Di Almanacco per Signore, gioiello misconosciuto della “più famosa fra le sconosciute”, si può ben dire quanto diceva T. S. Eliot di Bosco di notte, il capolavoro di Djuna Barnes (1892-1982): «...un romanzo così buono che lo potranno apprezzare appieno solo le sensibilità allenate alla poesia». Salvo il fatto che non di romanzo si tratta, e nemmeno di almanacco, come annuncia con fare ingannevole il titolo. Pubblicato in edizione privata a Parigi nel 1928 e fatto circolare clandestinamente per sfuggire ai censori che avevano mandato a processo tanto l’Ulisse di Joyce quanto Il pozzo della solitudine di Marguerite Radcliffe-Hall, il testo resiste ai tentativi di classificazione. A metà fra pamphlet filosofico e trattato di retorica, la cronaca di una irripetibile stagione della rive gauche narrata attraverso l’artificio del roman à clé offre all’autrice lo spunto per creare un testo di finzione nel quale è celato un poema amoroso. Scandaloso, perché l’amore di cui discettano personaggi dai nomi improbabili quali “Scalpello di Pazienza” e “Bambolina Furiosa” è quasi esclusivamente l’amore saffico di una comunità di artisteamazzoni. Come Ryder, il tour de force romanzesco dato alle stampe appena tre mesi prima di Almanacco per signore, il volumetto è riccamente illustrato. Parte alla maniera dell’imagerie populaire delle figurine d’Épinal, parte alla maniera di Aubrey Beardsley, modello dell’artista autodidatta fin dagli anni del debutto newyorchese in qualità di giornalista e illustratrice, le immagini aggiungono all’opera una dimensione visuale che, in accordo con la vena ironica da cui è attraversata la prosa, mescola la levità della vignetta alla ieratica allegoria dell’emblema. Quasi a formare le quinte di una sacra rappresentazione — l’almanacco, alla maniera di un vero libro dei santi, ha per eroina una santa sui generis — le illustrazioni dialogano col testo, insieme al quale intessono la segreta trama «della storia del Paradiso che non è mai stata narrata»: l’anatomia della malinconia femminile ipostatizzata nella figura della sirena.

Il canto delle sirene

MARANO, Salvatore
2014-01-01

Abstract

Di Almanacco per Signore, gioiello misconosciuto della “più famosa fra le sconosciute”, si può ben dire quanto diceva T. S. Eliot di Bosco di notte, il capolavoro di Djuna Barnes (1892-1982): «...un romanzo così buono che lo potranno apprezzare appieno solo le sensibilità allenate alla poesia». Salvo il fatto che non di romanzo si tratta, e nemmeno di almanacco, come annuncia con fare ingannevole il titolo. Pubblicato in edizione privata a Parigi nel 1928 e fatto circolare clandestinamente per sfuggire ai censori che avevano mandato a processo tanto l’Ulisse di Joyce quanto Il pozzo della solitudine di Marguerite Radcliffe-Hall, il testo resiste ai tentativi di classificazione. A metà fra pamphlet filosofico e trattato di retorica, la cronaca di una irripetibile stagione della rive gauche narrata attraverso l’artificio del roman à clé offre all’autrice lo spunto per creare un testo di finzione nel quale è celato un poema amoroso. Scandaloso, perché l’amore di cui discettano personaggi dai nomi improbabili quali “Scalpello di Pazienza” e “Bambolina Furiosa” è quasi esclusivamente l’amore saffico di una comunità di artisteamazzoni. Come Ryder, il tour de force romanzesco dato alle stampe appena tre mesi prima di Almanacco per signore, il volumetto è riccamente illustrato. Parte alla maniera dell’imagerie populaire delle figurine d’Épinal, parte alla maniera di Aubrey Beardsley, modello dell’artista autodidatta fin dagli anni del debutto newyorchese in qualità di giornalista e illustratrice, le immagini aggiungono all’opera una dimensione visuale che, in accordo con la vena ironica da cui è attraversata la prosa, mescola la levità della vignetta alla ieratica allegoria dell’emblema. Quasi a formare le quinte di una sacra rappresentazione — l’almanacco, alla maniera di un vero libro dei santi, ha per eroina una santa sui generis — le illustrazioni dialogano col testo, insieme al quale intessono la segreta trama «della storia del Paradiso che non è mai stata narrata»: l’anatomia della malinconia femminile ipostatizzata nella figura della sirena.
2014
978-88-392-0995-5
modernismo; testo e immagine; prosa d'arte
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/81174
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