L’analisi sociologica sui caratteri salienti del nostro moderno vivere sociale può ancora guardare a Modernità e ambivalenza di Bauman come a una delle sue più significative occasioni di riflessione. Il titolo evoca, consegnandocelo con tutta la sua ingombrante presenza, lo scomodo protagonista del nostro vivere moderno, l’ambivalenza, la difficoltà di attribuire un senso univoco alle cose o stati del mondo, oggetti, uomini, situazioni, assegnandoli in modo inequivocabile a categorie concettuali distintive, o, che è lo stesso, la possibilità di assegnare uno stesso oggetto o un evento a più categorie (Bauman, 1991, trad. it., 2010, pp. 11-12). Bauman con questo saggio del 1991 ne coglie la proprietà di persistenza in una modernità che, gradualmente, fino ai giorni nostri, assiste alla destrutturazione dell’ordine simbolico tradizionale regolato dalla e sulla logica della opposizione di senso – della classificazione binaria, dell’o… o…, della non contemplazione del terzo escluso – a criterio di rappresentazione del mondo e di orientamento di azione sociale. In sistemi ad elevata complessità sociale, dove il concetto di normalità costruito sulla dicotomizzazione si sfalda, tende a diventare sempre più instabile ed evanescente, e il carattere normativo della normalità (il suo dover essere quale parametro di riferimento su cui si forgia la norma, la regola) sempre più sfocato nei suoi contorni limitativi della libertà individuale, sempre più flessibile e meno rigidamente determinato, la barra delle distinzioni di senso si sarebbe, dunque, consumata. Il saggio intesse il rapporto tra complessità sociale e ambivalenza. Segno di decadenza delle visioni unificanti e certe del mondo, l’ambivalenza è espressione di un processo di mutamento dell’universo culturale che ne vede trasformare le fondamenta dalle solide basi delle certezze assolute alla contingenza, alla frammentarietà e mutevolezza del suo assetto. Frastagliamento di un’idea di normalità univoca, presentata tradizionalmente come unica possibilità di interpretazione del reale socialmente condivisa, foriera di consenso e forza di integrazione sociale, ciò significa poter leggere l’ambivalenza collegandola alla crisi dei modelli interpretativi del sistema sociale costruiti sul presupposto scientifico del riduzionismo e dell’equilibrio lineare omeostatico. Ovverossia all’insieme delle trasformazioni che concorrono allo sviluppo del più vasto processo di aumento della complessità sociale. La nuova concettualizzazione dei sistemi proposta dalla Teoria della Complessità sorregge dunque l’analisi, quale modello formale adatto a interpretare i contenuti del processo di complessificazione sociale dalla prima alla tarda modernità. La decostruzione dell’ordine circoscritto dall’aut-aut si riverbera in tutti i campi, nell’arte, nella politica, nella religione, nella scienza, nell’economia. La destrutturazione del culturale destruttura capacità di azione e valutazione, destruttura le forze di integrazione sociale, destruttura gli argini definitori dell’etica e del diritto. Circoscrivendo l’ambito di riflessione, l’ambivalenza è usata come categoria analitica attraverso la quale poter cogliere trasformazioni sociali distintive della tarda modernità, tratteggiando le implicazioni sociali, per la politica, per l’etica, per l’integrazione e il controllo sociale, per i processi di decision-making e di valutazione morale, riconducibili alla destrutturazione del campo simbolico tradizionale e alla istituzionalizzazione dell’ambivalenza e dell’incertezza in sistemi altamente differenziati e ad elevata complessità sociale.

Le opposizioni di senso in dissolvenza nella cultura contemporanea. L'evanescenza dell'idea di normalità e la destrutturazione dell'ordine tradizionale

Rosalia Condorelli
2019-01-01

Abstract

L’analisi sociologica sui caratteri salienti del nostro moderno vivere sociale può ancora guardare a Modernità e ambivalenza di Bauman come a una delle sue più significative occasioni di riflessione. Il titolo evoca, consegnandocelo con tutta la sua ingombrante presenza, lo scomodo protagonista del nostro vivere moderno, l’ambivalenza, la difficoltà di attribuire un senso univoco alle cose o stati del mondo, oggetti, uomini, situazioni, assegnandoli in modo inequivocabile a categorie concettuali distintive, o, che è lo stesso, la possibilità di assegnare uno stesso oggetto o un evento a più categorie (Bauman, 1991, trad. it., 2010, pp. 11-12). Bauman con questo saggio del 1991 ne coglie la proprietà di persistenza in una modernità che, gradualmente, fino ai giorni nostri, assiste alla destrutturazione dell’ordine simbolico tradizionale regolato dalla e sulla logica della opposizione di senso – della classificazione binaria, dell’o… o…, della non contemplazione del terzo escluso – a criterio di rappresentazione del mondo e di orientamento di azione sociale. In sistemi ad elevata complessità sociale, dove il concetto di normalità costruito sulla dicotomizzazione si sfalda, tende a diventare sempre più instabile ed evanescente, e il carattere normativo della normalità (il suo dover essere quale parametro di riferimento su cui si forgia la norma, la regola) sempre più sfocato nei suoi contorni limitativi della libertà individuale, sempre più flessibile e meno rigidamente determinato, la barra delle distinzioni di senso si sarebbe, dunque, consumata. Il saggio intesse il rapporto tra complessità sociale e ambivalenza. Segno di decadenza delle visioni unificanti e certe del mondo, l’ambivalenza è espressione di un processo di mutamento dell’universo culturale che ne vede trasformare le fondamenta dalle solide basi delle certezze assolute alla contingenza, alla frammentarietà e mutevolezza del suo assetto. Frastagliamento di un’idea di normalità univoca, presentata tradizionalmente come unica possibilità di interpretazione del reale socialmente condivisa, foriera di consenso e forza di integrazione sociale, ciò significa poter leggere l’ambivalenza collegandola alla crisi dei modelli interpretativi del sistema sociale costruiti sul presupposto scientifico del riduzionismo e dell’equilibrio lineare omeostatico. Ovverossia all’insieme delle trasformazioni che concorrono allo sviluppo del più vasto processo di aumento della complessità sociale. La nuova concettualizzazione dei sistemi proposta dalla Teoria della Complessità sorregge dunque l’analisi, quale modello formale adatto a interpretare i contenuti del processo di complessificazione sociale dalla prima alla tarda modernità. La decostruzione dell’ordine circoscritto dall’aut-aut si riverbera in tutti i campi, nell’arte, nella politica, nella religione, nella scienza, nell’economia. La destrutturazione del culturale destruttura capacità di azione e valutazione, destruttura le forze di integrazione sociale, destruttura gli argini definitori dell’etica e del diritto. Circoscrivendo l’ambito di riflessione, l’ambivalenza è usata come categoria analitica attraverso la quale poter cogliere trasformazioni sociali distintive della tarda modernità, tratteggiando le implicazioni sociali, per la politica, per l’etica, per l’integrazione e il controllo sociale, per i processi di decision-making e di valutazione morale, riconducibili alla destrutturazione del campo simbolico tradizionale e alla istituzionalizzazione dell’ambivalenza e dell’incertezza in sistemi altamente differenziati e ad elevata complessità sociale.
2019
978-88-28-81471-9
ambivalenza, riduzionismo vs complessità, complessità sociale, teoria sistemica e sociologia luhmanniana
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/370682
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