Il consumo veloce, vorace dell’immagine fotografica, voleva un gesto che dilatasse il tempo trasformando un normale taccuino di viaggio in formidabile fucina di inconsuete descrizioni attraverso il giorno e la notte alternando proposte, mutando scene, non rispettando i canoni classici dell’immagine standardizzata. Così Fabio Meneghini, fedele alla tradizione d’una città votata alle sperimentazioni, vuol essere eccentrico in questa magnifico percorso day by day nella capitale della Catalogna: città fantasiosamente colorata nelle sue architetture e brulicante di vita in gran parte delle vie. Questo, più che un reportage su Barcellona, è una confessione: come un chirurgo quarantenne apparentemente normale pianifichi, osservi, armeggi, anatomizzi, esamini e attraversi la città verso la riscoperta di incroci e contaminazioni che affrontino un complesso labirinto di interazioni. Il viaggio dura 22 giorni e 21 notti. Nel tempo si configura un sapere complesso entro cui si aggregano differenti apporti e si intrecciano diverse modalità della rappresentazione. Uno degli aspetti più interessanti della costruzione del progetto è, infatti, quello relativo all’antitesi/collaborazione tra gli scenari urbani e i fruitori di tali spazi che possiedono diversa natura, oltre che una diversa articolazione. Meneghini rappresenta tale tensione inclinando la propria macchina fotografica a 45 gradi e raddrizzando l’orizzonte successivamente. Nel ritoccare le proprie immagini, egli si riappropria di un senso di equilibrio che sfocia nell’intervento quasi pittorialista dove in alcuni punti il colore diviene bianco-nero e viceversa. Del resto anche lo scrittore-simbolo della città catalana, Andreu Martín, nel 1998 in La mujer del valiente (Barcelona 1949), descrive “La Barcelona del 1949” come “una foto in bianco e nero, immagine fissa, paralizzata, sbiadita, giallastra come le lampadine che riempivano di penombra le sue tristi notti di restrizione, città rassegnata ai black out, all’oscurità”. Una “Barcellona grigia e povera” che dal noir spagnolo passa attraverso l’occhio “clinico” di Meneghini in un riadattamento di bande perfettamente percettibili di bianconero e grandi campiture di colore.
22 Giorni in/Days in/Dies a Barcelona
CARRERAS GOICOECHEA, MARIA
2009-01-01
Abstract
Il consumo veloce, vorace dell’immagine fotografica, voleva un gesto che dilatasse il tempo trasformando un normale taccuino di viaggio in formidabile fucina di inconsuete descrizioni attraverso il giorno e la notte alternando proposte, mutando scene, non rispettando i canoni classici dell’immagine standardizzata. Così Fabio Meneghini, fedele alla tradizione d’una città votata alle sperimentazioni, vuol essere eccentrico in questa magnifico percorso day by day nella capitale della Catalogna: città fantasiosamente colorata nelle sue architetture e brulicante di vita in gran parte delle vie. Questo, più che un reportage su Barcellona, è una confessione: come un chirurgo quarantenne apparentemente normale pianifichi, osservi, armeggi, anatomizzi, esamini e attraversi la città verso la riscoperta di incroci e contaminazioni che affrontino un complesso labirinto di interazioni. Il viaggio dura 22 giorni e 21 notti. Nel tempo si configura un sapere complesso entro cui si aggregano differenti apporti e si intrecciano diverse modalità della rappresentazione. Uno degli aspetti più interessanti della costruzione del progetto è, infatti, quello relativo all’antitesi/collaborazione tra gli scenari urbani e i fruitori di tali spazi che possiedono diversa natura, oltre che una diversa articolazione. Meneghini rappresenta tale tensione inclinando la propria macchina fotografica a 45 gradi e raddrizzando l’orizzonte successivamente. Nel ritoccare le proprie immagini, egli si riappropria di un senso di equilibrio che sfocia nell’intervento quasi pittorialista dove in alcuni punti il colore diviene bianco-nero e viceversa. Del resto anche lo scrittore-simbolo della città catalana, Andreu Martín, nel 1998 in La mujer del valiente (Barcelona 1949), descrive “La Barcelona del 1949” come “una foto in bianco e nero, immagine fissa, paralizzata, sbiadita, giallastra come le lampadine che riempivano di penombra le sue tristi notti di restrizione, città rassegnata ai black out, all’oscurità”. Una “Barcellona grigia e povera” che dal noir spagnolo passa attraverso l’occhio “clinico” di Meneghini in un riadattamento di bande perfettamente percettibili di bianconero e grandi campiture di colore.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.