Nel saggio si affronta il tema della problematica incidenza dell’incertezza scientifica sul perimetro della colpa penale del datore di lavoro con specifico riferimento all’emergenza pandemica da Covid-19, articolando la trattazione nei seguenti principali snodi argomentativi. Anzitutto si procede alla ricostruzione dello status quo del dibattito, considerando un duplice ordine di questioni: da un canto, l’insorgenza, a seguito dello scoppio della pandemia, dell’obbligo del datore di lavoro di aggiornamento della valutazione dei rischi e, correlativamente, di rielaborazione del cd. DVR (il documento di valutazione dei rischi), in applicazione della disciplina generale di cui al Titolo I del cd. TUSL (Testo Unico della salute e sicurezza sul lavoro); dall’altro, la rilevanza nel contesto pandemico delle disposizioni di cui al Titolo X del TUSL, riservate espressamente al tema della tutela dei lavoratori dall’«esposizione ad agenti biologici». Nel secondo capitolo si prende posizione rispetto a tale dibattito, sostenendo in particolare con riferimento ai due profili suddetti quanto segue: in relazione alla prima questione di ordine generale, viene accolta la posizione maggioritaria secondo cui il datore di lavoro, a prescindere dal comparto di riferimento, è tenuto a valutare il rischio di contagio da Covid-19 nella propria azienda nonché ad aggiornare correlativamente il DVR; su questa base si sostiene altresì che la responsabilità penale del datore di lavoro, a prescindere dal comparto di riferimento, deve essere inquadrata nel Titolo X del TUSL di cui viene prospettata l’opportunità di un’applicazione “a geometria variabile”, nella misura in cui per un verso in tutti gli ambienti di lavoro insorge in capo al datore di lavoro l’obbligo di tutelare la salute dei propri lavoratori dal nuovo agente biologico di natura patogena, ma per altro verso lo standard di diligenza va calibrato sulla base della tipologia d’impresa che di volta in volta viene in rilievo, atteso che le imprese tipicamente chiamate a fronteggiare il rischio biologico come rischio professionale, quali sono quelle del comparto sanitario, sono tenute a dispiegare un bagaglio di conoscenze, competenze e mezzi che verosimilmente non si può pretendere dalle imprese estranee a tale comparto. Nel terzo capitolo si focalizza una novità di grande rilievo, ossia la circostanza che l’ordinamento giuridico, per fare fronte all’eccezionalità dell’emergenza pandemica, si è attrezzato in modo da non fare gravare esclusivamente sul datore di lavoro le attività di risk assessment e management, promuovendo l’elaborazione dei c.d. protocolli condivisi, siglati dal Governo e dalle Parti sociali nonché recepiti dal Parlamento, i quali contengono le misure di precauzione da implementare nei luoghi di lavoro al fine di contrastare la diffusione del contagio. Nel quarto capitolo si effettua una riconsiderazione critica dello strumento dei protocolli condivisi, evidenziando la valenza nevralgica che essi hanno assunto quale strumento mediante cui l’ordinamento giuridico coadiuva strutturalmente il datore di lavoro nella predisposizione del DVR, orientandolo su come adattare i precetti contemplati nel Titolo X del TUSL al rischio di contagio da Covid-19; e in questa logica si procede ad una disamina dell’incidenza dei protocolli in questione sul versante della colpa penale, riflettendo analiticamente sui profili di responsabilità, per la condotta e per l’evento, che possono scaturire dalla loro violazione.

La tutela penale della salute e sicurezza sul lavoro al tempo del Covid-19

Amalia Orsina
2022-01-01

Abstract

Nel saggio si affronta il tema della problematica incidenza dell’incertezza scientifica sul perimetro della colpa penale del datore di lavoro con specifico riferimento all’emergenza pandemica da Covid-19, articolando la trattazione nei seguenti principali snodi argomentativi. Anzitutto si procede alla ricostruzione dello status quo del dibattito, considerando un duplice ordine di questioni: da un canto, l’insorgenza, a seguito dello scoppio della pandemia, dell’obbligo del datore di lavoro di aggiornamento della valutazione dei rischi e, correlativamente, di rielaborazione del cd. DVR (il documento di valutazione dei rischi), in applicazione della disciplina generale di cui al Titolo I del cd. TUSL (Testo Unico della salute e sicurezza sul lavoro); dall’altro, la rilevanza nel contesto pandemico delle disposizioni di cui al Titolo X del TUSL, riservate espressamente al tema della tutela dei lavoratori dall’«esposizione ad agenti biologici». Nel secondo capitolo si prende posizione rispetto a tale dibattito, sostenendo in particolare con riferimento ai due profili suddetti quanto segue: in relazione alla prima questione di ordine generale, viene accolta la posizione maggioritaria secondo cui il datore di lavoro, a prescindere dal comparto di riferimento, è tenuto a valutare il rischio di contagio da Covid-19 nella propria azienda nonché ad aggiornare correlativamente il DVR; su questa base si sostiene altresì che la responsabilità penale del datore di lavoro, a prescindere dal comparto di riferimento, deve essere inquadrata nel Titolo X del TUSL di cui viene prospettata l’opportunità di un’applicazione “a geometria variabile”, nella misura in cui per un verso in tutti gli ambienti di lavoro insorge in capo al datore di lavoro l’obbligo di tutelare la salute dei propri lavoratori dal nuovo agente biologico di natura patogena, ma per altro verso lo standard di diligenza va calibrato sulla base della tipologia d’impresa che di volta in volta viene in rilievo, atteso che le imprese tipicamente chiamate a fronteggiare il rischio biologico come rischio professionale, quali sono quelle del comparto sanitario, sono tenute a dispiegare un bagaglio di conoscenze, competenze e mezzi che verosimilmente non si può pretendere dalle imprese estranee a tale comparto. Nel terzo capitolo si focalizza una novità di grande rilievo, ossia la circostanza che l’ordinamento giuridico, per fare fronte all’eccezionalità dell’emergenza pandemica, si è attrezzato in modo da non fare gravare esclusivamente sul datore di lavoro le attività di risk assessment e management, promuovendo l’elaborazione dei c.d. protocolli condivisi, siglati dal Governo e dalle Parti sociali nonché recepiti dal Parlamento, i quali contengono le misure di precauzione da implementare nei luoghi di lavoro al fine di contrastare la diffusione del contagio. Nel quarto capitolo si effettua una riconsiderazione critica dello strumento dei protocolli condivisi, evidenziando la valenza nevralgica che essi hanno assunto quale strumento mediante cui l’ordinamento giuridico coadiuva strutturalmente il datore di lavoro nella predisposizione del DVR, orientandolo su come adattare i precetti contemplati nel Titolo X del TUSL al rischio di contagio da Covid-19; e in questa logica si procede ad una disamina dell’incidenza dei protocolli in questione sul versante della colpa penale, riflettendo analiticamente sui profili di responsabilità, per la condotta e per l’evento, che possono scaturire dalla loro violazione.
2022
978-88-921-4554-2
978-88-921-7737-6
colpa penale, salute e sicurezza sul lavoro, Covid-19
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/543298
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