Il presente contributo intende esplorare gli approcci e le metodologie attuali nello studio della lingua dei segni italiana (LIS) utilizzando una prospettiva diacronica. In particolare, si mostrerà come è gradualmente cambiata la ricerca a partire dalla scoperta della linguisticità delle lingue segnate e come le prime ricerche abbiano contribuito a modificare la percezione della lingua dei segni dentro e fuori la comunità promuovendo una consapevolezza linguistica e un nuovo atteggiamento nei confronti di una lingua prima stigmatizzata (Corazza e Volterra, 2008; Fontana et al., 2015). La graduale diffusione della lingua in contesti formali e soprattutto la crescente richiesta di corsi da parte di udenti, ha, infatti, anche spinto i segnanti a riflettere sul funzionamento della loro lingua e a partecipare attivamente alla ricerca stessa. Parallelamente, è cambiata la relazione tra le due lingue nel repertorio linguistico della comunità, cioè l’italiano, nelle sue varietà, e la lingua dei segni. In passato, infatti, l’italiano supportato da segni era considerato più appropriato in un contesto formale e preferito alla lingua dei segni. Negli anni successivi alle prime pubblicazioni, i segnanti cominciarono a preferire la lingua dei segni anche nelle occasioni formali, promuovendo, di fatto un ampliamento delle varietà funzionali, prima limitate al solo contest informale. La prima fase dello studio delle lingue dei segni, nello sforzo di mostrare le analogie tra lingue dei segni e lingue vocali, aveva minimizzato alcuni aspetti peculiari delle lingue segnate come l’iconicità, la continuità gesto-segno, la presenza delle labializzazioni, preoccupandosi di stabilire un confine netto tra ciò che veniva considerate linguistico e non linguistico, e tra ciò che era lingua dei segni e lingua italiana. Verrà quindi illustrato come un approccio non assimilazionista, che elabora i propri modelli a partire dalle caratteristiche peculiari di queste lingue, descriva attualmente la LIS tenendo conto dei diversi contesti d’uso. Si tratta di un approccio socio-semiotico che struttura la sua analisi a partire dalla costruzione del significato sulla base di prassi comunicative

Oltre l'approccio assimilazionista nella descrizione LIS: quando la prassi comunicativa diventa norma

Sabina Fontana
Writing – Original Draft Preparation
;
2019-01-01

Abstract

Il presente contributo intende esplorare gli approcci e le metodologie attuali nello studio della lingua dei segni italiana (LIS) utilizzando una prospettiva diacronica. In particolare, si mostrerà come è gradualmente cambiata la ricerca a partire dalla scoperta della linguisticità delle lingue segnate e come le prime ricerche abbiano contribuito a modificare la percezione della lingua dei segni dentro e fuori la comunità promuovendo una consapevolezza linguistica e un nuovo atteggiamento nei confronti di una lingua prima stigmatizzata (Corazza e Volterra, 2008; Fontana et al., 2015). La graduale diffusione della lingua in contesti formali e soprattutto la crescente richiesta di corsi da parte di udenti, ha, infatti, anche spinto i segnanti a riflettere sul funzionamento della loro lingua e a partecipare attivamente alla ricerca stessa. Parallelamente, è cambiata la relazione tra le due lingue nel repertorio linguistico della comunità, cioè l’italiano, nelle sue varietà, e la lingua dei segni. In passato, infatti, l’italiano supportato da segni era considerato più appropriato in un contesto formale e preferito alla lingua dei segni. Negli anni successivi alle prime pubblicazioni, i segnanti cominciarono a preferire la lingua dei segni anche nelle occasioni formali, promuovendo, di fatto un ampliamento delle varietà funzionali, prima limitate al solo contest informale. La prima fase dello studio delle lingue dei segni, nello sforzo di mostrare le analogie tra lingue dei segni e lingue vocali, aveva minimizzato alcuni aspetti peculiari delle lingue segnate come l’iconicità, la continuità gesto-segno, la presenza delle labializzazioni, preoccupandosi di stabilire un confine netto tra ciò che veniva considerate linguistico e non linguistico, e tra ciò che era lingua dei segni e lingua italiana. Verrà quindi illustrato come un approccio non assimilazionista, che elabora i propri modelli a partire dalle caratteristiche peculiari di queste lingue, descriva attualmente la LIS tenendo conto dei diversi contesti d’uso. Si tratta di un approccio socio-semiotico che struttura la sua analisi a partire dalla costruzione del significato sulla base di prassi comunicative
2019
9788897657330
Lingua dei segni; comunità; norma;
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/393135
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