Questo saggio privilegia le linee di frattura in cui l’«alterità umana» s’incontra con quella «non umana». Uno spazio metaforico in cui il discorso giuridico, coi suoi lemmi e i suoi dogmi, ha istituito alla vita l’efferato, il mostruoso, l’inumano. L’idea dell’uomo, nella storia europea trova espressione nella distinzione dall’animale, che è non solo il negativo (il lato bestiale), ma anche il fantasma di una negatività che è inquietante quanto minacciosa. Il discorso giuridico (ancor più di quello medico) ha istituito alla vita le molteplici varianti dell’inumano: dagli «errata corpora» partoriti con fattezze bestiali ai «mostri morali» che uccidono con acuminata ferocia. I giuristi, da sempre, sono stati abilissimi nel combinare insieme l’analogia e l’opposizione, propendendo ora per l’una, ora per l’altra. Non allo scopo di rimuovere il «perturbante», ma per «nominarlo» e catturarlo nelle maglie del diritto. Dall’immaginario sociale dell’eretico quando assimila chi devia dalla retta fede all’immondo animale che si nutre delle ferite che i giusti le infliggono; al folle che prende in prestito il suo volto dalla maschera della bestia; agli enfant sauvages che, nel secolo XVIII, vengono trovati e «catturati» ai margini delle foreste d’Europa, con modi e fattezze tipicamente animali; fino al diritto internazionale umanitario che, ai nostri giorni, si ostina ancora a definire l’idea di «humanité» come «une protection telle qu’ils conservent leur dignité humaine et ne soient pas ravalés au niveau de la bête» . Oggi, più che mai, chiedersi in che modo ─ nell’uomo ─ l’umano è stato separato dal non-uomo e l’animale dall’umano, è più urgente che prendere posizione sulle grandi questioni, sui cosiddetti valori e diritti umani.
Un animale in più. Efferati, inumani, mostruosi nelle maglie del diritto
francesco migliorino
2019-01-01
Abstract
Questo saggio privilegia le linee di frattura in cui l’«alterità umana» s’incontra con quella «non umana». Uno spazio metaforico in cui il discorso giuridico, coi suoi lemmi e i suoi dogmi, ha istituito alla vita l’efferato, il mostruoso, l’inumano. L’idea dell’uomo, nella storia europea trova espressione nella distinzione dall’animale, che è non solo il negativo (il lato bestiale), ma anche il fantasma di una negatività che è inquietante quanto minacciosa. Il discorso giuridico (ancor più di quello medico) ha istituito alla vita le molteplici varianti dell’inumano: dagli «errata corpora» partoriti con fattezze bestiali ai «mostri morali» che uccidono con acuminata ferocia. I giuristi, da sempre, sono stati abilissimi nel combinare insieme l’analogia e l’opposizione, propendendo ora per l’una, ora per l’altra. Non allo scopo di rimuovere il «perturbante», ma per «nominarlo» e catturarlo nelle maglie del diritto. Dall’immaginario sociale dell’eretico quando assimila chi devia dalla retta fede all’immondo animale che si nutre delle ferite che i giusti le infliggono; al folle che prende in prestito il suo volto dalla maschera della bestia; agli enfant sauvages che, nel secolo XVIII, vengono trovati e «catturati» ai margini delle foreste d’Europa, con modi e fattezze tipicamente animali; fino al diritto internazionale umanitario che, ai nostri giorni, si ostina ancora a definire l’idea di «humanité» come «une protection telle qu’ils conservent leur dignité humaine et ne soient pas ravalés au niveau de la bête» . Oggi, più che mai, chiedersi in che modo ─ nell’uomo ─ l’umano è stato separato dal non-uomo e l’animale dall’umano, è più urgente che prendere posizione sulle grandi questioni, sui cosiddetti valori e diritti umani.File | Dimensione | Formato | |
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