Quando l’Italia entra in guerra nel 1915, il tasso di analfabetismo è ancora altissimo. In Sicilia, una persona su due non sa leggere e scrivere. La popolazione parla quasi esclusivamente dialetto. Per affrontare il trauma dell’esperienza bellica e la lontananza dai propri affetti, l’intera popolazione si affida alla corrispondenza epistolare. Durante la Prima guerra mondiale vengono spedite quasi quattro miliardi di lettere e cartoline: le masse popolari si appropriano della pratica della scrittura e allo stesso tempo della lingua nazionale. In questo libro viene pubblicato l’epistolario Di Raimondo, una famiglia di contadini siciliani semi-analfabeti. I soldati al fronte e la famiglia a casa intessono una fitta corrispondenza durante la guerra (oltre duecento testi scritti da una quindicina di scriventi). Questo ricco materiale empirico permette un’analisi sociolinguistica approfondita dell’italiano popolare, vale a dire la varietà sociale dell’italiano scritta e parlata da chi ha scarsa istruzione e il dialetto come madrelingua. L’analisi dell’italiano popolare prende in considerazione innanzitutto la grafia (capitolo I), riflettendo in particolare sul fenomeno dell’ipercorrettismo e sull’emergere della competenza grafica e scritturale. Si analizza poi il lessico (capitolo II), esaminando i fenomeni di contatto tra italiano e dialetto, e descrivendo vari tipi di costruzioni e di processi di formazione di parola. Successivamente sono approfondite la morfologia e la sintassi (capitolo III), con particolare riferimento alla distinzione tra i meccanismi di interferenza e semplificazione. Infine, l’analisi di testualità e pragmatica (capitolo IV) permette di comprendere più a fondo l’epistolografia popolare, in particolare: la sua architettura testuale, il suo valore di azione sociale e comunicativa, e il suo profilo intermedio tra oralità e scrittura.

Una guerra con la lingua. L'italiano popolare in un epistolario siciliano (1915-1919)

Giulio Scivoletto
2024-01-01

Abstract

Quando l’Italia entra in guerra nel 1915, il tasso di analfabetismo è ancora altissimo. In Sicilia, una persona su due non sa leggere e scrivere. La popolazione parla quasi esclusivamente dialetto. Per affrontare il trauma dell’esperienza bellica e la lontananza dai propri affetti, l’intera popolazione si affida alla corrispondenza epistolare. Durante la Prima guerra mondiale vengono spedite quasi quattro miliardi di lettere e cartoline: le masse popolari si appropriano della pratica della scrittura e allo stesso tempo della lingua nazionale. In questo libro viene pubblicato l’epistolario Di Raimondo, una famiglia di contadini siciliani semi-analfabeti. I soldati al fronte e la famiglia a casa intessono una fitta corrispondenza durante la guerra (oltre duecento testi scritti da una quindicina di scriventi). Questo ricco materiale empirico permette un’analisi sociolinguistica approfondita dell’italiano popolare, vale a dire la varietà sociale dell’italiano scritta e parlata da chi ha scarsa istruzione e il dialetto come madrelingua. L’analisi dell’italiano popolare prende in considerazione innanzitutto la grafia (capitolo I), riflettendo in particolare sul fenomeno dell’ipercorrettismo e sull’emergere della competenza grafica e scritturale. Si analizza poi il lessico (capitolo II), esaminando i fenomeni di contatto tra italiano e dialetto, e descrivendo vari tipi di costruzioni e di processi di formazione di parola. Successivamente sono approfondite la morfologia e la sintassi (capitolo III), con particolare riferimento alla distinzione tra i meccanismi di interferenza e semplificazione. Infine, l’analisi di testualità e pragmatica (capitolo IV) permette di comprendere più a fondo l’epistolografia popolare, in particolare: la sua architettura testuale, il suo valore di azione sociale e comunicativa, e il suo profilo intermedio tra oralità e scrittura.
2024
979-12-80182-29-6
italiano popolare; lettere e cartoline; epistolografia; prima guerra mondiale; grande guerra
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/594589
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