Il pensiero cristiano mostra sin dai primi secoli un atteggiamento ambivalente nei confronti della filosofia antica: da un lato non può fare a meno di prendere le distanze da quest’ultima, che ritiene incapace di acquisire conoscenze che non siano parziali a fronte della certezza del credente di possedere la rivelazione della verità in sé; dall’altro lato è attratto dalla capacità della cultura pagana di inglobare i saperi profani e razionali. Ora il paganesimo realizza il suo estremo, ancorché più organico, progetto di egemonia religiosa e di difesa del “cosmo” politico e sociale dell’età tardo-imperiale attraverso il neoplatonismo, il quale si dimostra funzionale all’attuazione di questo intento inquadrando dentro la cornice teorica costituita dall’esegesi “metafisica” e meontologica della Repubblica e dei dialoghi dialettici di Platone quanto, della tradizione filosofica antica, è compatibile con tale interpretazione. Da parte loro i cristiani colti, sia quelli di lingua greca sia quelli di lingua latina – che pure mantengono una certa “estraneità” nei confronti delle forme culturali compromesse col paganesimo o non meramente idonee al destino escatologico dei credenti –, si rendono conto, già a ridosso dell’editto di Milano, e in modo ancora più deciso dopo di esso, della necessità che il cristianesimo acquisisca strumenti intellettuali e apparati concettuali adeguati e funzionali alla sua crescita e al suo ruolo di guida nella società civile e politica.
Neoplatonismo Pagano vs. neoplatonismo cristiano. Identità e intersezioni. Atti del Seminario (Catania, 25-26 settembre 2004)
MARTELLO, Concetto;
2006-01-01
Abstract
Il pensiero cristiano mostra sin dai primi secoli un atteggiamento ambivalente nei confronti della filosofia antica: da un lato non può fare a meno di prendere le distanze da quest’ultima, che ritiene incapace di acquisire conoscenze che non siano parziali a fronte della certezza del credente di possedere la rivelazione della verità in sé; dall’altro lato è attratto dalla capacità della cultura pagana di inglobare i saperi profani e razionali. Ora il paganesimo realizza il suo estremo, ancorché più organico, progetto di egemonia religiosa e di difesa del “cosmo” politico e sociale dell’età tardo-imperiale attraverso il neoplatonismo, il quale si dimostra funzionale all’attuazione di questo intento inquadrando dentro la cornice teorica costituita dall’esegesi “metafisica” e meontologica della Repubblica e dei dialoghi dialettici di Platone quanto, della tradizione filosofica antica, è compatibile con tale interpretazione. Da parte loro i cristiani colti, sia quelli di lingua greca sia quelli di lingua latina – che pure mantengono una certa “estraneità” nei confronti delle forme culturali compromesse col paganesimo o non meramente idonee al destino escatologico dei credenti –, si rendono conto, già a ridosso dell’editto di Milano, e in modo ancora più deciso dopo di esso, della necessità che il cristianesimo acquisisca strumenti intellettuali e apparati concettuali adeguati e funzionali alla sua crescita e al suo ruolo di guida nella società civile e politica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.