Concepito come garanzia che tende a tutelare l’imputato dalle conseguenze derivanti dall’esercizio di poteri inquisitori, quale argine all’uso della forza per costringerlo a fornire contributi informativi a valenza autoincriminante nell’indagine probatoria contra se, il diritto al silenzio ha da sempre rappresentato un indicatore estremamente significativo per individuare, in rapporto agli schemi epistemologici e alle strutture giudiziarie del contesto normativo di riferimento, i valori di fondo di un determinato assetto processuale. In un sistema che assume il contraddittorio a metodo di elaborazione probatoria in grado di propiziare le più ampie conoscenze possibili per pervenire a risultati ragione-volmente adeguati a verificare l’ipotesi accusatoria e a fondare la decisione, appare chiaro come un riconoscimento ipertrofico dello ius tacendi agisca come fattore di crisi rispetto all’esigenza di garantire la completezza dell’accertamento. Proprio l’imprescindibile valore euristico del contraddittorio, in un contesto processuale orientato al principio dispositivo, implica che ciascuna parte debba offrire all’esperienza conoscitiva del giudice l’insieme dei dati ritenuti più idonei a sostenere la propria tesi ed essere posta nella condizione di poter interloquire sulle prospettazioni della controparte. In quest’ottica l’ordinamento inglese può senz’altro rappresentare un utile modello di riferimento: in tale sistema, l’onere di allegazione tempestiva delle circostanze a discarico fonda la ratio delle previsioni normative deputate a regolare le modalità di esplicazione del right to silence. Operando la scelta di porsi in una prospettiva differente da quella sinora adottata nell’affrontare il problema della delimitazione dell’area di legittima opposizione del silenzio, il presente lavoro, proprio attraverso la comparazione con il sistema inglese, mira ad individuare un nuovo e diverso paradigma esplicativo delle logiche e delle dinamiche che presiedono all’esercizio di tale diritto, tentando di individuare soluzioni funzionali all’esigenza di realizzare un difficile, ma necessario equilibrio tra il rispetto delle garanzie fondamentali riconosciute all’imputato in ragione del suo eventuale contributo alla ricostruzione dei fatti e le istanze di accertamento legate al meccanismo dialettico di ricerca della verità.

Il diritto al silenzio dell'imputato

PATANE', Vania
2006-01-01

Abstract

Concepito come garanzia che tende a tutelare l’imputato dalle conseguenze derivanti dall’esercizio di poteri inquisitori, quale argine all’uso della forza per costringerlo a fornire contributi informativi a valenza autoincriminante nell’indagine probatoria contra se, il diritto al silenzio ha da sempre rappresentato un indicatore estremamente significativo per individuare, in rapporto agli schemi epistemologici e alle strutture giudiziarie del contesto normativo di riferimento, i valori di fondo di un determinato assetto processuale. In un sistema che assume il contraddittorio a metodo di elaborazione probatoria in grado di propiziare le più ampie conoscenze possibili per pervenire a risultati ragione-volmente adeguati a verificare l’ipotesi accusatoria e a fondare la decisione, appare chiaro come un riconoscimento ipertrofico dello ius tacendi agisca come fattore di crisi rispetto all’esigenza di garantire la completezza dell’accertamento. Proprio l’imprescindibile valore euristico del contraddittorio, in un contesto processuale orientato al principio dispositivo, implica che ciascuna parte debba offrire all’esperienza conoscitiva del giudice l’insieme dei dati ritenuti più idonei a sostenere la propria tesi ed essere posta nella condizione di poter interloquire sulle prospettazioni della controparte. In quest’ottica l’ordinamento inglese può senz’altro rappresentare un utile modello di riferimento: in tale sistema, l’onere di allegazione tempestiva delle circostanze a discarico fonda la ratio delle previsioni normative deputate a regolare le modalità di esplicazione del right to silence. Operando la scelta di porsi in una prospettiva differente da quella sinora adottata nell’affrontare il problema della delimitazione dell’area di legittima opposizione del silenzio, il presente lavoro, proprio attraverso la comparazione con il sistema inglese, mira ad individuare un nuovo e diverso paradigma esplicativo delle logiche e delle dinamiche che presiedono all’esercizio di tale diritto, tentando di individuare soluzioni funzionali all’esigenza di realizzare un difficile, ma necessario equilibrio tra il rispetto delle garanzie fondamentali riconosciute all’imputato in ragione del suo eventuale contributo alla ricostruzione dei fatti e le istanze di accertamento legate al meccanismo dialettico di ricerca della verità.
2006
88-348-6421-2
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/118592
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