Uno degli ambiti che più di altri in questi anni si è posto al centro delle riflessioni dottrinali e di una vasta serie di interventi normativi e giurisprudenziali è certamente quello bancario. Il difficile assetto dei rapporti tra Istituto di credito e cliente, non di rado sbilanciato a danno di quest’ultimo, ha sottolineato nel tempo l’esigenza di un “riequilibrio” di tali rapporti, non soltanto nell’ottica di una tutela individuale ma del complessivo sistema creditizio, il cui malfunzionamento in definitiva si ripercuote nuovamente sul singolo, d’altra parte alimentando il ricorso al mercato del finanziamento illegale.Sulla spinta di queste istanze di tutela, il legislatore oltre ad avere provveduto alla redazione del T.U. bancario, è altresì intervenuto su temi decisivi nei rapporti banca- cliente, come quello delle comissioni di massimo scoperto o dell’anatocismo bancario o, ancora, dell’usura (anche) contrattuale.A quest’ultimo riguardo, la disciplina del 1996, che notoriamente ha ridisegnato il sistema normativo contro l’usura, non sembra però aver risolto tutte le questioni legate al tema che si pongono oggi al centro di un dibattito molto vivo, forse anche per la forte riprovazione che da sempre accompagna il fenomeno usurario.Lo studio di Elsa Bivona approfondisce il tema della clausola penale usuraria che pone all’interprete la questione della individuazione della tecnica di tutela più congrua per il debitore. In particolare, si potrebbe ritenere che questa rimanga ancora oggi affidata al rimedio della riduzione giudiziale delle penali “eccessive”, come si sa rimasto estraneo alle modifiche della novella del 1996 e ben lontano dal modello di tutela proposto per le clausole usurarie “abusive” in seno alla disciplina del consumatore. Oppure, potrebbero delinearsi stumenti di protezione più incisivi che, nell’ ottica di distinguere tra clausole penali semplicemente eccessive e clausole penali “usurarie”, possano avvicinare la tutela dell’usurato sia che l’usura venga perpetrata tramite interessi a qualsiasi titolo convenuti, sia che l’usurato assuma o no le vesti del consumatore. In tale prospettiva, l’a.prende le mosse dalla ricognizione del dato positivo, dapprima rivolgendo l’attenzione alla disciplina civilitica dell’usura e dando poi spazio all’esame della regola sulla riduzione giudiziale dettata dall’art. 1384 c.c., con riferimento sia alle fattispecie di clausole penali “ad interessi”, sia a quelle aventi ad oggetto “altri vantaggi”. Nella ricostruzione , accurata e puntuale, del sistema di norme che tra diritto civile e diritto penale regolano il fenomeno dell’usura, all’a. sembra chiara la inadeguatezza della rL’indagine si occupa principalmente di quest’ultima ipotesi che, anche per la sua rilevanza pratica e per la naturale coincidenza con la tematica degli interessi moratori, si pone oggi al centro delle riflessioni della dottrina e di numerosi interventi della giurisprudenza. L’a. si sofferma ad illustrare i principali orientamenti, ora estensivi ora restritivi, sul nodo centrale della questione concernente l’ammissibilità o meno di un controllo usurario anche sugli interessi moratori e le clausole penali. In un secondo momento, lo studio si concentra sull’esame dei rimedi di volta in volta proposti a tutela del debitore usurato, ora individuati nella sanzione prevista dall’art. 1815, II comma, ora nella tecnica della riduzione giudiziale della penale eccessiva, ora infine -nel caso di clausole “fraudolente”- nell’art. 1344 c.c. Cogliendo gli esiti di questo dibattito tra dottrina e giurisprudenza, lo studio si propone una rilettura sistematica dell’art. 1384 c.c. che, nel necessario raccordo con i dati emergenti dalla l. n. 108/96 e dalla disciplina sulle clausole abusive, possa ricollocare nel nuovo quadro normativo la clausola penale, attraverso cui le parti ben possono raggiungere risultati equivalenti a quelli dell’usura altrimenti consumata.
La clausola penale usuraria
BIVONA, ELSA ANNA STEFANIA
2016-01-01
Abstract
Uno degli ambiti che più di altri in questi anni si è posto al centro delle riflessioni dottrinali e di una vasta serie di interventi normativi e giurisprudenziali è certamente quello bancario. Il difficile assetto dei rapporti tra Istituto di credito e cliente, non di rado sbilanciato a danno di quest’ultimo, ha sottolineato nel tempo l’esigenza di un “riequilibrio” di tali rapporti, non soltanto nell’ottica di una tutela individuale ma del complessivo sistema creditizio, il cui malfunzionamento in definitiva si ripercuote nuovamente sul singolo, d’altra parte alimentando il ricorso al mercato del finanziamento illegale.Sulla spinta di queste istanze di tutela, il legislatore oltre ad avere provveduto alla redazione del T.U. bancario, è altresì intervenuto su temi decisivi nei rapporti banca- cliente, come quello delle comissioni di massimo scoperto o dell’anatocismo bancario o, ancora, dell’usura (anche) contrattuale.A quest’ultimo riguardo, la disciplina del 1996, che notoriamente ha ridisegnato il sistema normativo contro l’usura, non sembra però aver risolto tutte le questioni legate al tema che si pongono oggi al centro di un dibattito molto vivo, forse anche per la forte riprovazione che da sempre accompagna il fenomeno usurario.Lo studio di Elsa Bivona approfondisce il tema della clausola penale usuraria che pone all’interprete la questione della individuazione della tecnica di tutela più congrua per il debitore. In particolare, si potrebbe ritenere che questa rimanga ancora oggi affidata al rimedio della riduzione giudiziale delle penali “eccessive”, come si sa rimasto estraneo alle modifiche della novella del 1996 e ben lontano dal modello di tutela proposto per le clausole usurarie “abusive” in seno alla disciplina del consumatore. Oppure, potrebbero delinearsi stumenti di protezione più incisivi che, nell’ ottica di distinguere tra clausole penali semplicemente eccessive e clausole penali “usurarie”, possano avvicinare la tutela dell’usurato sia che l’usura venga perpetrata tramite interessi a qualsiasi titolo convenuti, sia che l’usurato assuma o no le vesti del consumatore. In tale prospettiva, l’a.prende le mosse dalla ricognizione del dato positivo, dapprima rivolgendo l’attenzione alla disciplina civilitica dell’usura e dando poi spazio all’esame della regola sulla riduzione giudiziale dettata dall’art. 1384 c.c., con riferimento sia alle fattispecie di clausole penali “ad interessi”, sia a quelle aventi ad oggetto “altri vantaggi”. Nella ricostruzione , accurata e puntuale, del sistema di norme che tra diritto civile e diritto penale regolano il fenomeno dell’usura, all’a. sembra chiara la inadeguatezza della rL’indagine si occupa principalmente di quest’ultima ipotesi che, anche per la sua rilevanza pratica e per la naturale coincidenza con la tematica degli interessi moratori, si pone oggi al centro delle riflessioni della dottrina e di numerosi interventi della giurisprudenza. L’a. si sofferma ad illustrare i principali orientamenti, ora estensivi ora restritivi, sul nodo centrale della questione concernente l’ammissibilità o meno di un controllo usurario anche sugli interessi moratori e le clausole penali. In un secondo momento, lo studio si concentra sull’esame dei rimedi di volta in volta proposti a tutela del debitore usurato, ora individuati nella sanzione prevista dall’art. 1815, II comma, ora nella tecnica della riduzione giudiziale della penale eccessiva, ora infine -nel caso di clausole “fraudolente”- nell’art. 1344 c.c. Cogliendo gli esiti di questo dibattito tra dottrina e giurisprudenza, lo studio si propone una rilettura sistematica dell’art. 1384 c.c. che, nel necessario raccordo con i dati emergenti dalla l. n. 108/96 e dalla disciplina sulle clausole abusive, possa ricollocare nel nuovo quadro normativo la clausola penale, attraverso cui le parti ben possono raggiungere risultati equivalenti a quelli dell’usura altrimenti consumata.File | Dimensione | Formato | |
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