Il lavoro prende in esame i contenuti di carattere veterinario del carme amebeo 'De mortis boum' di Severo Santo Endelechio, retore attivo a Roma nel 395. Tale testo, che descrive un’epidemia di peste scatenatasi in tutte le sue forme più crudeli e terribili nel gregge del pastore Bucolo, si segnala per il recupero esauriente di numerosi riferimenti intertestuali relativi alla produzione letteraria classica, in particolare le Georgiche virgiliane e Lucrezio, reinseriti in un contesto cristiano: la pratica veterinaria non può nulla di fronte alla malattia in quanto solo l’intervento di Dio riesce a porvi fine. Sono esaminati anche, come nel caso del termine 'signa', alcuni aspetti tipici della semiologia veterinaria, per evidenziare i sintomi dell’epidemia nelle singole specie di bovini, in alcuni casi descritti dal poeta secondo i 'topoi' presenti nella trattatistica veterinaria antica, con cui egli condivide il bagaglio dei termini tecnici impiegati con significati metaforici concernenti la sfera religiosa. Ciò è tanto più degno di nota, perché l’argomento viene presentato da Endelechio non al fine di una documentazione scientifica, bensì con lo scopo di dimostrare l’eziologia divina della guarigione dalla malattia. Il contributo è contenuto nel volume di carattere internazionale degli Atti del II Convegno (Catania, 3-5 ottobre 2007) intitolato "La veterinaria antica e medievale. Testi greci, latini, arabi e romanzi", curato da Vincenzo Ortoleva e da Maria Rosaria Petringa, e inserito nella collana “Biblioteca di Sileno” (n. 2).

Il "De mortibus boum" di Endelechio

PETRINGA, MARIA ROSARIA
2009-01-01

Abstract

Il lavoro prende in esame i contenuti di carattere veterinario del carme amebeo 'De mortis boum' di Severo Santo Endelechio, retore attivo a Roma nel 395. Tale testo, che descrive un’epidemia di peste scatenatasi in tutte le sue forme più crudeli e terribili nel gregge del pastore Bucolo, si segnala per il recupero esauriente di numerosi riferimenti intertestuali relativi alla produzione letteraria classica, in particolare le Georgiche virgiliane e Lucrezio, reinseriti in un contesto cristiano: la pratica veterinaria non può nulla di fronte alla malattia in quanto solo l’intervento di Dio riesce a porvi fine. Sono esaminati anche, come nel caso del termine 'signa', alcuni aspetti tipici della semiologia veterinaria, per evidenziare i sintomi dell’epidemia nelle singole specie di bovini, in alcuni casi descritti dal poeta secondo i 'topoi' presenti nella trattatistica veterinaria antica, con cui egli condivide il bagaglio dei termini tecnici impiegati con significati metaforici concernenti la sfera religiosa. Ciò è tanto più degno di nota, perché l’argomento viene presentato da Endelechio non al fine di una documentazione scientifica, bensì con lo scopo di dimostrare l’eziologia divina della guarigione dalla malattia. Il contributo è contenuto nel volume di carattere internazionale degli Atti del II Convegno (Catania, 3-5 ottobre 2007) intitolato "La veterinaria antica e medievale. Testi greci, latini, arabi e romanzi", curato da Vincenzo Ortoleva e da Maria Rosaria Petringa, e inserito nella collana “Biblioteca di Sileno” (n. 2).
2009
978-88-6067-061-8
Endelechio; Virgilio; Veterinaria
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/96084
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