La Compagnia del Teatro Musicale di Roma prende corpo tra il 1965 e il 1966, per iniziativa di Domenico Guaccero, Egisto Macchi e Sylvano Bussotti (al ritorno di questi dal soggiorno statunitense), con l’obiettivo duplice di fondare un ensemble multidisciplinare e completo di tutte le competenze essenziali che si dedicasse all’esecuzione nuovo teatro musicale, emergente nel panorama compositivo internazionale da alcuni anni, e di costruirgli attorno una proposta stagionale ma regolare nella capitale. Nonostante il numero esiguo di realizzazione, quasi tutte legate alle prime due figure elencate (Bussotti si defilò presto), la conseguente vita saltuaria e precaria della Compagnia come tale, il fallimento del progetto stagionale e del coinvolgimento di figure internazionali autorevoli (Kagel), le contraddizioni tra un’aspirazione comunitaria e la guida artistica in mano ai compositori, la Compagnia resta un tentativo significativo e radicale di dar vita – sul modello dei gruppi teatrali sperimentali coevi – a un organismo specializzato, anche sul piano dei presupposti teorici, elaborati in quello stesso periodo da Guaccero in particolare. L’articolo esamina anche i prodromi dell’iniziativa, indietro fino al 1963, a testimonianza della capacità d’intercettare assai presto la svolta gestuale ed eteronoma della neoavanguardia musicale a inizio decennio, nonché i tentativi – ancora di Guaccero – di ridar vita a nuovi gruppi fortemente interdisciplinari e sempre più collettivistici, dopo lo scioglimento della Compagnia conseguente alla sua implosione con la produzione di Scene del potere (Palermo, 1968-69). Progetto, eventi, temi estetico-compositivi sono stati indagati soprattutto – ma non solo – attraverso i documenti dei fondi Guaccero e Macchi, ora presso gli Archivi della Fondazione Cini di Venezia.
Intorno alla Compagnia del Teatro Musicale di Roma: un nuovo modello operativo, tra sperimentazione e utopia
Mastropietro, A
2017-01-01
Abstract
La Compagnia del Teatro Musicale di Roma prende corpo tra il 1965 e il 1966, per iniziativa di Domenico Guaccero, Egisto Macchi e Sylvano Bussotti (al ritorno di questi dal soggiorno statunitense), con l’obiettivo duplice di fondare un ensemble multidisciplinare e completo di tutte le competenze essenziali che si dedicasse all’esecuzione nuovo teatro musicale, emergente nel panorama compositivo internazionale da alcuni anni, e di costruirgli attorno una proposta stagionale ma regolare nella capitale. Nonostante il numero esiguo di realizzazione, quasi tutte legate alle prime due figure elencate (Bussotti si defilò presto), la conseguente vita saltuaria e precaria della Compagnia come tale, il fallimento del progetto stagionale e del coinvolgimento di figure internazionali autorevoli (Kagel), le contraddizioni tra un’aspirazione comunitaria e la guida artistica in mano ai compositori, la Compagnia resta un tentativo significativo e radicale di dar vita – sul modello dei gruppi teatrali sperimentali coevi – a un organismo specializzato, anche sul piano dei presupposti teorici, elaborati in quello stesso periodo da Guaccero in particolare. L’articolo esamina anche i prodromi dell’iniziativa, indietro fino al 1963, a testimonianza della capacità d’intercettare assai presto la svolta gestuale ed eteronoma della neoavanguardia musicale a inizio decennio, nonché i tentativi – ancora di Guaccero – di ridar vita a nuovi gruppi fortemente interdisciplinari e sempre più collettivistici, dopo lo scioglimento della Compagnia conseguente alla sua implosione con la produzione di Scene del potere (Palermo, 1968-69). Progetto, eventi, temi estetico-compositivi sono stati indagati soprattutto – ma non solo – attraverso i documenti dei fondi Guaccero e Macchi, ora presso gli Archivi della Fondazione Cini di Venezia.File | Dimensione | Formato | |
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