La seconda ricostruzione in Francia è figlia di una riflessione che affonda le proprie radici nella prima. Come avvenuto durante il precedente conflitto, i primi programmi per la ricostruzione cominciano ad essere approntati già all’indomani dell’armistizio firmato il 22 giugno 1940. Questa prima fase di riflessione, tuttavia, non riesce a produrre esiti significativi sul piano operativo tanto per via delle difficoltà intrinseche del mettere in atto gli interventi mentre la guerra è in corso, quanto per le ovvie restrizioni imposte dalle forze di occupazione. Nel dopoguerra, tanto l’esempio della prima ricostruzione, quanto la ricostruzione di carta pensata sotto il governo di Vichy vengono ritenuti timidi e comunque inadeguati alle aspettative di modernizzazione di impianti e tessuti urbani. Ciò nonostante, l’impianto amministrativo e legislativo disegnato all’indomani della liberazione attinge largamente dalle esperienze precedenti, mentre la vastità delle distruzioni permette di vincere le ultime resistenze al cambiamento e di varare il progetto di una ricostruzione a forte regia pubblica. Contrassegnata, al pari delle precedenti stagioni, dalla volontà di legislatori e pianificatori di utilizzare la ricostruzione come occasione per il rinnovamento delle città, la pianificazione postbellica dispiega una strumentazione concettuale e operativa che – al di là delle apparenti divergenze – accomuna i piani più innovativi a quelli di ispirazione più tradizionalista. L’esame delle proposte e del dibattito che accompagna le realizzazioni permette di mettere in luce la condivisione di metodi e dispositivi di intervento e fa emergere il processo di adeguamento delle città storiche ai nuovi modelli urbani richiesti dalla modernità.

I modelli della ricostruzione e il destino delle città storiche in Francia dopo la Seconda Guerra Mondiale

Vitale, Maria Rosaria
2020-01-01

Abstract

La seconda ricostruzione in Francia è figlia di una riflessione che affonda le proprie radici nella prima. Come avvenuto durante il precedente conflitto, i primi programmi per la ricostruzione cominciano ad essere approntati già all’indomani dell’armistizio firmato il 22 giugno 1940. Questa prima fase di riflessione, tuttavia, non riesce a produrre esiti significativi sul piano operativo tanto per via delle difficoltà intrinseche del mettere in atto gli interventi mentre la guerra è in corso, quanto per le ovvie restrizioni imposte dalle forze di occupazione. Nel dopoguerra, tanto l’esempio della prima ricostruzione, quanto la ricostruzione di carta pensata sotto il governo di Vichy vengono ritenuti timidi e comunque inadeguati alle aspettative di modernizzazione di impianti e tessuti urbani. Ciò nonostante, l’impianto amministrativo e legislativo disegnato all’indomani della liberazione attinge largamente dalle esperienze precedenti, mentre la vastità delle distruzioni permette di vincere le ultime resistenze al cambiamento e di varare il progetto di una ricostruzione a forte regia pubblica. Contrassegnata, al pari delle precedenti stagioni, dalla volontà di legislatori e pianificatori di utilizzare la ricostruzione come occasione per il rinnovamento delle città, la pianificazione postbellica dispiega una strumentazione concettuale e operativa che – al di là delle apparenti divergenze – accomuna i piani più innovativi a quelli di ispirazione più tradizionalista. L’esame delle proposte e del dibattito che accompagna le realizzazioni permette di mettere in luce la condivisione di metodi e dispositivi di intervento e fa emergere il processo di adeguamento delle città storiche ai nuovi modelli urbani richiesti dalla modernità.
2020
978-88-5491-051-5
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