Punta Sottile è il luogo più a sud d’Italia, un estremo lembo dell’isola di Lampedusa dove la terra si trasforma dolcemente in mare. Qui, in un passato più o meno remoto, il banco di roccia frastagliata è stato scavato per ottenere pietra da costruzione. Inconsapevolmente, la mano dell’uomo ha dato forma a un luogo che ha caratteri mistici e arcaici, fuori dal tempo della storia. A pochi passi dalla scogliera, la terra sprofonda e ci si inabissa in un mare di pietra colore dell’oro che fa scomparire la nitida linea d’orizzonte, di quell’acqua che Sciascia, e assai prima di lui Omero, definiva colore del vino. Camere scavate nel terreno con finestre aperte solo sul cielo. La pietra porta i segni delle lavorazioni: ritmati, ricorrenti tagli verticali che solcano come ferite le pareti della roccia. Qui, talvolta, trova dimora un seme che, se ha fortuna, diventa fiore. Unico luogo, forse, in cui l’isola perde la vista del suo mare: se ne sente l’odore, il rumore, ma l’occhio registra l’assenza, il vuoto, la perdita. Su questo suolo archeologico il nuovo edificio per residenze si poggia con cautela, cercando di stabilire una distanza e una relazione già sperimentate da Vincenzo Latina nel padiglione d’ingresso agli scavi dell’Artemision a Ortigia. Un blocco compatto, diverso da ciò che lo circonda per la pulizia formale, si solleva dal suolo, poggiando solo per punti su un terreno che è altro dalla nuova costruzione. Il sistema strutturale dell’edificio, che si solleva su plinti dotati d’isolatori e appoggi antisismici, diviene una sorte di mutevole ‘ordine’ architettonico di calcestruzzo e metallo, declinato ora come colonna, ora come base. Le residenze conquistano dall’alto con grandi logge la straordinaria vista di Ortigia e del mare, mentre più in basso godono di piccoli giardini archeologici, cercando riconquistando una dimensione di qualità dell’abitare. I due progetti di Latina sono collocati, per funzione e carattere, alle estremità opposte del mondo dell’architettura: puro atto poetico il primo, concreto e prosaico incarico professionale il secondo. Eppure condividono quell’idea che Marguerite Yourcenar attribuiva all’imperatore Adriano: “Costruire significa collaborare con la terra” e, nel caso del memoriale di Lampedusa, possiamo lecitamente rubare le parole che seguono: “È come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”.

Il Vuoto e le Tracce. Vincenzo Latina.

Latina Vincenzo
2017-01-01

Abstract

Punta Sottile è il luogo più a sud d’Italia, un estremo lembo dell’isola di Lampedusa dove la terra si trasforma dolcemente in mare. Qui, in un passato più o meno remoto, il banco di roccia frastagliata è stato scavato per ottenere pietra da costruzione. Inconsapevolmente, la mano dell’uomo ha dato forma a un luogo che ha caratteri mistici e arcaici, fuori dal tempo della storia. A pochi passi dalla scogliera, la terra sprofonda e ci si inabissa in un mare di pietra colore dell’oro che fa scomparire la nitida linea d’orizzonte, di quell’acqua che Sciascia, e assai prima di lui Omero, definiva colore del vino. Camere scavate nel terreno con finestre aperte solo sul cielo. La pietra porta i segni delle lavorazioni: ritmati, ricorrenti tagli verticali che solcano come ferite le pareti della roccia. Qui, talvolta, trova dimora un seme che, se ha fortuna, diventa fiore. Unico luogo, forse, in cui l’isola perde la vista del suo mare: se ne sente l’odore, il rumore, ma l’occhio registra l’assenza, il vuoto, la perdita. Su questo suolo archeologico il nuovo edificio per residenze si poggia con cautela, cercando di stabilire una distanza e una relazione già sperimentate da Vincenzo Latina nel padiglione d’ingresso agli scavi dell’Artemision a Ortigia. Un blocco compatto, diverso da ciò che lo circonda per la pulizia formale, si solleva dal suolo, poggiando solo per punti su un terreno che è altro dalla nuova costruzione. Il sistema strutturale dell’edificio, che si solleva su plinti dotati d’isolatori e appoggi antisismici, diviene una sorte di mutevole ‘ordine’ architettonico di calcestruzzo e metallo, declinato ora come colonna, ora come base. Le residenze conquistano dall’alto con grandi logge la straordinaria vista di Ortigia e del mare, mentre più in basso godono di piccoli giardini archeologici, cercando riconquistando una dimensione di qualità dell’abitare. I due progetti di Latina sono collocati, per funzione e carattere, alle estremità opposte del mondo dell’architettura: puro atto poetico il primo, concreto e prosaico incarico professionale il secondo. Eppure condividono quell’idea che Marguerite Yourcenar attribuiva all’imperatore Adriano: “Costruire significa collaborare con la terra” e, nel caso del memoriale di Lampedusa, possiamo lecitamente rubare le parole che seguono: “È come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/327293
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