La sospensione del processo con messa alla prova dell’imputato è un istituto nato nel sistema minorile con la riforma del 1988, rappresentandone la novità principale e lo strumento di massima funzionalizzazione al percorso di recupero del giovane deviante. Proprio la ritenuta efficacia del rimedio ne avrebbe determinato la traslazione nel sistema degli adulti nel 2014. La struttura del nuovo istituto, però, richiama solo nominalmente il probation minorile, perché sono previsti presupposti e meccanismi procedurali molto formalizzati, che, se appaiono comprensibili per la natura penale del provvedimento, sembrano tradire la funzione prioritaria degli esperimenti comportamentali: l’intervento sulla persona, che possa trovare nel processo l’occasione di emancipazione dalla devianza, e non mero escamotage deflativo. Proprio l’analisi tecnica della messa alla prova processuale, prima minorile e poi degli adulti per ragioni anagrafiche, costituisce l’oggetto principale di questo lavoro: preceduta dal confronto dovuto con l’antecedente storico della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, i cui contenuti possono essere ritenuti corrispondenti al progetto d’intervento minorile o al programma di trattamento degli adulti, e seguita da una breve digressione sulle forme di giustizia riparativa, di cui l’implementazione effettiva della messa alla prova, secondo la sua ratio primigenia, dovrebbe costituire estrinsecazione. Il capitolo conclusivo è intitolato “prospettive” proprio perché si auspica un uso della messa alla prova diverso dalla dimensione normativa che le appartiene, nella consapevolezza della necessità di un adeguamento legislativo, e proteso verso più efficaci logiche riparative.

La messa alla prova processuale. Da strumento di recupero per i minorenni a rimedio generale deflativo

LANZA, Enrico
2017-01-01

Abstract

La sospensione del processo con messa alla prova dell’imputato è un istituto nato nel sistema minorile con la riforma del 1988, rappresentandone la novità principale e lo strumento di massima funzionalizzazione al percorso di recupero del giovane deviante. Proprio la ritenuta efficacia del rimedio ne avrebbe determinato la traslazione nel sistema degli adulti nel 2014. La struttura del nuovo istituto, però, richiama solo nominalmente il probation minorile, perché sono previsti presupposti e meccanismi procedurali molto formalizzati, che, se appaiono comprensibili per la natura penale del provvedimento, sembrano tradire la funzione prioritaria degli esperimenti comportamentali: l’intervento sulla persona, che possa trovare nel processo l’occasione di emancipazione dalla devianza, e non mero escamotage deflativo. Proprio l’analisi tecnica della messa alla prova processuale, prima minorile e poi degli adulti per ragioni anagrafiche, costituisce l’oggetto principale di questo lavoro: preceduta dal confronto dovuto con l’antecedente storico della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, i cui contenuti possono essere ritenuti corrispondenti al progetto d’intervento minorile o al programma di trattamento degli adulti, e seguita da una breve digressione sulle forme di giustizia riparativa, di cui l’implementazione effettiva della messa alla prova, secondo la sua ratio primigenia, dovrebbe costituire estrinsecazione. Il capitolo conclusivo è intitolato “prospettive” proprio perché si auspica un uso della messa alla prova diverso dalla dimensione normativa che le appartiene, nella consapevolezza della necessità di un adeguamento legislativo, e proteso verso più efficaci logiche riparative.
2017
978-88-14-22167-5
probation; prova comportamentale; mediazione penale; giustizia riparativa; servizio sociale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/298161
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