L’articolo affronta l’opera di teatro musicale centrale nella produzione di Domenico Guaccero (1927-1984), esponente di spicco della neo-avanguardia musicale post-bellica italiana, attivo a Roma fina dagli anni Cinquanta. Scene del potere è il titolo di un progetto lungamente gestato (dall’inizio degli anni Sessanta fino al 1968, anno della sua controversa ed accidentata messa in scena nell’ultima edizione delle ‘Settimane di Nuova Musica’ di Palermo), nel quale Guaccero precipita non solo alcune tematiche ricorrenti nella sua produzione per le scene (il tema del ‘potere’, inteso non solo nella sua dimensione pubblica – politica, economica, scientifica – ma anche in quella individuale e interiore, il ‘potere di fare qualcosa’ e il controllo su se stessi quasi esoterico-iniziatico), ma pure linee di ricerca e rinnovamento condivise con molto teatro musicale sperimentale del periodo: 1) il prescindere da un libretto operistico tradizionalmente inteso, sia tutorialmente sia drammaturgicamente, per cui il testo è elaborato per collage di altri testi – anche documentari – dal compositore evitando una narrativa lineare; 2) il ripensare profondamente, e anti-convenzionalmente, lo spazio della drammaturgia, rivoluzionato rispetto alla ‘visione frontale’ tipica del teatro operistico sette-ottocentesco; 3) il colloquiare con coeve sperimentazioni operative in altre espressioni artistiche, massimamente quelle teatrali e plastico-figurative, coinvolgendone esponenti (in questo caso il pittore-scenografo Franco Nonnis) anche quale ulteriore antidoto, mediante il rilievo della componente figurativo-spaziale, alla concezione narrativa della pièce; 4) l’infondervi sperimentazioni dirette sul suono, derivate sia dalla tecnologia elettroacustica, sia dall’avanzamento sperimentale delle tecniche esecutive coltivato direttamente con alcuni musicisti elettivi.Centrale, nella stesura dell’opera, è stato perciò per Guaccero il rapporto di collaborazione con la cantante lirica giapponese Michiko Hirayama, performer già destinataria di brani sperimentali prima del 1968 e aperta – per vocazione e per provenienza culturale – a indagare una vocalità non tradizionalmente impostata. Significativa, nell’opera in questione, la ricerca non solo sulla vocalità, ma pure sul coinvolgimento corporeo dei performer, chiamati a una prova autenticamente attoriale; l’annotazione è storicamente rilevante, poiché si inserisce in una generale ripresa di centralità del ‘corpo agente’ del performer nella neo-avanguardia musicale dopo il 1960 (quando, in precedenza, il centro dell’indagne erano state le strutture sonore pure ed astratte dalla loro generazione fisico-gestuale) e in un interesse specifico di Guaccero per la nascita di un performer de-specializzato, con competenze plurime.

L'interno/esterno della voce: su Scene del potere di Domenico Guaccero

MASTROPIETRO, ALESSANDRO
2008-01-01

Abstract

L’articolo affronta l’opera di teatro musicale centrale nella produzione di Domenico Guaccero (1927-1984), esponente di spicco della neo-avanguardia musicale post-bellica italiana, attivo a Roma fina dagli anni Cinquanta. Scene del potere è il titolo di un progetto lungamente gestato (dall’inizio degli anni Sessanta fino al 1968, anno della sua controversa ed accidentata messa in scena nell’ultima edizione delle ‘Settimane di Nuova Musica’ di Palermo), nel quale Guaccero precipita non solo alcune tematiche ricorrenti nella sua produzione per le scene (il tema del ‘potere’, inteso non solo nella sua dimensione pubblica – politica, economica, scientifica – ma anche in quella individuale e interiore, il ‘potere di fare qualcosa’ e il controllo su se stessi quasi esoterico-iniziatico), ma pure linee di ricerca e rinnovamento condivise con molto teatro musicale sperimentale del periodo: 1) il prescindere da un libretto operistico tradizionalmente inteso, sia tutorialmente sia drammaturgicamente, per cui il testo è elaborato per collage di altri testi – anche documentari – dal compositore evitando una narrativa lineare; 2) il ripensare profondamente, e anti-convenzionalmente, lo spazio della drammaturgia, rivoluzionato rispetto alla ‘visione frontale’ tipica del teatro operistico sette-ottocentesco; 3) il colloquiare con coeve sperimentazioni operative in altre espressioni artistiche, massimamente quelle teatrali e plastico-figurative, coinvolgendone esponenti (in questo caso il pittore-scenografo Franco Nonnis) anche quale ulteriore antidoto, mediante il rilievo della componente figurativo-spaziale, alla concezione narrativa della pièce; 4) l’infondervi sperimentazioni dirette sul suono, derivate sia dalla tecnologia elettroacustica, sia dall’avanzamento sperimentale delle tecniche esecutive coltivato direttamente con alcuni musicisti elettivi.Centrale, nella stesura dell’opera, è stato perciò per Guaccero il rapporto di collaborazione con la cantante lirica giapponese Michiko Hirayama, performer già destinataria di brani sperimentali prima del 1968 e aperta – per vocazione e per provenienza culturale – a indagare una vocalità non tradizionalmente impostata. Significativa, nell’opera in questione, la ricerca non solo sulla vocalità, ma pure sul coinvolgimento corporeo dei performer, chiamati a una prova autenticamente attoriale; l’annotazione è storicamente rilevante, poiché si inserisce in una generale ripresa di centralità del ‘corpo agente’ del performer nella neo-avanguardia musicale dopo il 1960 (quando, in precedenza, il centro dell’indagne erano state le strutture sonore pure ed astratte dalla loro generazione fisico-gestuale) e in un interesse specifico di Guaccero per la nascita di un performer de-specializzato, con competenze plurime.
2008
9788854821033
Neoavanguardia, Sperimentazione, Teatro musicale, Interdisciplinarietà, Performance
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/95043
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