Il volume ripercorre le principali tappe storiche che portano all’emergere di un moderno modello di artista, un intellettuale che si connette alla società ed ai problemi del proprio tempo, attraverso le immagini. L’intento del lavoro è quello di dare il giusto risalto alle fonti “iconografiche” nella ricerca storica in educazione, per ricavarne tracce più o meno incisive di pensiero critico, espressione pittorica - nel caso di Goya – di una pedagogia implicita.Goya non è stato solamente uno dei pittori più importanti del suo tempo, ma un pensatore profondo, accostabile al Goethe letterato (T. Todorov, 2011). L’avevano compreso i suoi primi biografi, a metà del XIX secolo, tra i quali Charles Yriarte, che, nel 1867, attribuiva alle sue incisioni tutta la portata della filosofia più alta. Le immagini, non diversamente dal pensiero espresso a parole, rappresentavano una riflessione sul mondo e sugli uomini. Negli anni in cui la Spagna era appena sfiorata dal rinnovamento culturale che si diffondeva rapidamente in tutta Europa, Goya frequentava la ristretta cerchia degli ilustrados, tutti rigorosamente addottrinati e portatori di un progetto ideale di rinnovamento. Questa ristretta minoranza riusciva a compiere un lavoro di stimolo per le successive mosse del governo. Una vera e propria tensione pedagogica sottendeva il progetto di rinascita sociale che mirava all’abbattimento dei valori di tradizione medievale, autentica zavorra per la Spagna. Da quegli intellettuali, spesso censurati, Goya riceveva un’importante lezione: entro un clima di cultura asfittica, rivedeva gli schemi della sua stessa esistenza ed estendeva la sua critica verso l’esterno, tratteggiando, con l’arte, i temi del pensiero illuminato europeo. Così, Goya rilanciava quello stesso influsso illuminista che lo aveva reso reattivo alle condizioni del tempo, trascendendolo, per farne oggetto e tema della propria visione artistico-culturale. La sua arte sottile, acuta, non si fermava alla semplice rappresentazione dell’avversione degli ilustrados spagnoli verso le autorità religiose, e soprattutto verso l’Inquisizione, ma metteva in scena il più sofisticato messaggio del movimento francese delle Lumières, ovvero, il disprezzo verso una popolazione che, paradossalmente, quella Inquisizione accettava.L’ignoranza era il vero nemico, quello per cui in tutta Europa si combatteva una grande battaglia culturale che faticava a penetrare in Spagna. Goya n’era interprete, forse più di altri artisti del tempo, non tanto per la forza delle immagini, quanto per la carica critica che queste ultime esprimevano, veicolando un autentico messaggio pedagogico, implicitamente ed esplicitamente, attraverso pitture rese inequivoche dalle didascalie. Pur non occupandosi direttamente di questioni filosofiche, politiche e pedagogiche, Goya, a differenza di altri pittori del passato, lasciava tracce del suo pensiero in un certo un numero di comunicazioni scritte, rese, forse, necessarie dallo percezione di uno stato di isolamento causato dalla sordità che lo aveva colpito nel 1792. Oltre le numerose didascalie a corredo delle sue opere, l’artista lasciava tracce scritte nella corrispondenza epistolare intrattenuta con l’amico Zapater, in alcuni discorsi trascritti dai contemporanei, in una relazione indirizzata all’Accademia di pittura, nella quale esprimeva una pedagogia della pittura, totalmente innovativa. Grazie ad una libertà espressiva insuperata, che lo inquadrava come il primo pittore moderno, egli affermava il diritto di esprimere con l’arte un punto di vista personale: descriveva la cruda realtà degli avvenimenti della vita spagnola, e richiamava lo spettatore a prendere coscienza ed a criticare la cultura della superstizione e della violenza. La pittura assumeva, così, una funzione pedagogica, nello spirito delle rivoluzioni culturali e civili del tempo, e si distingueva per la straordinaria analisi sociale contrassegnata da un indubbio indirizzo critico. L’opera di Goya, rara testimonianza di quell’illuminismo spagnolo che ha lasciato esigue tracce di sé, si connetteva direttamente con gli obiettivi degli enciclopedisti, ed in particolare con Diderot, nel tentativo di considerare sullo stesso piano il lavoro manuale e la creazione spirituale, e con la filosofia del diritto di Beccaria, documentando i modi bestiali usati dai combattenti per torturare e umiliare le proprie vittime. L’espressione pittorica di Goya, come critica sociale, anticipava le denunce contro la violenza e le “asinerie dei domenicani” che sarebbero state usate dallo storico Michelet, nella seconda metà dell’Ottocento.
Lumi, Arte, Rivoluzione in Spagna: la “pedagogia” di Francisco Goya y Lucientes
LENTINI, STEFANO
2015-01-01
Abstract
Il volume ripercorre le principali tappe storiche che portano all’emergere di un moderno modello di artista, un intellettuale che si connette alla società ed ai problemi del proprio tempo, attraverso le immagini. L’intento del lavoro è quello di dare il giusto risalto alle fonti “iconografiche” nella ricerca storica in educazione, per ricavarne tracce più o meno incisive di pensiero critico, espressione pittorica - nel caso di Goya – di una pedagogia implicita.Goya non è stato solamente uno dei pittori più importanti del suo tempo, ma un pensatore profondo, accostabile al Goethe letterato (T. Todorov, 2011). L’avevano compreso i suoi primi biografi, a metà del XIX secolo, tra i quali Charles Yriarte, che, nel 1867, attribuiva alle sue incisioni tutta la portata della filosofia più alta. Le immagini, non diversamente dal pensiero espresso a parole, rappresentavano una riflessione sul mondo e sugli uomini. Negli anni in cui la Spagna era appena sfiorata dal rinnovamento culturale che si diffondeva rapidamente in tutta Europa, Goya frequentava la ristretta cerchia degli ilustrados, tutti rigorosamente addottrinati e portatori di un progetto ideale di rinnovamento. Questa ristretta minoranza riusciva a compiere un lavoro di stimolo per le successive mosse del governo. Una vera e propria tensione pedagogica sottendeva il progetto di rinascita sociale che mirava all’abbattimento dei valori di tradizione medievale, autentica zavorra per la Spagna. Da quegli intellettuali, spesso censurati, Goya riceveva un’importante lezione: entro un clima di cultura asfittica, rivedeva gli schemi della sua stessa esistenza ed estendeva la sua critica verso l’esterno, tratteggiando, con l’arte, i temi del pensiero illuminato europeo. Così, Goya rilanciava quello stesso influsso illuminista che lo aveva reso reattivo alle condizioni del tempo, trascendendolo, per farne oggetto e tema della propria visione artistico-culturale. La sua arte sottile, acuta, non si fermava alla semplice rappresentazione dell’avversione degli ilustrados spagnoli verso le autorità religiose, e soprattutto verso l’Inquisizione, ma metteva in scena il più sofisticato messaggio del movimento francese delle Lumières, ovvero, il disprezzo verso una popolazione che, paradossalmente, quella Inquisizione accettava.L’ignoranza era il vero nemico, quello per cui in tutta Europa si combatteva una grande battaglia culturale che faticava a penetrare in Spagna. Goya n’era interprete, forse più di altri artisti del tempo, non tanto per la forza delle immagini, quanto per la carica critica che queste ultime esprimevano, veicolando un autentico messaggio pedagogico, implicitamente ed esplicitamente, attraverso pitture rese inequivoche dalle didascalie. Pur non occupandosi direttamente di questioni filosofiche, politiche e pedagogiche, Goya, a differenza di altri pittori del passato, lasciava tracce del suo pensiero in un certo un numero di comunicazioni scritte, rese, forse, necessarie dallo percezione di uno stato di isolamento causato dalla sordità che lo aveva colpito nel 1792. Oltre le numerose didascalie a corredo delle sue opere, l’artista lasciava tracce scritte nella corrispondenza epistolare intrattenuta con l’amico Zapater, in alcuni discorsi trascritti dai contemporanei, in una relazione indirizzata all’Accademia di pittura, nella quale esprimeva una pedagogia della pittura, totalmente innovativa. Grazie ad una libertà espressiva insuperata, che lo inquadrava come il primo pittore moderno, egli affermava il diritto di esprimere con l’arte un punto di vista personale: descriveva la cruda realtà degli avvenimenti della vita spagnola, e richiamava lo spettatore a prendere coscienza ed a criticare la cultura della superstizione e della violenza. La pittura assumeva, così, una funzione pedagogica, nello spirito delle rivoluzioni culturali e civili del tempo, e si distingueva per la straordinaria analisi sociale contrassegnata da un indubbio indirizzo critico. L’opera di Goya, rara testimonianza di quell’illuminismo spagnolo che ha lasciato esigue tracce di sé, si connetteva direttamente con gli obiettivi degli enciclopedisti, ed in particolare con Diderot, nel tentativo di considerare sullo stesso piano il lavoro manuale e la creazione spirituale, e con la filosofia del diritto di Beccaria, documentando i modi bestiali usati dai combattenti per torturare e umiliare le proprie vittime. L’espressione pittorica di Goya, come critica sociale, anticipava le denunce contro la violenza e le “asinerie dei domenicani” che sarebbero state usate dallo storico Michelet, nella seconda metà dell’Ottocento.File | Dimensione | Formato | |
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