La nuova fattispecie prevista dall’art. 648 ter.1, introdotta dall’art. 3, comma 3, L. 15 dicembre 2014, n. 186, comporta un allineamento del sistema penale alla normativa antiriciclaggio vigente che ha già introdotto la fattispecie dell’autoriciclatore seppure ai soli fini amministrativi del d.lgs. n. 231/2007 (art. 2). Tale delitto rappresenta l’ennesimo strumento in un ormai ricco armamentario volto alla lotta contro l’illecita accumulazione patrimoniale della criminalità organizzata e, ormai, economica in senso ampio, nonché destinato alla tutela dell’economia contro l’infiltrazione della criminalità e, quindi, a garantire la libera concorrenza e le regole del mercato. Si pensi a tutte le forme speciali di confisca dei proventi del reato, alla confisca per equivalente, alla confisca estesa ex art. 12 sexies d.l. 306/’92, alla confisca di prevenzione ex art. 24 e 34 del d.lgs. n. 159/2011 (codice antimafia e delle misure di prevenzione), alla confisca contro gli enti ex art. 19, 6 comma 5, 15 del d.lgs. n. 231/2001 e, quindi, alla fattispecie di riciclaggio di cui all’art. 648 bis, di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita ex art. 648 ter e di Trasferimento fraudolento di valori ex art. 12 quinquies d.l. 306/’92, nonché all’aggravante di cui all’art. 416, bis c. 6.Nel seguente articolo sarà esaminata la possibilità di configurare la fattispecie di autoriciclaggio rispetto ai proventi dei delitti tributari, nell’ambito di una più ampia riflessione sulla ratio politico criminale di tale fattispecie.In seguito alla ratifica in Italia della Convenzione sul riciclaggio, la ricerca e la confisca dei proventi di reato, stipulata a Strasburgo nel 1990, l’art. 648 bis estende, infatti, la categoria dei reati presupposto del delitto di riciclaggio a qualsiasi delitto non colposo, e, quindi, in prima battuta anche a tutti gli illeciti di carattere fiscale costituenti delitto, non essendo previste in materia fattispecie delittuose a titolo di colpa; si ammette la configurabilità dei reati di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648 ter) in relazione a proventi dell’evasione fiscale. In tale direzione una parte della dottrina evidenzia che la normativa sovrannazionale, come si esaminerà nel prosieguo, pretende la confisca dei proventi dell’evasione fiscale e si sottolinea, inoltre, che non sussiste un preciso fondamento su un piano politico-criminale per negare la configurabilità del riciclaggio rispetto ai beni “ricavati” illecitamente in quanto indebitamente trattenuti nel patrimonio del soggetto agente.Ne consegue che i delitti in materia tributaria potrebbero rappresentare il reato presupposto della nuova fattispecie di autoriciclaggio. In tal modo non solo l’evasore ma anche i vari soggetti i quali, per ragioni professionali prestano i loro servizi e consulenze a imprese o società (ad esempio consulenti e funzionari di un istituto di credito), i cui titolari o amministratori commettono delitti tributari comportanti evasione fiscale, se concorrono anche nella commissione dei delitto presupposto, come spesso accade, potranno essere incriminati non solo di concorso nei delitti tributari ma anche di autoriciclaggio; mentre nel passato potevano essere incriminati di riciclaggio solo se “fuori dei casi di concorso”. Nonostante gli argomenti a favore della possibilità di configurare un autonomo disvalore dell’autoriciclaggio il lavoro evidenzia la difficoltà di configurare strutturalmente l’autoriciclaggio dei proventi dei delitti tributari (a partire dalla difficoltà di individuare il profitto di tali delitti), le problematiche poste dal rispetto del principio del ne bis in idem sostanziale, e procede alla verifica dell’effettiva necessità politico criminale dell’introduzione di un simile strumento nel più ampio armamentario oggi disponibile nella lotta contro l’illecita accumulazione patrimoniale.

L’AUTORICICLAGGIO dei proventi dei delitti tributari: ulteriore espressione di vo-racità statuale o utile strumento di politica criminale?

MAUGERI, Anna Maria
2016-01-01

Abstract

La nuova fattispecie prevista dall’art. 648 ter.1, introdotta dall’art. 3, comma 3, L. 15 dicembre 2014, n. 186, comporta un allineamento del sistema penale alla normativa antiriciclaggio vigente che ha già introdotto la fattispecie dell’autoriciclatore seppure ai soli fini amministrativi del d.lgs. n. 231/2007 (art. 2). Tale delitto rappresenta l’ennesimo strumento in un ormai ricco armamentario volto alla lotta contro l’illecita accumulazione patrimoniale della criminalità organizzata e, ormai, economica in senso ampio, nonché destinato alla tutela dell’economia contro l’infiltrazione della criminalità e, quindi, a garantire la libera concorrenza e le regole del mercato. Si pensi a tutte le forme speciali di confisca dei proventi del reato, alla confisca per equivalente, alla confisca estesa ex art. 12 sexies d.l. 306/’92, alla confisca di prevenzione ex art. 24 e 34 del d.lgs. n. 159/2011 (codice antimafia e delle misure di prevenzione), alla confisca contro gli enti ex art. 19, 6 comma 5, 15 del d.lgs. n. 231/2001 e, quindi, alla fattispecie di riciclaggio di cui all’art. 648 bis, di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita ex art. 648 ter e di Trasferimento fraudolento di valori ex art. 12 quinquies d.l. 306/’92, nonché all’aggravante di cui all’art. 416, bis c. 6.Nel seguente articolo sarà esaminata la possibilità di configurare la fattispecie di autoriciclaggio rispetto ai proventi dei delitti tributari, nell’ambito di una più ampia riflessione sulla ratio politico criminale di tale fattispecie.In seguito alla ratifica in Italia della Convenzione sul riciclaggio, la ricerca e la confisca dei proventi di reato, stipulata a Strasburgo nel 1990, l’art. 648 bis estende, infatti, la categoria dei reati presupposto del delitto di riciclaggio a qualsiasi delitto non colposo, e, quindi, in prima battuta anche a tutti gli illeciti di carattere fiscale costituenti delitto, non essendo previste in materia fattispecie delittuose a titolo di colpa; si ammette la configurabilità dei reati di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648 ter) in relazione a proventi dell’evasione fiscale. In tale direzione una parte della dottrina evidenzia che la normativa sovrannazionale, come si esaminerà nel prosieguo, pretende la confisca dei proventi dell’evasione fiscale e si sottolinea, inoltre, che non sussiste un preciso fondamento su un piano politico-criminale per negare la configurabilità del riciclaggio rispetto ai beni “ricavati” illecitamente in quanto indebitamente trattenuti nel patrimonio del soggetto agente.Ne consegue che i delitti in materia tributaria potrebbero rappresentare il reato presupposto della nuova fattispecie di autoriciclaggio. In tal modo non solo l’evasore ma anche i vari soggetti i quali, per ragioni professionali prestano i loro servizi e consulenze a imprese o società (ad esempio consulenti e funzionari di un istituto di credito), i cui titolari o amministratori commettono delitti tributari comportanti evasione fiscale, se concorrono anche nella commissione dei delitto presupposto, come spesso accade, potranno essere incriminati non solo di concorso nei delitti tributari ma anche di autoriciclaggio; mentre nel passato potevano essere incriminati di riciclaggio solo se “fuori dei casi di concorso”. Nonostante gli argomenti a favore della possibilità di configurare un autonomo disvalore dell’autoriciclaggio il lavoro evidenzia la difficoltà di configurare strutturalmente l’autoriciclaggio dei proventi dei delitti tributari (a partire dalla difficoltà di individuare il profitto di tali delitti), le problematiche poste dal rispetto del principio del ne bis in idem sostanziale, e procede alla verifica dell’effettiva necessità politico criminale dell’introduzione di un simile strumento nel più ampio armamentario oggi disponibile nella lotta contro l’illecita accumulazione patrimoniale.
2016
978-88-7524-349-4
autoriciclaggio; profitto - risparmio; delitti tributari
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