L’io e l’altro sono come la figura e lo sfondo: non possiamo definire la relazione del soggetto con se stesso senza considerare la sua relazione con l’altro. E’ in questa ottica che vengono studiate alcune particolari dimensioni delle relazioni altruistiche. Nel presente lavoro, l’altruismo non è visto come evento occasionale o come fenomeno di crisi che consente a ciascuno di diventare di tanto in tanto un “buon samaritano”; lo si considera invece come una struttura permanente, una struttura affettiva e conoscitiva dei rapporti umani. Il testo presenta un’indagine condotta su un campione di circa 800 soggetti. Il fenomeno “altruismo” che emerge dalla ricerca non appare strettamente correlato con l’età, il genere, i livelli di istruzione, la professione degli intervistati. L’azione altruistica per essere tale deve essere “disinteressata”, deve svilupparsi all’interno di relazioni senza storia, senza memoria, senza aspettative di reciprocità. Prende senso in condizioni di libertà, in condizioni di “fuga facile”, e non si coniuga né con i valori né con i vincoli di sangue, ma con la vicinanza empatica rilevata attraverso gli indicatori proposti da Daniel Bateson. Secondo gli intervistati, dopo il gesto altruistico si sviluppa nelle parti un processo emozionale complesso in cui, accanto alla condivisione, emergono sensazioni di disagio; si avverte, quindi, l’esigenza di mettere tra sé e l’altro una distanza emotiva. La dinamica dell’altruismo ripropone il problema della vicinanza e della solitudine. In questo contesto l’aspettativa d’identità è anello di congiunzione, fra il sé cognitivo e il sé emotivo, fra l’io e l’altro. Nell’ottica della produttività e del controllo non aggiunge nulla; sembra appartenere alle cose inutili, poiché come uno specchio, può soltanto riflettere l’immagine. Ma senza l’aspettativa d’identità rischiamo di vivere in un mondo in cui nessuno si accorge di nessuno perché nessuno si accorge di se stesso.

OGNUNO STA SOLO? L'io è l'altro: altruismo e aspettativa d'identità

BELLUARDO, Giovanni;
2006-01-01

Abstract

L’io e l’altro sono come la figura e lo sfondo: non possiamo definire la relazione del soggetto con se stesso senza considerare la sua relazione con l’altro. E’ in questa ottica che vengono studiate alcune particolari dimensioni delle relazioni altruistiche. Nel presente lavoro, l’altruismo non è visto come evento occasionale o come fenomeno di crisi che consente a ciascuno di diventare di tanto in tanto un “buon samaritano”; lo si considera invece come una struttura permanente, una struttura affettiva e conoscitiva dei rapporti umani. Il testo presenta un’indagine condotta su un campione di circa 800 soggetti. Il fenomeno “altruismo” che emerge dalla ricerca non appare strettamente correlato con l’età, il genere, i livelli di istruzione, la professione degli intervistati. L’azione altruistica per essere tale deve essere “disinteressata”, deve svilupparsi all’interno di relazioni senza storia, senza memoria, senza aspettative di reciprocità. Prende senso in condizioni di libertà, in condizioni di “fuga facile”, e non si coniuga né con i valori né con i vincoli di sangue, ma con la vicinanza empatica rilevata attraverso gli indicatori proposti da Daniel Bateson. Secondo gli intervistati, dopo il gesto altruistico si sviluppa nelle parti un processo emozionale complesso in cui, accanto alla condivisione, emergono sensazioni di disagio; si avverte, quindi, l’esigenza di mettere tra sé e l’altro una distanza emotiva. La dinamica dell’altruismo ripropone il problema della vicinanza e della solitudine. In questo contesto l’aspettativa d’identità è anello di congiunzione, fra il sé cognitivo e il sé emotivo, fra l’io e l’altro. Nell’ottica della produttività e del controllo non aggiunge nulla; sembra appartenere alle cose inutili, poiché come uno specchio, può soltanto riflettere l’immagine. Ma senza l’aspettativa d’identità rischiamo di vivere in un mondo in cui nessuno si accorge di nessuno perché nessuno si accorge di se stesso.
2006
88-464-8108-9
altruismo; aspettativa; Daniel Bateson
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/249112
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