Si tratta di uno studio dettagliato delle dinamiche di contatto linguistico tra siciliano, toscano, latino e castigliano nella Sicilia del Seicento e del Settecento. L’indagine è basata sullo spoglio di documenti inediti conservati nei fondi archivistici di area catanese; si tratta di scritti burocratici (attestati, testimonianze, capitoli matrimoniali e testamentari, petizioni, memoriali, delibere e sentenze) e di scritture pratiche (lettere, prediche, cronache, memoranda notarili e avvisi). L’ipotesi di fondo è che il rapporto tra lingua target e sistemi interlinguistici sia una chiave di lettura possibile anche per le scritture del passato. In tal senso, ciascuna testimonianza è analizzata come fase del processo di apprendimento e di avvicinamento della source language alla target language e costituisce un esempio di «interscrittura». Effettivamente, i fenomeni grammaticali che ricorrono nei testi esaminati dimostrano l’applicabilità dei modelli teorici di acquisizione linguistica in chiave implicazionale anche agli scriventi siciliani dei secoli XVII e XVIII. I documenti – organizzati per tipologie testuali e gradi di formularità (scritture burocratiche/altamente formulari/vincolanti e scritture pratiche/poco formulari/ poco vincolanti) – rivelano infatti, a livello fonografemico, morfosintattico e lessicale, fenomeni di congruenza, coincidenza e differenza tra lingua di partenza (siciliano) e lingua target (toscano) tali da poter riconoscere dietro a ogni testo una grammatica di transizione con tratti coerenti. Attraverso lo studio di tale testualità si può misurare il tasso di italianizzazione e osservare la penetrazione della norma toscana all’interno di una tipologia formulare e conservativa, che rappresenta quasi un ultimo gradino nella scala di standardizzazione. Come corpus di riscontro, inoltre, vengono esaminati anche testi stilisticamente poco sorvegliati come Le «Cronachette» del notaio Li Testi di Paternò (1621-27) che appartengono a una tipologia testuale “mista” rappresentativa di una scrittura inizialmente autoreferenziale e poi pluridirezionale. I risultati dell’analisi delle scritture pratiche e burocratiche della Sicilia tra Seicento e Settecento sono elaborati e interpretati sia storicamente che socio linguisticamente per un campione microareale, quale il territorio linguistico rappresentato da Catania e dalla sua provincia, che corrisponde a una precisa zona d’influenza politico-religiosa, politico-amministrativa e soprattutto sociocomunicativa. In tal senso, il corpus di testi raccolto assume il valore di testimonianza dei rapporti fra tradizione, innovazione, politica linguistica e realizzazioni di scrittura che si orientano consapevolmente verso un tosco-italiano post bembesco, mediato dal canone della prima Crusca, ma aperto alla toscanità coeva secondo il modello lessicografico del Politi.

"Registrare in lingua volgare". Scritture pratiche e burocratiche in Sicilia tra '600 e '700

SARDO, ROSARIA
2008-01-01

Abstract

Si tratta di uno studio dettagliato delle dinamiche di contatto linguistico tra siciliano, toscano, latino e castigliano nella Sicilia del Seicento e del Settecento. L’indagine è basata sullo spoglio di documenti inediti conservati nei fondi archivistici di area catanese; si tratta di scritti burocratici (attestati, testimonianze, capitoli matrimoniali e testamentari, petizioni, memoriali, delibere e sentenze) e di scritture pratiche (lettere, prediche, cronache, memoranda notarili e avvisi). L’ipotesi di fondo è che il rapporto tra lingua target e sistemi interlinguistici sia una chiave di lettura possibile anche per le scritture del passato. In tal senso, ciascuna testimonianza è analizzata come fase del processo di apprendimento e di avvicinamento della source language alla target language e costituisce un esempio di «interscrittura». Effettivamente, i fenomeni grammaticali che ricorrono nei testi esaminati dimostrano l’applicabilità dei modelli teorici di acquisizione linguistica in chiave implicazionale anche agli scriventi siciliani dei secoli XVII e XVIII. I documenti – organizzati per tipologie testuali e gradi di formularità (scritture burocratiche/altamente formulari/vincolanti e scritture pratiche/poco formulari/ poco vincolanti) – rivelano infatti, a livello fonografemico, morfosintattico e lessicale, fenomeni di congruenza, coincidenza e differenza tra lingua di partenza (siciliano) e lingua target (toscano) tali da poter riconoscere dietro a ogni testo una grammatica di transizione con tratti coerenti. Attraverso lo studio di tale testualità si può misurare il tasso di italianizzazione e osservare la penetrazione della norma toscana all’interno di una tipologia formulare e conservativa, che rappresenta quasi un ultimo gradino nella scala di standardizzazione. Come corpus di riscontro, inoltre, vengono esaminati anche testi stilisticamente poco sorvegliati come Le «Cronachette» del notaio Li Testi di Paternò (1621-27) che appartengono a una tipologia testuale “mista” rappresentativa di una scrittura inizialmente autoreferenziale e poi pluridirezionale. I risultati dell’analisi delle scritture pratiche e burocratiche della Sicilia tra Seicento e Settecento sono elaborati e interpretati sia storicamente che socio linguisticamente per un campione microareale, quale il territorio linguistico rappresentato da Catania e dalla sua provincia, che corrisponde a una precisa zona d’influenza politico-religiosa, politico-amministrativa e soprattutto sociocomunicativa. In tal senso, il corpus di testi raccolto assume il valore di testimonianza dei rapporti fra tradizione, innovazione, politica linguistica e realizzazioni di scrittura che si orientano consapevolmente verso un tosco-italiano post bembesco, mediato dal canone della prima Crusca, ma aperto alla toscanità coeva secondo il modello lessicografico del Politi.
2008
978-88-902148-8-2
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/107782
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