L’analisi condotta nel presente lavoro intende cogliere il senso delle trasformazioni verificatesi nei processi educativi e della formazione giovanile nell’età tra le due guerre, sezionando la drammatica vicenda storica attraversata dalla Nazione in quegli anni, scoprendola in un punto locale coincidente con la realtà urbana di Catania, città destinata sempre più a rappresentare il principale nodo aggregativo di una più estesa area territoriale della Sicilia orientale. Negli anni tra le due guerre, l’avvento del fascismo si propone come ‘esperimento’ storico che esprime una peculiare cifra di utopia pedagogica risolta in chiave di ideologia totalitaria che tenta di assimilare integralmente nella mistica dello Stato l’educazione della persona e del cittadino, insistendo con accenti paranoici sulle categorie del ‘credere’ e cercando di modellare ai fini della creazione del consenso una conseguente pedagogia delle masse. Nella Catania tra le due guerre è possibile registrare numerosi aspetti dell’evoluzione in senso totalitario dei processi della formazione giovanile e dell’assorbimento delle istituzioni educative nelle forme specifiche che caratterizzano l’intensificarsi della fascistizzazione della vita pubblica, manifestando una precisa volontà di assimilazione dell’educazione dentro il primato dell’ideologia politica e procedendo al rafforzamento di espliciti processi di massificazione culturale. L’educazione fascista avviene secondo ritualità sacralizzate da un cerimoniale di tipo liturgico che celebra i fasti del Regime e procede attraverso la cooptazione della gioventù nelle organizzazioni appositamente predisposte dal governo. D’altra parte, le opere assistenziali e di beneficienza promosse dallo Stato svolgono un’azione collaterale, funzionale all’addomesticamento ed all’incorporazione dell’infanzia e della gioventù nei quadri del Regime, intervenendo incisivamente sugli aspetti dell’educazione igienica, fisica e paramilitare. L’esperimento totalitario si concluderà tragicamente con l’esasperazione di quei caratteri mistico-spirituali che appartengono alla dottrina fascista come religione dello Stato e che si ostinerà nel ridurre ogni esortazione pedagogica al modello volontaristico del milite, mentre di fronte a tale cieco appello cominciavano già a spirare quei venti tempestosi di guerra, preludio di un immane conflitto che avrebbe travolto la Nazione trascinandola nel vortice di un’assurda catastrofe mondiale.

Educazione e scuola a Catania tra le due guerre

TODARO, LETTERIO
2006-01-01

Abstract

L’analisi condotta nel presente lavoro intende cogliere il senso delle trasformazioni verificatesi nei processi educativi e della formazione giovanile nell’età tra le due guerre, sezionando la drammatica vicenda storica attraversata dalla Nazione in quegli anni, scoprendola in un punto locale coincidente con la realtà urbana di Catania, città destinata sempre più a rappresentare il principale nodo aggregativo di una più estesa area territoriale della Sicilia orientale. Negli anni tra le due guerre, l’avvento del fascismo si propone come ‘esperimento’ storico che esprime una peculiare cifra di utopia pedagogica risolta in chiave di ideologia totalitaria che tenta di assimilare integralmente nella mistica dello Stato l’educazione della persona e del cittadino, insistendo con accenti paranoici sulle categorie del ‘credere’ e cercando di modellare ai fini della creazione del consenso una conseguente pedagogia delle masse. Nella Catania tra le due guerre è possibile registrare numerosi aspetti dell’evoluzione in senso totalitario dei processi della formazione giovanile e dell’assorbimento delle istituzioni educative nelle forme specifiche che caratterizzano l’intensificarsi della fascistizzazione della vita pubblica, manifestando una precisa volontà di assimilazione dell’educazione dentro il primato dell’ideologia politica e procedendo al rafforzamento di espliciti processi di massificazione culturale. L’educazione fascista avviene secondo ritualità sacralizzate da un cerimoniale di tipo liturgico che celebra i fasti del Regime e procede attraverso la cooptazione della gioventù nelle organizzazioni appositamente predisposte dal governo. D’altra parte, le opere assistenziali e di beneficienza promosse dallo Stato svolgono un’azione collaterale, funzionale all’addomesticamento ed all’incorporazione dell’infanzia e della gioventù nei quadri del Regime, intervenendo incisivamente sugli aspetti dell’educazione igienica, fisica e paramilitare. L’esperimento totalitario si concluderà tragicamente con l’esasperazione di quei caratteri mistico-spirituali che appartengono alla dottrina fascista come religione dello Stato e che si ostinerà nel ridurre ogni esortazione pedagogica al modello volontaristico del milite, mentre di fronte a tale cieco appello cominciavano già a spirare quei venti tempestosi di guerra, preludio di un immane conflitto che avrebbe travolto la Nazione trascinandola nel vortice di un’assurda catastrofe mondiale.
2006
88-8232-452-4
Educazione; Gioventù; Nazione
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/66163
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