La pubblicazione sviluppa un ragionamento sulla dialettica tra interpretazione critica e restauro di un monumento, che non può mai prescindere dalla valutazione di ciò che era l’originale presunto. Le architetture del passato giungono a noi in quanto materia, supporto di un’immagine la cui unità potenziale può essere ricostruita sulla base della frammentarietà degli elementi pervenuti. Tuttavia, il rapporto tra forma ed interpretazione, se non criticamente controllato, può indurre a inganno e inficiare la liceità degli interventi restaurativi. L’articolo parte da un caso specifico, ovvero il borgo medievale di Marignane (Francia) i cui lavori di demolizione furono bloccati dopo aver rinvenuto le tracce di una complessa stratificazione, e si sviluppa attraverso tre esempi cui corrispondono altrettante possibilità di relazione fra le impronte del passato e l’interpretazione dell’originale ipotetico: il Discobolo di Mirone, che interessa la pura forma; il restauro di Notre Dame a Parigi, eseguito da Viollet-Le-Duc dal 1844, che attiene alla relazione tra la figura e lo sfondo; infine, la Villa Romana del Casale di Piazza Armerina, la cui condizione frammentaria permette ugualmente di conoscere la quasi totalità dell’edificio. La preesistenza del dato impresso è l’importante sigillo che, se riconosciuto, permette di riportare alla memoria l’oggetto stesso anche nelle parti mancanti, laddove l’interpretazione è stata in grado di fondarsi su dati certi. E’ evidente come le impronte della matrice perduta costituiscano potenzialmente un nuovo originale, generando altri significati e funzioni grazie al lavoro critico dell’architetto restauratore.

Interpretare per conservare: la forma della memoria

GALLOTTA, EMANUELE
2014-01-01

Abstract

La pubblicazione sviluppa un ragionamento sulla dialettica tra interpretazione critica e restauro di un monumento, che non può mai prescindere dalla valutazione di ciò che era l’originale presunto. Le architetture del passato giungono a noi in quanto materia, supporto di un’immagine la cui unità potenziale può essere ricostruita sulla base della frammentarietà degli elementi pervenuti. Tuttavia, il rapporto tra forma ed interpretazione, se non criticamente controllato, può indurre a inganno e inficiare la liceità degli interventi restaurativi. L’articolo parte da un caso specifico, ovvero il borgo medievale di Marignane (Francia) i cui lavori di demolizione furono bloccati dopo aver rinvenuto le tracce di una complessa stratificazione, e si sviluppa attraverso tre esempi cui corrispondono altrettante possibilità di relazione fra le impronte del passato e l’interpretazione dell’originale ipotetico: il Discobolo di Mirone, che interessa la pura forma; il restauro di Notre Dame a Parigi, eseguito da Viollet-Le-Duc dal 1844, che attiene alla relazione tra la figura e lo sfondo; infine, la Villa Romana del Casale di Piazza Armerina, la cui condizione frammentaria permette ugualmente di conoscere la quasi totalità dell’edificio. La preesistenza del dato impresso è l’importante sigillo che, se riconosciuto, permette di riportare alla memoria l’oggetto stesso anche nelle parti mancanti, laddove l’interpretazione è stata in grado di fondarsi su dati certi. E’ evidente come le impronte della matrice perduta costituiscano potenzialmente un nuovo originale, generando altri significati e funzioni grazie al lavoro critico dell’architetto restauratore.
2014
978-88-904585-8-3
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/556273
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