La Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo ha pronunciato la tanto attesa sentenza De Tommaso che rappresenta una svolta fondamentale nella giurisprudenza della Corte, che sino ad ora ha sostanzialmente riconosciuto la conformità ai principi della Cedu della disciplina italiana in materia di misure di prevenzione, tranne che per la mancanza di un’udienza pubblica; per il resto anche le condanne hanno riguardato solo l’applicazione nel caso concreto delle misure di prevenzione, piuttosto che la conformità della disciplina con i principi della Cedu (Labita, Guzzardi, Raimondo, etc.). Nel caso in questione, riguardante una misura di prevenzione personale, sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, nei confronti di un soggetto a pericolosità generica, invece, la Corte afferma la violazione dell’art. 2 del IV Protocollo che garantisce la libertà di circolazione, da parte della normativa italiana, legge no. 1423/1956, art. 1 e ss. (oggi art. 1 del d.lgs. n. 159/2011), che prevede l’applicabilità delle misure di prevenzione a soggetti a pericolosità generica, in quanto tale legislazione pur essendo accessibile, non garantisce la prevedibilità della misura, la cui applicazione è rimessa all’eccessiva discrezionalità giurisprudenziale; in particolare si contesta la non tassatività della normativa nel determinare le categorie dei destinatari e lo stesso contenuto della misura di prevenzione personale. La Corte, però, rimane ferma nel ritenere che le misure di prevenzione non rientrano nella nozione di materia penale ai sensi degli art. 6 e 7 Cedu

Misure di prevenzione e fattispecie a pericolosità generica: la Corte Europea condanna l’Italia per la mancanza di qualità della “legge”, ma una rondine non fa primavera

MAUGERI, Anna Maria
2017-01-01

Abstract

La Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo ha pronunciato la tanto attesa sentenza De Tommaso che rappresenta una svolta fondamentale nella giurisprudenza della Corte, che sino ad ora ha sostanzialmente riconosciuto la conformità ai principi della Cedu della disciplina italiana in materia di misure di prevenzione, tranne che per la mancanza di un’udienza pubblica; per il resto anche le condanne hanno riguardato solo l’applicazione nel caso concreto delle misure di prevenzione, piuttosto che la conformità della disciplina con i principi della Cedu (Labita, Guzzardi, Raimondo, etc.). Nel caso in questione, riguardante una misura di prevenzione personale, sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, nei confronti di un soggetto a pericolosità generica, invece, la Corte afferma la violazione dell’art. 2 del IV Protocollo che garantisce la libertà di circolazione, da parte della normativa italiana, legge no. 1423/1956, art. 1 e ss. (oggi art. 1 del d.lgs. n. 159/2011), che prevede l’applicabilità delle misure di prevenzione a soggetti a pericolosità generica, in quanto tale legislazione pur essendo accessibile, non garantisce la prevedibilità della misura, la cui applicazione è rimessa all’eccessiva discrezionalità giurisprudenziale; in particolare si contesta la non tassatività della normativa nel determinare le categorie dei destinatari e lo stesso contenuto della misura di prevenzione personale. La Corte, però, rimane ferma nel ritenere che le misure di prevenzione non rientrano nella nozione di materia penale ai sensi degli art. 6 e 7 Cedu
2017
corte Edu, misure di prevenzione, tassatività
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/33745
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