Nel sistema della responsabilità amministrativa da reato di cui al d.lgs. n. 231/2001 la colpa di organizzazione dell’ente ha rivelato nel tempo profili di congenita criticità sia sul versante della tipicità colposa che su quello della colpevolezza colposa. Muovendo da questo presupposto, al fine di rimediare alle distorsioni cui approda la categoria della colpa di organizzazione, mediante un iter argomentativo che si sviluppa sia de iure condito che de lege ferenda, si propone di valorizzare la dimensione della riorganizzazione post factum non semplicemente sul piano della punibilità ma ancora prima su quello della colpevolezza tramite un ripensamento dello statuto della responsabilità punitiva dell’ente in coerenza con la natura intrinsecamente dinamica del dovere di diligenza su di esso gravante. Nello specifico, facendo leva sul ruolo nevralgico ricoperto dal dovere di aggiornamento dei modelli organizzativi nel sistema 231, si elabora l’inedita categoria della colpa di reazione e se ne prospetta il coordinamento con la colpa di organizzazione avanzando la tesi secondo cui, ogniqualvolta la commissione del reato-presupposto fa emergere un difetto organizzativo che non si può imputare all’ente a titolo di colpa di organizzazione per difetto della misura oggettiva o soggettiva di questa forma di colpa, si deve escludere il rimprovero per la mancata prevenzione del reato ma contestualmente occorre fare slittare post factum l’oggetto del giudizio di responsabilità e chiamare l’ente a rispondere a titolo di colpa di reazione nel caso in cui esso non abbia provveduto a correggere la lacuna prevenzionistica emersa, la quale, anche se incolpevole, si deve sanare onde evitare la reiterazione dell’illecito individuale. Per effetto di questa proiezione in sede reattiva della responsabilità corporativa l’illecito dell’ente subisce una metamorfosi convertendosi da illecito di evento in illecito di rischio. Infatti, mentre nella logica della colpa di organizzazione interpretata secondo i canoni del crimen culposum in senso stretto l’ente viene chiamato a rispondere della mancata prevenzione dell’evento-reato causalmente riconducibile ad uno specifico difetto organizzativo, nella logica della colpa di reazione l’ente viene chiamato a rispondere di un’inadeguata gestione del rischio di reiterazione del reato-presupposto, atteso che, omettendo di aggiornare adeguatamente i propri modelli organizzativi dopo la commissione dell’illecito individuale, lascia inalterato lo stato di disorganizzazione che ha causato un primo episodio criminoso e che, se non sanato, potrebbe comportare la reiterazione del fatto. Un siffatto illecito di rischio di tipo reattivo è inquadrabile dogmaticamente secondo il paradigma del Pflichtdelikt, nella misura in cui l’illecito corporativo viene prospettato quale reato d’obbligo fondato su uno specifico dovere di fedeltà gravante sull’ente e avente ad oggetto non solo l’organizzazione ex ante in funzione della prevenzione dei rischi-reato ma anche la riorganizzazione ex post finalizzata a prevenirne la reiterazione. Mediante tale coordinamento tra la colpa di organizzazione collocata in una dimensione ex ante e la colpa di reazione dislocata nella dimensione ex post diviene possibile conseguire il duplice effetto positivo di salvaguardare la legittimità del sistema di responsabilità da reato dell’ente e rilanciarne al contempo la funzionalità. Infatti la suddetta concezione integrata della colpa corporativa, per un verso, consente di tutelare l’ente dagli eccessi punitivi cui si presta la colpa di organizzazione se assunta quale variante esclusiva della colpa corporativa; per altro verso, assicura che esso adempia il dovere di aggiornamento ponendo rimedio alla condizione di disorganizzazione emersa.
La responsabilità da reato dell'ente tra colpa di organizzazione e colpa di reazione
Amalia Orsina
2024-01-01
Abstract
Nel sistema della responsabilità amministrativa da reato di cui al d.lgs. n. 231/2001 la colpa di organizzazione dell’ente ha rivelato nel tempo profili di congenita criticità sia sul versante della tipicità colposa che su quello della colpevolezza colposa. Muovendo da questo presupposto, al fine di rimediare alle distorsioni cui approda la categoria della colpa di organizzazione, mediante un iter argomentativo che si sviluppa sia de iure condito che de lege ferenda, si propone di valorizzare la dimensione della riorganizzazione post factum non semplicemente sul piano della punibilità ma ancora prima su quello della colpevolezza tramite un ripensamento dello statuto della responsabilità punitiva dell’ente in coerenza con la natura intrinsecamente dinamica del dovere di diligenza su di esso gravante. Nello specifico, facendo leva sul ruolo nevralgico ricoperto dal dovere di aggiornamento dei modelli organizzativi nel sistema 231, si elabora l’inedita categoria della colpa di reazione e se ne prospetta il coordinamento con la colpa di organizzazione avanzando la tesi secondo cui, ogniqualvolta la commissione del reato-presupposto fa emergere un difetto organizzativo che non si può imputare all’ente a titolo di colpa di organizzazione per difetto della misura oggettiva o soggettiva di questa forma di colpa, si deve escludere il rimprovero per la mancata prevenzione del reato ma contestualmente occorre fare slittare post factum l’oggetto del giudizio di responsabilità e chiamare l’ente a rispondere a titolo di colpa di reazione nel caso in cui esso non abbia provveduto a correggere la lacuna prevenzionistica emersa, la quale, anche se incolpevole, si deve sanare onde evitare la reiterazione dell’illecito individuale. Per effetto di questa proiezione in sede reattiva della responsabilità corporativa l’illecito dell’ente subisce una metamorfosi convertendosi da illecito di evento in illecito di rischio. Infatti, mentre nella logica della colpa di organizzazione interpretata secondo i canoni del crimen culposum in senso stretto l’ente viene chiamato a rispondere della mancata prevenzione dell’evento-reato causalmente riconducibile ad uno specifico difetto organizzativo, nella logica della colpa di reazione l’ente viene chiamato a rispondere di un’inadeguata gestione del rischio di reiterazione del reato-presupposto, atteso che, omettendo di aggiornare adeguatamente i propri modelli organizzativi dopo la commissione dell’illecito individuale, lascia inalterato lo stato di disorganizzazione che ha causato un primo episodio criminoso e che, se non sanato, potrebbe comportare la reiterazione del fatto. Un siffatto illecito di rischio di tipo reattivo è inquadrabile dogmaticamente secondo il paradigma del Pflichtdelikt, nella misura in cui l’illecito corporativo viene prospettato quale reato d’obbligo fondato su uno specifico dovere di fedeltà gravante sull’ente e avente ad oggetto non solo l’organizzazione ex ante in funzione della prevenzione dei rischi-reato ma anche la riorganizzazione ex post finalizzata a prevenirne la reiterazione. Mediante tale coordinamento tra la colpa di organizzazione collocata in una dimensione ex ante e la colpa di reazione dislocata nella dimensione ex post diviene possibile conseguire il duplice effetto positivo di salvaguardare la legittimità del sistema di responsabilità da reato dell’ente e rilanciarne al contempo la funzionalità. Infatti la suddetta concezione integrata della colpa corporativa, per un verso, consente di tutelare l’ente dagli eccessi punitivi cui si presta la colpa di organizzazione se assunta quale variante esclusiva della colpa corporativa; per altro verso, assicura che esso adempia il dovere di aggiornamento ponendo rimedio alla condizione di disorganizzazione emersa.File | Dimensione | Formato | |
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