Abstract Il viaggiatore moderno che giunge a Siracusa è attratto da due opposti poli del suo ricco patrimonio culturale: l’antico e il moderno ovvero la grecità e il barocco, che hanno lasciato un segno forte, assai caratterizzante nella cultura e nell’architettura della città. Il turista-viaggiatore di oggi non ha consapevolezza, né l’aveva il viaggiatore del Grand Tour, che esiste tuttavia come “una terra di mezzo” un pezzo consistente di città medievale e tardo-medievale in cui si rispecchiano gli usi, le tradizioni, lo stile architettonico e d’arte dell’antica corona d’Aragona, cui appartenne il regno di Sicilia. E’ la città dei catalani nell’età delle regine che si impone in particolare negli anni tra il 1420 e il 1536, in cui Siracusa divenne capitale della Camera Reginale; anni in cui il porto di Siracusa, come quelli di Palermo e Messina, furono meta e approdo dei ricchi mercanti che dalla penisola iberica commerciavano con i siciliani, a loro volta in contatto con Barcellona e altre città della Spagna. Furono gli stessi ufficiali al servizio delle regine a importare gli usi architettonici che riproducono a Siracusa la chiarezza palaziale delle dimore spagnole di Barcellona, Lleida, Girona, Valencia o Centelles. In tutta quest’area fiorisce il “gotico mediterraneo” con i suoi ricami di pietra, le bifore e trifore che ingentiliscono le facciate dei palazzi, mentre altrove si impone la pura armonia del rinascimento italiano. Data la necessità di un confronto tra diverse aree geografiche e urbane, questo volume è un insieme di percorsi architettonici e d’arte attraverso la città dei catalani, col quale si vuole per la prima volta saldare quella parte rimasta in ombra della storia urbana con l’arte, nel periodo di transizione tra età tardo-medievale e rinascimentale. Si vuole al contempo valorizzarne i possibili itinerari, che rivelano la ricchezza dei rapporti non solo politici ma culturali e di scuola col mondo aragonese-catalano. Questa parte consistente di città è quasi del tutto da scoprire rispetto ai due grandi poli che attraggono maggiormente il viaggiatore, diviso tra la celebrata grandezza del mondo greco e del barocco. Una distanza che percepiamo forte anche negli studi e che spiega la mancata valorizzazione e tutela di un’edilizia, figlia di un periodo luminoso della storia della città, purtroppo in molti casi in uno stato di preoccupante degrado. Un’età rimasta ben riconoscibile nell’architettura e nell’arte nonostante i terremoti che hanno attraversato Siracusa. Una lacuna da colmare nella storia della città come palinsesto, in cui si sono sedimentate epoche e stili diversi capaci di dialogare tra loro. Lo studio di nuove fonti archivistiche tardo-medievali, dai riveli ai catasti storici agli archivi privati delle famiglie per quanto difficile e lacunoso, ha dato alcuni risultati di cui si dà conto nel volume. Nuovi elementi aiutano a comprendere meglio il ruolo del patriziato urbano e di corte, gli intrecci familiari che si impongono tra le parti e i mutamenti puntualmente registrati nell’edificato e nelle produzioni d’arte, di scuola anche locale. Riemergono alberi genealogici di importanti famiglie che narrano origini diverse. Emblematico è risultato il caso del palazzo della nobile famiglia Interlanti-Landolina-Pizzuti con la scoperta dell’Archivio privato, certo un modello per quell’epoca. Perdersi tra i vicoli di Ortigia e addentrarsi nei patii con scale “a cielo aperto” e loggiato di chiaro influsso catalano è un’esperienza unica. Da qui nasce l’auspicio a intraprendere nuovi percorsi e nuove letture del costruito capaci di imporre una salvaguardia finora del tutto carente, ma necessaria. L’antico sapere dei cantieri normanni e svevi si perpetua nella civiltà della pietra tagliata in piccole pezzature che caratterizza i paramenti murari di luminoso calcare. Così pure si perpetuano i preziosi intagli architettonici e gli ampi portali cordonati con i conci disposti a raggiera che troviamo analoghi a Palermo come a Trapani, a Sciacca, a Taormina o a Malta e in tutta l’area del Mediterraneo. Cogliere il segno degli innesti tra architettura tardo medievale e barocca è comprendere l’unicità di Siracusa e dei suoi valori urbani. Prendere inoltre coscienza dell’apporto delle arti, come propone nel suo saggio Simona Gatto, equivale a riconoscere i segni del rinascimento, la cui presenza nonostante l’impronta iberica salda l’ambiente culturale della Sicilia all’Italia.

Itinerari d'architettura e d'arte nell'antica corona d'Aragona. Siracusa tra '400 e '500

Trigilia, Lucia;Gatto, Simona
2019-01-01

Abstract

Abstract Il viaggiatore moderno che giunge a Siracusa è attratto da due opposti poli del suo ricco patrimonio culturale: l’antico e il moderno ovvero la grecità e il barocco, che hanno lasciato un segno forte, assai caratterizzante nella cultura e nell’architettura della città. Il turista-viaggiatore di oggi non ha consapevolezza, né l’aveva il viaggiatore del Grand Tour, che esiste tuttavia come “una terra di mezzo” un pezzo consistente di città medievale e tardo-medievale in cui si rispecchiano gli usi, le tradizioni, lo stile architettonico e d’arte dell’antica corona d’Aragona, cui appartenne il regno di Sicilia. E’ la città dei catalani nell’età delle regine che si impone in particolare negli anni tra il 1420 e il 1536, in cui Siracusa divenne capitale della Camera Reginale; anni in cui il porto di Siracusa, come quelli di Palermo e Messina, furono meta e approdo dei ricchi mercanti che dalla penisola iberica commerciavano con i siciliani, a loro volta in contatto con Barcellona e altre città della Spagna. Furono gli stessi ufficiali al servizio delle regine a importare gli usi architettonici che riproducono a Siracusa la chiarezza palaziale delle dimore spagnole di Barcellona, Lleida, Girona, Valencia o Centelles. In tutta quest’area fiorisce il “gotico mediterraneo” con i suoi ricami di pietra, le bifore e trifore che ingentiliscono le facciate dei palazzi, mentre altrove si impone la pura armonia del rinascimento italiano. Data la necessità di un confronto tra diverse aree geografiche e urbane, questo volume è un insieme di percorsi architettonici e d’arte attraverso la città dei catalani, col quale si vuole per la prima volta saldare quella parte rimasta in ombra della storia urbana con l’arte, nel periodo di transizione tra età tardo-medievale e rinascimentale. Si vuole al contempo valorizzarne i possibili itinerari, che rivelano la ricchezza dei rapporti non solo politici ma culturali e di scuola col mondo aragonese-catalano. Questa parte consistente di città è quasi del tutto da scoprire rispetto ai due grandi poli che attraggono maggiormente il viaggiatore, diviso tra la celebrata grandezza del mondo greco e del barocco. Una distanza che percepiamo forte anche negli studi e che spiega la mancata valorizzazione e tutela di un’edilizia, figlia di un periodo luminoso della storia della città, purtroppo in molti casi in uno stato di preoccupante degrado. Un’età rimasta ben riconoscibile nell’architettura e nell’arte nonostante i terremoti che hanno attraversato Siracusa. Una lacuna da colmare nella storia della città come palinsesto, in cui si sono sedimentate epoche e stili diversi capaci di dialogare tra loro. Lo studio di nuove fonti archivistiche tardo-medievali, dai riveli ai catasti storici agli archivi privati delle famiglie per quanto difficile e lacunoso, ha dato alcuni risultati di cui si dà conto nel volume. Nuovi elementi aiutano a comprendere meglio il ruolo del patriziato urbano e di corte, gli intrecci familiari che si impongono tra le parti e i mutamenti puntualmente registrati nell’edificato e nelle produzioni d’arte, di scuola anche locale. Riemergono alberi genealogici di importanti famiglie che narrano origini diverse. Emblematico è risultato il caso del palazzo della nobile famiglia Interlanti-Landolina-Pizzuti con la scoperta dell’Archivio privato, certo un modello per quell’epoca. Perdersi tra i vicoli di Ortigia e addentrarsi nei patii con scale “a cielo aperto” e loggiato di chiaro influsso catalano è un’esperienza unica. Da qui nasce l’auspicio a intraprendere nuovi percorsi e nuove letture del costruito capaci di imporre una salvaguardia finora del tutto carente, ma necessaria. L’antico sapere dei cantieri normanni e svevi si perpetua nella civiltà della pietra tagliata in piccole pezzature che caratterizza i paramenti murari di luminoso calcare. Così pure si perpetuano i preziosi intagli architettonici e gli ampi portali cordonati con i conci disposti a raggiera che troviamo analoghi a Palermo come a Trapani, a Sciacca, a Taormina o a Malta e in tutta l’area del Mediterraneo. Cogliere il segno degli innesti tra architettura tardo medievale e barocca è comprendere l’unicità di Siracusa e dei suoi valori urbani. Prendere inoltre coscienza dell’apporto delle arti, come propone nel suo saggio Simona Gatto, equivale a riconoscere i segni del rinascimento, la cui presenza nonostante l’impronta iberica salda l’ambiente culturale della Sicilia all’Italia.
2019
9788862423786
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/371082
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