Cosa sta accadendo nelle dinamiche di partecipazione culturale in Italia? E di che tipo di partecipazione stiamo parlando? Di una «sostanzialmente passiva e reattiva in cui le persone possono decidere o meno di muoversi nell’ambito di sistemi di offerta culturali sempre più ampi e diversificati, ma predefiniti e chiusi nelle meccaniche di consumo e di esperienza», o di «un maggior grado di protagonismo e di coinvolgimento delle persone, di auto-organizzazione, di serendipity e imprevedibilità dei percorsi, in cui l’individuo è “l’origine piuttosto che l’oggetto dell’azione” (Zuboff and Maxim, 2002)» [Bollo, 2014]? In che maniera le comunità di riferimento sentono di poter prendere parte attiva alla vita dei luoghi della cultura di un determinato territorio, utilizzando anche strumenti di comunicazione digitale? Il caso preso in esame riguarderà l’interazione tra comunità locale, comunità dei viaggiatori, luoghi della cultura e organizzazioni culturali della città di Catania. Nella fattispecie saranno analizzati i processi che hanno portato l’associazione Officine Culturali, impegnata nella progettazione ed esecuzione di attività di educazione al patrimonio culturale, ad alternare elaborazione teorica e sperimentazione in una avvicendamento dialettico continuamente “interferito” e condizionato da ascolto e suggestioni degli utenti/partecipanti. L’associazione, entrata in piena attività nel 2010 grazie ad una convenzione con l’Università di Catania (non onerosa per l’Ente pubblico) finalizzata alla realizzazione di attività di fruizione del Monastero dei Benedettini (oggi sede universitaria) e poi del Museo di Archeologia e dell’Orto Botanico, ha dovuto fare i conti sin dai primi passi con il tema dell’autofinanziamento e della sostenibilità economica. Questa condizione ha influito su diversi fattori, tra cui la scelta delle modalità e degli strumenti di comunicazione con i propri pubblici: optando per una strategia BTL (below the line) e quindi orientata alla massima economicità, l’associazione ha investito sulla comunicazione digitale – riconoscendole tra l’altro una potente capacità di ascolto/analisi e di interazione con i pubblici –, decidendo al contempo di dedicare una risorsa umana alla gestione della propria presenza in rete, tra siti dedicati, pagine su siti di settore o di informazione, social media. Oltre ad una significativa riduzione dei costi rispetto alla comunicazione tradizionale (affissioni, inserzioni, tv e radio), la scelta ha prodotto quasi immediatamente un flusso biunivoco tra l’organizzazione e un numero crescente di utenti, che alternavano la richiesta di informazioni alla partecipazione fisica, e poi alle attività proposte, e poi ancora alla necessità/piacere di interagire ex post per esprimere pareri e fornire suggestioni e indicazioni. In particolare il paper proporrà alcuni casi che, nel tempo, hanno prodotto un significativo impatto sulla traiettoria originaria dell’associazione, in termini di tipologia di contenuti e di elaborazione o trasformazione delle attività. Si andrà dalla azione partecipata sulla pagina Wikipedia del Monastero dei Benedettini e del Museo universitario di Archeologia; all’analisi della curva che ha caratterizzato in quattro macrofasi i “sentimenti” degli utenti su Tripadvisor (assenza, magnificenza, efficienza, appartenenza) del Monastero; al coinvolgimento di leader di opinione locali, significativi per la comunità di riferimento e pronti a fare da ponte tra diverse istanze espresse dalla comunità stessa e le organizzazioni culturali, grazie a nuovi contenuti finalizzati ad arricchire e rappresentare luoghi che nel frattempo assumono una sempre maggiore rilevanza per cittadini e city users (come ben interpretato dalla Convenzione di Faro, in questi ultimi mesi come non mai al centro del dibattito pubblico). Dai fotografi pronti a realizzare i loro scatti dei luoghi della cultura più frequentati pur di poterne fornire una rappresentazione iconica e virale, agli studenti universitari anch’essi fotografi che sentono di voler interpretare pubblicamente i luoghi del proprio studio e della propria socialità, agli utenti non professionisti che chiedono di poter essere parte della rappresentazione digitale mediante pubblicazione sui siti istituzionali o semplicemente taggando pagine social ufficiali o usando hashtag riconosciuti, il paper intenderà restituire una mappa delle pratiche finora intercettate, associando ad esse anche le conseguenze prodotte in termini di cambiamento o arricchimento dei contenuti prodotti sia da Officine Culturali che dall’Università con cui essa collabora e comparandoli con casi analoghi di altre organizzazioni o città, per coglierne elementi di continuità o di discontinuità. Inoltre il contributo proposto analizzerà il processo di alternanza tra stimolo “esterno” e produzione di nuove attività culturali (anch’esso dinamico, dialettico e a volte conflittuale) che ha caratterizzato in questi anni il rapporto tra Officine Culturali e i suoi pubblici: come nel caso della genesi de “Il Piano Segreto dei Benedettini”, attività nata a seguito di una precisa richiesta sui social del Monastero di ampliare le opportunità di conoscenza del sito; o ancora dell’iniziativa (in corso) “Letto Scoperto”, bibliofila caccia al tesoro articolata sull’intero territorio urbano che ha coinvolto tre piccole librerie catanesi – due museali che coinvolgono Officine (insieme all’agenzia Karma Communication) e un’altra fortemente amata dalla comunità – e che si basa su una interazione incessante tra partecipanti, social network, azione fisica sul territorio, monumenti della città, quartieri e librerie. Infine sarà analizzato il percorso professionale delle risorse umane che hanno via via acquisito una centralità gestionale dei processi suddetti, dai responsabili della comunicazione ai progettisti delle attività, agli operatori, in una complessiva azione ispirata dalle metodologie di audience development necessarie per inquadrare tale flusso dialettico in un quadro strategico complessivo. Cionondimeno saranno evidenziate le criticità emerse ed individuate nel corso di questi ultimi otto anni, così da restituire un’immagine ancora più completa e dotata – come è normale che sia – di chiari e di scuri tipici dei processi umani e sociali come quelli qui in esame.

Se le comunità partecipano attraverso i media digitali: un caso a Catania

Claudia Cantale
Primo
;
2021-01-01

Abstract

Cosa sta accadendo nelle dinamiche di partecipazione culturale in Italia? E di che tipo di partecipazione stiamo parlando? Di una «sostanzialmente passiva e reattiva in cui le persone possono decidere o meno di muoversi nell’ambito di sistemi di offerta culturali sempre più ampi e diversificati, ma predefiniti e chiusi nelle meccaniche di consumo e di esperienza», o di «un maggior grado di protagonismo e di coinvolgimento delle persone, di auto-organizzazione, di serendipity e imprevedibilità dei percorsi, in cui l’individuo è “l’origine piuttosto che l’oggetto dell’azione” (Zuboff and Maxim, 2002)» [Bollo, 2014]? In che maniera le comunità di riferimento sentono di poter prendere parte attiva alla vita dei luoghi della cultura di un determinato territorio, utilizzando anche strumenti di comunicazione digitale? Il caso preso in esame riguarderà l’interazione tra comunità locale, comunità dei viaggiatori, luoghi della cultura e organizzazioni culturali della città di Catania. Nella fattispecie saranno analizzati i processi che hanno portato l’associazione Officine Culturali, impegnata nella progettazione ed esecuzione di attività di educazione al patrimonio culturale, ad alternare elaborazione teorica e sperimentazione in una avvicendamento dialettico continuamente “interferito” e condizionato da ascolto e suggestioni degli utenti/partecipanti. L’associazione, entrata in piena attività nel 2010 grazie ad una convenzione con l’Università di Catania (non onerosa per l’Ente pubblico) finalizzata alla realizzazione di attività di fruizione del Monastero dei Benedettini (oggi sede universitaria) e poi del Museo di Archeologia e dell’Orto Botanico, ha dovuto fare i conti sin dai primi passi con il tema dell’autofinanziamento e della sostenibilità economica. Questa condizione ha influito su diversi fattori, tra cui la scelta delle modalità e degli strumenti di comunicazione con i propri pubblici: optando per una strategia BTL (below the line) e quindi orientata alla massima economicità, l’associazione ha investito sulla comunicazione digitale – riconoscendole tra l’altro una potente capacità di ascolto/analisi e di interazione con i pubblici –, decidendo al contempo di dedicare una risorsa umana alla gestione della propria presenza in rete, tra siti dedicati, pagine su siti di settore o di informazione, social media. Oltre ad una significativa riduzione dei costi rispetto alla comunicazione tradizionale (affissioni, inserzioni, tv e radio), la scelta ha prodotto quasi immediatamente un flusso biunivoco tra l’organizzazione e un numero crescente di utenti, che alternavano la richiesta di informazioni alla partecipazione fisica, e poi alle attività proposte, e poi ancora alla necessità/piacere di interagire ex post per esprimere pareri e fornire suggestioni e indicazioni. In particolare il paper proporrà alcuni casi che, nel tempo, hanno prodotto un significativo impatto sulla traiettoria originaria dell’associazione, in termini di tipologia di contenuti e di elaborazione o trasformazione delle attività. Si andrà dalla azione partecipata sulla pagina Wikipedia del Monastero dei Benedettini e del Museo universitario di Archeologia; all’analisi della curva che ha caratterizzato in quattro macrofasi i “sentimenti” degli utenti su Tripadvisor (assenza, magnificenza, efficienza, appartenenza) del Monastero; al coinvolgimento di leader di opinione locali, significativi per la comunità di riferimento e pronti a fare da ponte tra diverse istanze espresse dalla comunità stessa e le organizzazioni culturali, grazie a nuovi contenuti finalizzati ad arricchire e rappresentare luoghi che nel frattempo assumono una sempre maggiore rilevanza per cittadini e city users (come ben interpretato dalla Convenzione di Faro, in questi ultimi mesi come non mai al centro del dibattito pubblico). Dai fotografi pronti a realizzare i loro scatti dei luoghi della cultura più frequentati pur di poterne fornire una rappresentazione iconica e virale, agli studenti universitari anch’essi fotografi che sentono di voler interpretare pubblicamente i luoghi del proprio studio e della propria socialità, agli utenti non professionisti che chiedono di poter essere parte della rappresentazione digitale mediante pubblicazione sui siti istituzionali o semplicemente taggando pagine social ufficiali o usando hashtag riconosciuti, il paper intenderà restituire una mappa delle pratiche finora intercettate, associando ad esse anche le conseguenze prodotte in termini di cambiamento o arricchimento dei contenuti prodotti sia da Officine Culturali che dall’Università con cui essa collabora e comparandoli con casi analoghi di altre organizzazioni o città, per coglierne elementi di continuità o di discontinuità. Inoltre il contributo proposto analizzerà il processo di alternanza tra stimolo “esterno” e produzione di nuove attività culturali (anch’esso dinamico, dialettico e a volte conflittuale) che ha caratterizzato in questi anni il rapporto tra Officine Culturali e i suoi pubblici: come nel caso della genesi de “Il Piano Segreto dei Benedettini”, attività nata a seguito di una precisa richiesta sui social del Monastero di ampliare le opportunità di conoscenza del sito; o ancora dell’iniziativa (in corso) “Letto Scoperto”, bibliofila caccia al tesoro articolata sull’intero territorio urbano che ha coinvolto tre piccole librerie catanesi – due museali che coinvolgono Officine (insieme all’agenzia Karma Communication) e un’altra fortemente amata dalla comunità – e che si basa su una interazione incessante tra partecipanti, social network, azione fisica sul territorio, monumenti della città, quartieri e librerie. Infine sarà analizzato il percorso professionale delle risorse umane che hanno via via acquisito una centralità gestionale dei processi suddetti, dai responsabili della comunicazione ai progettisti delle attività, agli operatori, in una complessiva azione ispirata dalle metodologie di audience development necessarie per inquadrare tale flusso dialettico in un quadro strategico complessivo. Cionondimeno saranno evidenziate le criticità emerse ed individuate nel corso di questi ultimi otto anni, così da restituire un’immagine ancora più completa e dotata – come è normale che sia – di chiari e di scuri tipici dei processi umani e sociali come quelli qui in esame.
2021
978-88-946182-0-4
audience engagement, musei e digitale, partecipazione, comunicazione del patrimonio culturale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/511322
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