Lo studio che proponiamo mira a indagare una variante del topos del pellegrinaggio sentimentale: il pellegrinaggio al luogo materno. A questo scopo si propone l’analisi di tre opere della letteratura italiana contemporanea che ne esibiscono tre configurazioni diversamente articolate: Vittorini, Conversazione in Sicilia; Morante, Aracoeli; Celati, Verso la foce. Tutte e tre mettono in racconto un tentativo di superamento di una crisi individuale/collettiva attraverso il viaggio a un luogo pregnante connesso all’origine. Conversazione in Sicilia e Aracoeli, e in un senso meno immediato anche Verso la foce, sembrano recare traccia della persistenza del vincolo con l’origine, ma nel contempo queste tre opere sono racconti della cesura del legame e quindi della separazione dal luogo originario-materno. In questo modo le tre storie studiate in questo volume sono accomunate dalla funzione che si riconosce al mito, di narrare una seconda venuta al mondo, una ri-nascita: Vittorini narra in Conversazione in Sicilia la necessaria separazione perché il senso possa essere ri-generato; Morante denuncia in Aracoeli l’impossibilità della ri-generazione del senso dopo la separazione edenica; Celati inscena l’assenza della madre, al cui luogo non è nemmeno possibile l’accesso, luogo perduto/introvabile, ma forse re-incanta l’origine nella scena finale di Verso la foce. Il corpus scelto mostra una regressione crescente della figura del pellegrinaggio sentimentale nella letteratura italiana del Novecento. Se dapprima è ravvisabile una persistenza dei tratti del pellegrinaggio religioso, ovvero sacralità del luogo, ritualità e simbolizzazioni indebitate con l’immaginario sacro (Vittorini); in seguito è evidente una graduale perdita della sacralità, pur permanendo un investimento simbolico nel recupero memoriale-identitario (Morante); infine si osserva l’assenza di ogni tratto sacrale-rituale (Celati). In tutti e tre i casi il recupero è mancato: perché non la discesa alle madri ma la risalita all’azione storica è la soluzione alla crisi individuale e collettiva (Vittorini); perché il paradiso non è mai esistito, il male è nella Genesi (Morante); perché ogni viaggio è una deriva, i luoghi sono svaniti (Celati). Al centro del recupero fallito, o della mancata nascita/rinascita, sta comunque l’orizzonte del materno. Se il viaggio archetipico procede da un allontanamento dalla madre, in questo studio si riflette sul fatto che il pellegrinaggio al luogo materno origina da un allontanamento incompiuto e si conclude con l’allontanamento definitivo: così certamente in Vittorini (per il superamento del legame originario) e Morante (per la permanente definitiva insanabilità della mancanza), forse anche in Celati (per l’avvertenza dello svanimento, per cui l’oblio dell’origine riguarderebbe principalmente non un discorso sulla madre ma sul passato). L’argomento sopra esposto viene sviluppato in quattro capitoli, dei quali: 1) il primo presenta l’argomento, la sua derivazione dal topos, la sua connessione con l’immaginario del viaggio e del luogo; i successivi sono una lettura ravvicinata delle opere sopra citate: 2) connettendo il viaggio memoriale all’immaginario ferroviario e al viaggio iniziatico (Vittorini); 3) indicando nel viaggio-pellegrinaggio le forti risonanze mitologiche, in particolare dei miti edenico, apocalittico, ulissiaco, orfico, medeico (Morante); 4) mostrando come il camminare come pratica dei luoghi configuri un’allegoria della scrittura e connetta la scrittura all’osservazione (Celati).
Tornare alla casa della madre
Massimo Schilirò
2019-01-01
Abstract
Lo studio che proponiamo mira a indagare una variante del topos del pellegrinaggio sentimentale: il pellegrinaggio al luogo materno. A questo scopo si propone l’analisi di tre opere della letteratura italiana contemporanea che ne esibiscono tre configurazioni diversamente articolate: Vittorini, Conversazione in Sicilia; Morante, Aracoeli; Celati, Verso la foce. Tutte e tre mettono in racconto un tentativo di superamento di una crisi individuale/collettiva attraverso il viaggio a un luogo pregnante connesso all’origine. Conversazione in Sicilia e Aracoeli, e in un senso meno immediato anche Verso la foce, sembrano recare traccia della persistenza del vincolo con l’origine, ma nel contempo queste tre opere sono racconti della cesura del legame e quindi della separazione dal luogo originario-materno. In questo modo le tre storie studiate in questo volume sono accomunate dalla funzione che si riconosce al mito, di narrare una seconda venuta al mondo, una ri-nascita: Vittorini narra in Conversazione in Sicilia la necessaria separazione perché il senso possa essere ri-generato; Morante denuncia in Aracoeli l’impossibilità della ri-generazione del senso dopo la separazione edenica; Celati inscena l’assenza della madre, al cui luogo non è nemmeno possibile l’accesso, luogo perduto/introvabile, ma forse re-incanta l’origine nella scena finale di Verso la foce. Il corpus scelto mostra una regressione crescente della figura del pellegrinaggio sentimentale nella letteratura italiana del Novecento. Se dapprima è ravvisabile una persistenza dei tratti del pellegrinaggio religioso, ovvero sacralità del luogo, ritualità e simbolizzazioni indebitate con l’immaginario sacro (Vittorini); in seguito è evidente una graduale perdita della sacralità, pur permanendo un investimento simbolico nel recupero memoriale-identitario (Morante); infine si osserva l’assenza di ogni tratto sacrale-rituale (Celati). In tutti e tre i casi il recupero è mancato: perché non la discesa alle madri ma la risalita all’azione storica è la soluzione alla crisi individuale e collettiva (Vittorini); perché il paradiso non è mai esistito, il male è nella Genesi (Morante); perché ogni viaggio è una deriva, i luoghi sono svaniti (Celati). Al centro del recupero fallito, o della mancata nascita/rinascita, sta comunque l’orizzonte del materno. Se il viaggio archetipico procede da un allontanamento dalla madre, in questo studio si riflette sul fatto che il pellegrinaggio al luogo materno origina da un allontanamento incompiuto e si conclude con l’allontanamento definitivo: così certamente in Vittorini (per il superamento del legame originario) e Morante (per la permanente definitiva insanabilità della mancanza), forse anche in Celati (per l’avvertenza dello svanimento, per cui l’oblio dell’origine riguarderebbe principalmente non un discorso sulla madre ma sul passato). L’argomento sopra esposto viene sviluppato in quattro capitoli, dei quali: 1) il primo presenta l’argomento, la sua derivazione dal topos, la sua connessione con l’immaginario del viaggio e del luogo; i successivi sono una lettura ravvicinata delle opere sopra citate: 2) connettendo il viaggio memoriale all’immaginario ferroviario e al viaggio iniziatico (Vittorini); 3) indicando nel viaggio-pellegrinaggio le forti risonanze mitologiche, in particolare dei miti edenico, apocalittico, ulissiaco, orfico, medeico (Morante); 4) mostrando come il camminare come pratica dei luoghi configuri un’allegoria della scrittura e connetta la scrittura all’osservazione (Celati).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.