Il saggio illustra la metamorfosi come una figura del limite, una pietrificazione Il mito metamorfico trasmesso alla cultura occidentale dal grande poema delle Metamorfosi di Ovidio concerne, al di là della varietà trasformazionale delle sue figurazioni, la struttura fondamentale di una soggettività: una soggettività che è ancora attualissima nella nostra contemporaneità. La metamorfosi cessa pertanto di apparire come un’anomalia magica o fantastica per rivelare, al di là della sua fenomenologia paradossale, teratologica o meravigliosa, il nodo fantasmatico fondamentale che costituisce un essere. Non a caso forse un celebre psicoanalista si è servito della potenza figurativa della metamorfosi per tentare di dare un’immagine incisiva di ciò che egli chiama «il limite del dolore». La metamorfosi è infatti la figura paradigmatica di un Soggetto che si situa sul limite o che lo oltrepassa, rischiando la morte, per tentare di ottenere il possesso di un oggetto inaccessibile, quell’oggetto verso cui sono spinti o da cui sono attratti tutti gli eroi della metamorfosi. Quest’ultima può costituire, infatti, l’esito eventuale di un destino che, a differenza di quello tragico votato alla bella morte, è segnato piuttosto da quell’entre-deux, da quel limen tra la vita e la morte, da quella zona estrema, da quell’ultimo rifugio che un essere in difficoltà può ancora abitare. L’eroe metamorfico viene infatti punito con una mutazione ma, al tempo stesso, viene salvato dalla morte o da una sofferenza divenuta intollerabile. Come testimonia, tra le numerosissime disseminate non solo nelle Metamorfosi, ma in generale nella letteratura e nell’arte di tutti i tempi, l’avventura metamorfica di Dafne, colei che si trasforma in albero sotto la pressione di un desiderio al quale non può più sfuggire.

La metamorfosi come figura del limite tra la vita e la morte

GALVAGNO, Rosalba
2011-01-01

Abstract

Il saggio illustra la metamorfosi come una figura del limite, una pietrificazione Il mito metamorfico trasmesso alla cultura occidentale dal grande poema delle Metamorfosi di Ovidio concerne, al di là della varietà trasformazionale delle sue figurazioni, la struttura fondamentale di una soggettività: una soggettività che è ancora attualissima nella nostra contemporaneità. La metamorfosi cessa pertanto di apparire come un’anomalia magica o fantastica per rivelare, al di là della sua fenomenologia paradossale, teratologica o meravigliosa, il nodo fantasmatico fondamentale che costituisce un essere. Non a caso forse un celebre psicoanalista si è servito della potenza figurativa della metamorfosi per tentare di dare un’immagine incisiva di ciò che egli chiama «il limite del dolore». La metamorfosi è infatti la figura paradigmatica di un Soggetto che si situa sul limite o che lo oltrepassa, rischiando la morte, per tentare di ottenere il possesso di un oggetto inaccessibile, quell’oggetto verso cui sono spinti o da cui sono attratti tutti gli eroi della metamorfosi. Quest’ultima può costituire, infatti, l’esito eventuale di un destino che, a differenza di quello tragico votato alla bella morte, è segnato piuttosto da quell’entre-deux, da quel limen tra la vita e la morte, da quella zona estrema, da quell’ultimo rifugio che un essere in difficoltà può ancora abitare. L’eroe metamorfico viene infatti punito con una mutazione ma, al tempo stesso, viene salvato dalla morte o da una sofferenza divenuta intollerabile. Come testimonia, tra le numerosissime disseminate non solo nelle Metamorfosi, ma in generale nella letteratura e nell’arte di tutti i tempi, l’avventura metamorfica di Dafne, colei che si trasforma in albero sotto la pressione di un desiderio al quale non può più sfuggire.
2011
Ovidio, fantasma, limite, Dafne, psicoanalisi.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/31876
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