Different neurobiological and clinical links exist between depression and Alzheimer’s disease (AD), among which neuroinflammation, oxidative stress and an impairment of the neurotrophin Transforming growth factor beta 1 (TGF-β1) exert a key role especially in the pathophysiology of cognitive deficits associated to these diseases. Second-generation antidepressants, in particular selective serotonin reuptake inhibitors (SSRIs), are currently studied for their neuroprotective activity in AD. We identified in our non Tg-animal model of AD, obtained by i.c.v. injection of Aβ oligomers in mice, a selective impairment of hippocampal TGF-β1 signaling paralleling with a depressive-like phenotype and memory impairment. Interestingly, the chronic treatment with the SSRI fluoxetine and the new multimodal antidepressant vortioxetine was able to reverse this phenotype by completely rescuing TGF-β1 levels. In addition, in our animal model of amyloid-related depression we demonstrated that oxidative stress took place as a consequence of pro-oxidant enzymes activation induced by Aβ in the hippocampus, a brain area strongly affected both in depression and AD and one of the neurobiological links between these two diseases. Moreover, the antidepressant chronic treatment was able to prevent the pro-oxidant enzymes over-expression induced Aβ oligomers. In order to identify drugs able to prevent Aβ-induced toxicity by rescue of TGF-β1, we adopted an experimental in vitro model of Aβ-induced neuroinflammation where BV-2 microglial cells were challenged with Aβ oligomers. We found that a natural dipeptide carnosine was able, in this experimental model, to decrease the secretion of pro-inflammatory cytokines and simultaneously increasing the synthesis and the release of TGF-β1. Interestingly, the ability of SB431542, a selective inhibitor of the type-1 TGF-β1 receptor, to completely prevent the effects of carnosine in mixed neuronal cultures treated with Aβ oligomers suggests that TGF-β1 release and activation of Smad-dependent signaling is essential in mediating the neuroprotective efficacy of carnosine against Aβ-induced neurodegeneration. To study whether a deficit of TGF-β1 occurs also in a validated animal model of neuropathic pain, a central nervous system (CNS) disorder closely correlated in terms of comorbidity with depression, we used an established animal model of neuropathic pain obtained by chronic constriction injury (CCI) of sciatic nerve and we demonstrated a significant decrease of active TGF-β1 and of its type II receptor (TGFβ-R2) levels in the spinal cord of rats as well as a selective deficit of TGF-β1 expression in microglial cells. The chronic treatment with LP2, a dual-target MOPr/DOPr agonist, was able to reduce CCI-induced mechanical allodynia by rescue of TGF-β1 and TGFβ-R2 levels suggesting that the rescue of TGF-β1 signalling by LP2 could be mediated by DOPr activation in spinal microglia. Finally, we moved from rodent to humans, to validate the role of TGF-β1 signaling as a novel pharmacological target for the treatment of cognitive disorders, exploring the hypothesis that a deficit of TGF-β1 could represent a biomarker of cognitive decline in neuropsychiatric disorders characterized by an increased risk to develop AD such as Down Syndrome (DS) patients. We observed a significant decrease of TGF-β1 plasma levels in DS patients compared to age- and sex- matched healthy subjects and this deficit was correlated with global cognitive function evaluated by Test of Severe Impairment (TSI). The levels of TGF-β1 were significantly reduced also in young DS patients without AD suggesting that the deficit of TGF-β1 is an early and long-lasting event in the pathophysiology of cognitive decline in DS. In conclusion, overall the data presented in this PhD thesis suggest that TGF-β1 signaling pathway might represent a new pharmacological target for the treatment of cognitive deficits from depression to AD.

Diversi legami neurobiologici e clinici esistono tra la depressione e la malattia di Alzheimer (AD), tra cui la neuroinfiammazione, lo stress ossidativo e una compromissione della neurotrofina TGF-β1 esercita un ruolo chiave soprattutto nella fisiopatologia dei deficit cognitivi associati a queste malattie. Gli antidepressivi di seconda generazione, in particolare gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), sono attualmente studiati per la loro attività neuroprotettiva nell'AD. Abbiamo identificato nel nostro modello animale non transgenico di AD, ottenuto mediante iniezione intracerebroventricolare (i.c.v) di oligomeri Aβ nei topi, una compromissione significativa della via di segnalazione del TGF-β1 a livello ippocampale in parallelo ad un fenotipo depressivo e una compromissione della memoria. È interessante notare che il trattamento cronico con un SSRI fluoxetina e con la vortioxetina, un antidepressivo di terza generazione con meccanismo d'azione multimodale è stato in grado di revertire questo fenotipo ripristinando completamente i livelli di TGF-β1. Inoltre, nel nostro modello animale di depressione correlata all'amiloide abbiamo dimostrato che lo stress ossidativo si verificava come conseguenza dell'attivazione degli enzimi pro-ossidanti indotta da Aβ nell'ippocampo, un'area cerebrale fortemente coinvolta sia nella depressione che nell'AD. Inoltre, il trattamento cronico con gli antidepressivi è stato in grado di prevenire la sovraespressione degli enzimi pro-ossidanti indotta dagli oligomeri di Aβ. Al fine di identificare farmaci in grado di prevenire la tossicità indotta da Aβ mediante il rescue del TGF-β1, abbiamo adottato un modello sperimentale in vitro di neuroinfiammazione indotta da Aβ in cui le cellule microgliali BV-2 sono state trattate con oligomeri Aβ. Abbiamo dimostrato che la carnosina, un dipeptide naturale, è stato in grado in questo modello sperimentale, di diminuire la secrezione di citochine pro-infiammatorie e contemporaneamente aumentare la sintesi e il rilascio di TGF-β1. È interessante notare che la capacità di SB431542, un inibitore selettivo del recettore di tipo 1 del TGF-β1, di prevenire completamente gli effetti della carnosina in colture neuronali miste trattate con oligomeri Aβ suggerisce che il rilascio di TGF-β1 e l'attivazione della via di segnalazione Smad-dipendente è essenziale nel mediare l'efficacia neuroprotettiva della carnosina contro la neurodegenerazione indotta da Aβ. Per studiare se il deficit di TGF-β1 si verifica anche in un modello animale di dolore neuropatico, un disturbo del sistema nervoso centrale (SNC) strettamente correlato in termini di comorbidità con la depressione, abbiamo utilizzato un modello animale consolidato di dolore neuropatico ottenuto mediante costrizione cronica (CCI) del nervo sciatico e abbiamo dimostrato una significativa diminuzione dei livelli del TGF-β1 attivo e del suo recettore di tipo II (TGFβ-R2) nel midollo spinale dei ratti e un deficit selettivo dell'espressione del TGF-β1 nelle cellule microgliali. Il trattamento cronico con LP2, un agonista MOPr/DOPr, è stato in grado di ridurre l'allodinia meccanica indotta da CCI mediante il ripristino dei livelli di TGF-β1 e TGFβ-R2 a livello del midollo spinale suggerendo che il ripristino della via di segnalazione del TGF-β1 da parte di LP2 potrebbe essere mediato dall' attivazione dei recettori DOPr nella microglia. Infine, siamo passati dal roditore all'uomo, per validare il ruolo del TGF-β1 come nuovo bersaglio farmacologico per il trattamento dei disturbi cognitivi, valutando l'ipotesi che un deficit del TGF-β1 possa rappresentare un biomarcatore del declino cognitivo nei disturbi neuropsichiatrici caratterizzato da un aumentato rischio di sviluppare AD come i pazienti con sindrome di Down (DS). Abbiamo osservato una significativa diminuzione dei livelli plasmatici di TGF-β1 nei pazienti con DS rispetto a soggetti sani di pari età e sesso e questo deficit è stato correlato con la funzione cognitiva globale valutata dal Test of Severe Impairment (TSI). I livelli di TGF-β1 erano significativamente ridotti anche nei giovani pazienti con DS senza AD, suggerendo che il deficit di TGF-β1 è un evento precoce e di lunga durata nella fisiopatologia del declino cognitivo nella DS. In conclusione, nel complesso, i dati presentati in questa tesi di dottorato suggeriscono che la via di segnalazione del TGF-β1 potrebbe rappresentare un nuovo target farmacologico per il trattamento dei deficit cognitivi dalla depressione all'AD.

Il TGF-β1 come nuovo target farmacologico nella depressione e nella malattia di Alzheimer / Grasso, Margherita. - (2022 Apr 11).

Il TGF-β1 come nuovo target farmacologico nella depressione e nella malattia di Alzheimer

GRASSO, MARGHERITA
2022-04-11

Abstract

Different neurobiological and clinical links exist between depression and Alzheimer’s disease (AD), among which neuroinflammation, oxidative stress and an impairment of the neurotrophin Transforming growth factor beta 1 (TGF-β1) exert a key role especially in the pathophysiology of cognitive deficits associated to these diseases. Second-generation antidepressants, in particular selective serotonin reuptake inhibitors (SSRIs), are currently studied for their neuroprotective activity in AD. We identified in our non Tg-animal model of AD, obtained by i.c.v. injection of Aβ oligomers in mice, a selective impairment of hippocampal TGF-β1 signaling paralleling with a depressive-like phenotype and memory impairment. Interestingly, the chronic treatment with the SSRI fluoxetine and the new multimodal antidepressant vortioxetine was able to reverse this phenotype by completely rescuing TGF-β1 levels. In addition, in our animal model of amyloid-related depression we demonstrated that oxidative stress took place as a consequence of pro-oxidant enzymes activation induced by Aβ in the hippocampus, a brain area strongly affected both in depression and AD and one of the neurobiological links between these two diseases. Moreover, the antidepressant chronic treatment was able to prevent the pro-oxidant enzymes over-expression induced Aβ oligomers. In order to identify drugs able to prevent Aβ-induced toxicity by rescue of TGF-β1, we adopted an experimental in vitro model of Aβ-induced neuroinflammation where BV-2 microglial cells were challenged with Aβ oligomers. We found that a natural dipeptide carnosine was able, in this experimental model, to decrease the secretion of pro-inflammatory cytokines and simultaneously increasing the synthesis and the release of TGF-β1. Interestingly, the ability of SB431542, a selective inhibitor of the type-1 TGF-β1 receptor, to completely prevent the effects of carnosine in mixed neuronal cultures treated with Aβ oligomers suggests that TGF-β1 release and activation of Smad-dependent signaling is essential in mediating the neuroprotective efficacy of carnosine against Aβ-induced neurodegeneration. To study whether a deficit of TGF-β1 occurs also in a validated animal model of neuropathic pain, a central nervous system (CNS) disorder closely correlated in terms of comorbidity with depression, we used an established animal model of neuropathic pain obtained by chronic constriction injury (CCI) of sciatic nerve and we demonstrated a significant decrease of active TGF-β1 and of its type II receptor (TGFβ-R2) levels in the spinal cord of rats as well as a selective deficit of TGF-β1 expression in microglial cells. The chronic treatment with LP2, a dual-target MOPr/DOPr agonist, was able to reduce CCI-induced mechanical allodynia by rescue of TGF-β1 and TGFβ-R2 levels suggesting that the rescue of TGF-β1 signalling by LP2 could be mediated by DOPr activation in spinal microglia. Finally, we moved from rodent to humans, to validate the role of TGF-β1 signaling as a novel pharmacological target for the treatment of cognitive disorders, exploring the hypothesis that a deficit of TGF-β1 could represent a biomarker of cognitive decline in neuropsychiatric disorders characterized by an increased risk to develop AD such as Down Syndrome (DS) patients. We observed a significant decrease of TGF-β1 plasma levels in DS patients compared to age- and sex- matched healthy subjects and this deficit was correlated with global cognitive function evaluated by Test of Severe Impairment (TSI). The levels of TGF-β1 were significantly reduced also in young DS patients without AD suggesting that the deficit of TGF-β1 is an early and long-lasting event in the pathophysiology of cognitive decline in DS. In conclusion, overall the data presented in this PhD thesis suggest that TGF-β1 signaling pathway might represent a new pharmacological target for the treatment of cognitive deficits from depression to AD.
11-apr-2022
Diversi legami neurobiologici e clinici esistono tra la depressione e la malattia di Alzheimer (AD), tra cui la neuroinfiammazione, lo stress ossidativo e una compromissione della neurotrofina TGF-β1 esercita un ruolo chiave soprattutto nella fisiopatologia dei deficit cognitivi associati a queste malattie. Gli antidepressivi di seconda generazione, in particolare gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), sono attualmente studiati per la loro attività neuroprotettiva nell'AD. Abbiamo identificato nel nostro modello animale non transgenico di AD, ottenuto mediante iniezione intracerebroventricolare (i.c.v) di oligomeri Aβ nei topi, una compromissione significativa della via di segnalazione del TGF-β1 a livello ippocampale in parallelo ad un fenotipo depressivo e una compromissione della memoria. È interessante notare che il trattamento cronico con un SSRI fluoxetina e con la vortioxetina, un antidepressivo di terza generazione con meccanismo d'azione multimodale è stato in grado di revertire questo fenotipo ripristinando completamente i livelli di TGF-β1. Inoltre, nel nostro modello animale di depressione correlata all'amiloide abbiamo dimostrato che lo stress ossidativo si verificava come conseguenza dell'attivazione degli enzimi pro-ossidanti indotta da Aβ nell'ippocampo, un'area cerebrale fortemente coinvolta sia nella depressione che nell'AD. Inoltre, il trattamento cronico con gli antidepressivi è stato in grado di prevenire la sovraespressione degli enzimi pro-ossidanti indotta dagli oligomeri di Aβ. Al fine di identificare farmaci in grado di prevenire la tossicità indotta da Aβ mediante il rescue del TGF-β1, abbiamo adottato un modello sperimentale in vitro di neuroinfiammazione indotta da Aβ in cui le cellule microgliali BV-2 sono state trattate con oligomeri Aβ. Abbiamo dimostrato che la carnosina, un dipeptide naturale, è stato in grado in questo modello sperimentale, di diminuire la secrezione di citochine pro-infiammatorie e contemporaneamente aumentare la sintesi e il rilascio di TGF-β1. È interessante notare che la capacità di SB431542, un inibitore selettivo del recettore di tipo 1 del TGF-β1, di prevenire completamente gli effetti della carnosina in colture neuronali miste trattate con oligomeri Aβ suggerisce che il rilascio di TGF-β1 e l'attivazione della via di segnalazione Smad-dipendente è essenziale nel mediare l'efficacia neuroprotettiva della carnosina contro la neurodegenerazione indotta da Aβ. Per studiare se il deficit di TGF-β1 si verifica anche in un modello animale di dolore neuropatico, un disturbo del sistema nervoso centrale (SNC) strettamente correlato in termini di comorbidità con la depressione, abbiamo utilizzato un modello animale consolidato di dolore neuropatico ottenuto mediante costrizione cronica (CCI) del nervo sciatico e abbiamo dimostrato una significativa diminuzione dei livelli del TGF-β1 attivo e del suo recettore di tipo II (TGFβ-R2) nel midollo spinale dei ratti e un deficit selettivo dell'espressione del TGF-β1 nelle cellule microgliali. Il trattamento cronico con LP2, un agonista MOPr/DOPr, è stato in grado di ridurre l'allodinia meccanica indotta da CCI mediante il ripristino dei livelli di TGF-β1 e TGFβ-R2 a livello del midollo spinale suggerendo che il ripristino della via di segnalazione del TGF-β1 da parte di LP2 potrebbe essere mediato dall' attivazione dei recettori DOPr nella microglia. Infine, siamo passati dal roditore all'uomo, per validare il ruolo del TGF-β1 come nuovo bersaglio farmacologico per il trattamento dei disturbi cognitivi, valutando l'ipotesi che un deficit del TGF-β1 possa rappresentare un biomarcatore del declino cognitivo nei disturbi neuropsichiatrici caratterizzato da un aumentato rischio di sviluppare AD come i pazienti con sindrome di Down (DS). Abbiamo osservato una significativa diminuzione dei livelli plasmatici di TGF-β1 nei pazienti con DS rispetto a soggetti sani di pari età e sesso e questo deficit è stato correlato con la funzione cognitiva globale valutata dal Test of Severe Impairment (TSI). I livelli di TGF-β1 erano significativamente ridotti anche nei giovani pazienti con DS senza AD, suggerendo che il deficit di TGF-β1 è un evento precoce e di lunga durata nella fisiopatologia del declino cognitivo nella DS. In conclusione, nel complesso, i dati presentati in questa tesi di dottorato suggeriscono che la via di segnalazione del TGF-β1 potrebbe rappresentare un nuovo target farmacologico per il trattamento dei deficit cognitivi dalla depressione all'AD.
Depression, Alzheimer's Disease, Transforming growth factor beta 1 (TGF-β1), Antidepressant drugs, Oxidative stress, Chronic pain, Carnosine
Depressione, Malattia di Alzheimer, TGF-β1, Farmaci antidepressivi, Stress ossidativo, Dolore cronico, Carnosina
Il TGF-β1 come nuovo target farmacologico nella depressione e nella malattia di Alzheimer / Grasso, Margherita. - (2022 Apr 11).
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