Il contributo che si propone verte sull’analisi della lingua di due autori catanesi particolarmente rappresentativi del periodo tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, De Roberto e Brancati, le cui opere, e in particolare I Viceré (1894) e Il bell’Antonio (1949), delineano un percorso attraverso il quale è possibile riscontrare elementi peculiari dell’evoluzione e dell’architettura dell’italiano letterario postunitario. Come periodo di analisi, infatti, si assumono i primi decenni dopo l’Unità e il cinquantennio successivo, in cui De Roberto e Brancati, particolarmente propensi all’ascolto del parlato reale e alla sua riproposizione sulla pagina letteraria, sono rappresentanti e testimoni, socioletterari e sociolinguistici, dell’assestamento e del rimodellamento del panorama delle varietà linguistiche. La lingua dei Viceré testimonia il raggiungimento di un livello di complessificazione del panorama linguistico nazionale molto più avanzato rispetto a quello mostrato, solo una generazione precedente, dalle opere dei veristi maggiori. Infatti nelle opere di Verga (Lo Piparo 1981), o di Capuana (Bruni 1988) l’italiano regionale realmente parlato dagli autori è appena profilato nella pagina, ed è difficilmente distinguibile da quello simulato letterariamente con sagacia (Testa 1997) mentre nei Viceré sono riproposte le diverse varietà della lingua che orbitavano intorno a un uso “medio” oramai più saldo e maturo: l’italiano aulico e quello popolare, l’italiano burocratico e quello dei comizi politici (Grana 1982; Testa 1997; Stussi 1998; Perugini 1998). Il presente contributo si prefigge di indagare come al di sotto del parlato simulato emerga il sostrato della lingua d’autore, e soprattutto quale ne sia l’interazione col dialetto. A tal fine, sarà importante un confronto tra l’uso “reale” e privato della lingua, attinto da opere memorialistiche - come il diario parzialmente inedito del giovane De Roberto, o dagli epistolari - e l’uso “pubblico”, qual è quello delle opere letterarie. Infine, l’esperienza dei due autori testimonia validamente come anche nelle aree periferiche l’italiano penetrasse a tutti i livelli diastratici e come ne fosse differenziato l’uso in diafasia, ma anche come si stabilizzasse l’italiano regionale e come acquisisse maggior dignità nella coscienza degli scrittori. I testi letterari presi in esame saranno analizzati alla stregua di documenti di storia linguistica, in duplice direzione: a) dal punto di vista socioculturale in quanto rappresentativi dei livelli di competenza linguistica dell’autore; b) dal punto di vista sociolinguistico in quanto rappresentazione dell’interazione delle diverse varietà linguistiche e delle funzioni attribuite su un piano diafasico alla lingua e al dialetto. Soprattutto, verranno approfondite: 1) la dinamica tra parlato e scritto, con particolare attenzione alla resa mimetica del parlato attraverso la riproposizione di tratti morfosintattici e testuali dell’uso orale della lingua, come i tratti pronominali, gli usi verbali substandard, i fenomeni di segmentazione (Nencioni 1981; Sornicola 1981; Dardano 1989 e 1994; Berretta 1994; Berruto 1987, 1993, 1995); 2) la dinamica tra italiano e dialetto, nella doppia prospettiva dell’uso consapevole del regionalismo a fini stilistici, o di un suo uso inconsapevole, particolarmente utile per rilevare e valutare l’effettivo radicamento dei sicilianismi, lessicali e sintattici, nella lingua degli scrittori (Bruni 1982). Dal confronto tra gli scrittori presi in considerazione si può ravvisare un cambiamento nella percezione del dialetto: mentre De Roberto, come ancora Verga e Capuana, cercava di conquistare la lingua letteraria quasi occultando la propria competenza dialettale (Branciforti 1981), Brancati mostra un atteggiamento di più serena accettazione del siciliano, che lascia trasparire in filigrana arrivando in certi casi all’uso artistico del code switching e mixing (Alfonzetti 1992).

Italiano parlato nello scritto: usi e varietà da De Roberto a Brancati

MOTTA, DARIA
2012-01-01

Abstract

Il contributo che si propone verte sull’analisi della lingua di due autori catanesi particolarmente rappresentativi del periodo tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, De Roberto e Brancati, le cui opere, e in particolare I Viceré (1894) e Il bell’Antonio (1949), delineano un percorso attraverso il quale è possibile riscontrare elementi peculiari dell’evoluzione e dell’architettura dell’italiano letterario postunitario. Come periodo di analisi, infatti, si assumono i primi decenni dopo l’Unità e il cinquantennio successivo, in cui De Roberto e Brancati, particolarmente propensi all’ascolto del parlato reale e alla sua riproposizione sulla pagina letteraria, sono rappresentanti e testimoni, socioletterari e sociolinguistici, dell’assestamento e del rimodellamento del panorama delle varietà linguistiche. La lingua dei Viceré testimonia il raggiungimento di un livello di complessificazione del panorama linguistico nazionale molto più avanzato rispetto a quello mostrato, solo una generazione precedente, dalle opere dei veristi maggiori. Infatti nelle opere di Verga (Lo Piparo 1981), o di Capuana (Bruni 1988) l’italiano regionale realmente parlato dagli autori è appena profilato nella pagina, ed è difficilmente distinguibile da quello simulato letterariamente con sagacia (Testa 1997) mentre nei Viceré sono riproposte le diverse varietà della lingua che orbitavano intorno a un uso “medio” oramai più saldo e maturo: l’italiano aulico e quello popolare, l’italiano burocratico e quello dei comizi politici (Grana 1982; Testa 1997; Stussi 1998; Perugini 1998). Il presente contributo si prefigge di indagare come al di sotto del parlato simulato emerga il sostrato della lingua d’autore, e soprattutto quale ne sia l’interazione col dialetto. A tal fine, sarà importante un confronto tra l’uso “reale” e privato della lingua, attinto da opere memorialistiche - come il diario parzialmente inedito del giovane De Roberto, o dagli epistolari - e l’uso “pubblico”, qual è quello delle opere letterarie. Infine, l’esperienza dei due autori testimonia validamente come anche nelle aree periferiche l’italiano penetrasse a tutti i livelli diastratici e come ne fosse differenziato l’uso in diafasia, ma anche come si stabilizzasse l’italiano regionale e come acquisisse maggior dignità nella coscienza degli scrittori. I testi letterari presi in esame saranno analizzati alla stregua di documenti di storia linguistica, in duplice direzione: a) dal punto di vista socioculturale in quanto rappresentativi dei livelli di competenza linguistica dell’autore; b) dal punto di vista sociolinguistico in quanto rappresentazione dell’interazione delle diverse varietà linguistiche e delle funzioni attribuite su un piano diafasico alla lingua e al dialetto. Soprattutto, verranno approfondite: 1) la dinamica tra parlato e scritto, con particolare attenzione alla resa mimetica del parlato attraverso la riproposizione di tratti morfosintattici e testuali dell’uso orale della lingua, come i tratti pronominali, gli usi verbali substandard, i fenomeni di segmentazione (Nencioni 1981; Sornicola 1981; Dardano 1989 e 1994; Berretta 1994; Berruto 1987, 1993, 1995); 2) la dinamica tra italiano e dialetto, nella doppia prospettiva dell’uso consapevole del regionalismo a fini stilistici, o di un suo uso inconsapevole, particolarmente utile per rilevare e valutare l’effettivo radicamento dei sicilianismi, lessicali e sintattici, nella lingua degli scrittori (Bruni 1982). Dal confronto tra gli scrittori presi in considerazione si può ravvisare un cambiamento nella percezione del dialetto: mentre De Roberto, come ancora Verga e Capuana, cercava di conquistare la lingua letteraria quasi occultando la propria competenza dialettale (Branciforti 1981), Brancati mostra un atteggiamento di più serena accettazione del siciliano, che lascia trasparire in filigrana arrivando in certi casi all’uso artistico del code switching e mixing (Alfonzetti 1992).
2012
978-88-7870-722-1
scritto-parlato; Lingua letteraria ottocentesca; De Roberto -Brancati
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/255649
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