintivi rispetto al romanzo, delle sue analogie, nella rappresentazione della collisione, con la forma drammatica.
2009
Verga, novelle, critica
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