La mia proposta di comunicazione ha come oggetto il varietà televisivo, genere di trasmissione che, nonostante sia una forma di spettacolo complessivamente estranea alla realtà quotidiana, riflette abitudini, mode, costumi del tempo e, di conseguenza, testimonia profondi cambiamenti degli stili, non solo linguistici, e dei valori socioculturali nel nostro Paese, pur presentando interessanti continuità in tutta la storia del medium televisivo (ZAMBARBIERI 2004).Dal punto di vista sociolinguistico, il varietà è un interessante oggetto di analisi perché mostra sin dalle origini quella «totalità della lingua» che secondo De Mauro (1979: 439) caratterizza l’italiano televisivo rispetto a quello cinematografico e radiofonico. All’interno di questo macro-genere si ritrovano infatti tutte le varietà del repertorio italiano, così come avviene nel medium televisivo nel suo complesso: usi standard e neo-standard, formali e informali, regionali e dialettali, usi più vicini al parlato-parlato e allo scritto-parlato, usi colti e popolari. Da questo punto di vista, esso sembra prefigurare il cambiamento subito dalla televisione nella seconda metà gli anni ’70, allorché da prima scuola di italiano diventa specchio dell’intera realtà linguistica della comunità (Simone 1987) e arena che vede la partecipazione della gente comune. La ricerca è stata condotta su un ampio corpus di trasmissioni, di cui qui si prenderanno in considerazione soprattutto due varietà della paleo-televisione (archetipi) e uno della neo-televisione (epigono) e precisamente: a) 123, andato in onda dal 1954 al 1959;b) Studio Uno: andato in onda dal 1961 al 1966;c) Ilpiùgrandespettacolodopoilweekend: trasmesso su RAIUNO con la conduzione di Fiorello tra novembre e dicembre 2011;.L’analisi intende mostrare, anche per mezzo di brevi video, come la distribuzione delle diverse varietà del repertorio italiano (e anche di alcune lingue straniere) sia correlata a micro-contesti, differenti, all’interno dei quali si hanno diverse configurazioni situazionali a seconda di partecipanti, argomento, finalità e scopi, ecc. Particolare attenzione verrà data ovviamente alle varietà dialettali e alle funzioni per cui sono adoperate, mettendo in luce eventuali continuità e discontinuità tra paleo- e neo-televisione.Riferimenti bibliograficiDE MAURO T. (19792), Storia linguistica dell’Italia Unita, Bari, Laterza.SIMONE R. (1987), I mass media e il comportamento linguistico degli italiani, in LO CASCIO V., L'italiano in America Latina, Firenze, Le Monnier, pp. 51-65.ZAMBARBIERI E., (2004) Il varietà, in Bettetini G., Braga, P., Fumagalli A. (a cura di), Le logiche della televisione, Milano, Franco Angeli, pp. 87-107.

Varietà di italiano e varietà di dialetto nel varietà televisivo

ALFONZETTI, Giovanna Marina
2015-01-01

Abstract

La mia proposta di comunicazione ha come oggetto il varietà televisivo, genere di trasmissione che, nonostante sia una forma di spettacolo complessivamente estranea alla realtà quotidiana, riflette abitudini, mode, costumi del tempo e, di conseguenza, testimonia profondi cambiamenti degli stili, non solo linguistici, e dei valori socioculturali nel nostro Paese, pur presentando interessanti continuità in tutta la storia del medium televisivo (ZAMBARBIERI 2004).Dal punto di vista sociolinguistico, il varietà è un interessante oggetto di analisi perché mostra sin dalle origini quella «totalità della lingua» che secondo De Mauro (1979: 439) caratterizza l’italiano televisivo rispetto a quello cinematografico e radiofonico. All’interno di questo macro-genere si ritrovano infatti tutte le varietà del repertorio italiano, così come avviene nel medium televisivo nel suo complesso: usi standard e neo-standard, formali e informali, regionali e dialettali, usi più vicini al parlato-parlato e allo scritto-parlato, usi colti e popolari. Da questo punto di vista, esso sembra prefigurare il cambiamento subito dalla televisione nella seconda metà gli anni ’70, allorché da prima scuola di italiano diventa specchio dell’intera realtà linguistica della comunità (Simone 1987) e arena che vede la partecipazione della gente comune. La ricerca è stata condotta su un ampio corpus di trasmissioni, di cui qui si prenderanno in considerazione soprattutto due varietà della paleo-televisione (archetipi) e uno della neo-televisione (epigono) e precisamente: a) 123, andato in onda dal 1954 al 1959;b) Studio Uno: andato in onda dal 1961 al 1966;c) Ilpiùgrandespettacolodopoilweekend: trasmesso su RAIUNO con la conduzione di Fiorello tra novembre e dicembre 2011;.L’analisi intende mostrare, anche per mezzo di brevi video, come la distribuzione delle diverse varietà del repertorio italiano (e anche di alcune lingue straniere) sia correlata a micro-contesti, differenti, all’interno dei quali si hanno diverse configurazioni situazionali a seconda di partecipanti, argomento, finalità e scopi, ecc. Particolare attenzione verrà data ovviamente alle varietà dialettali e alle funzioni per cui sono adoperate, mettendo in luce eventuali continuità e discontinuità tra paleo- e neo-televisione.Riferimenti bibliograficiDE MAURO T. (19792), Storia linguistica dell’Italia Unita, Bari, Laterza.SIMONE R. (1987), I mass media e il comportamento linguistico degli italiani, in LO CASCIO V., L'italiano in America Latina, Firenze, Le Monnier, pp. 51-65.ZAMBARBIERI E., (2004) Il varietà, in Bettetini G., Braga, P., Fumagalli A. (a cura di), Le logiche della televisione, Milano, Franco Angeli, pp. 87-107.
2015
9788867873838
lingua televisione mass media varietà
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