All’interno di quella vasta costellazione di riviste, quotidiani, settimanali e pratiche recensorie che è stata definita la «forma espansa del pensiero critico italiano» il ruolo di scrittori e scrittrici appare senz’altro significativo, soprattutto nella prima metà del Novecento e poi nel trentennio seguente la seconda guerra mondiale, per diventare sempre meno rilevante coll’approssimarsi della fine del secolo scorso e degli anni Zero. Del resto, benché fino ad oggi riviste specializzate e testate generaliste sfruttino di tanto in tanto il nome di richiamo di un autore insignito di questo o di quell’altro premio, che collabora occasionalmente alla stesura di sceneggiature e che si diverte dunque a indossare i panni del cinefilo esperto e autorizzato a giudicare film e registi, la critica cinematografica contemporanea si è ormai emancipata dalla dipendenza mostrata inizialmente nei confronti di quella letteraria . I decenni Quaranta-Sessanta, ai quali si è scelto di dedicare questo sondaggio metacritico, rappresentano una fase di transizione estremamente interessante per cogliere l’evoluzione di una relazione – quella fra cinema, letteratura e critica – in cui convergono istanze dialetticamente oppositive, rivolte per un verso a riconoscere o a tracciare i contorni di un’autonoma estetica cinematografica, per altro intente a ribadire l’indiscussa superiorità delle arti della parola e della loro dimensione spirituale rispetto alla condizione di minorità della decima musa, irrimediabilmente marchiata dalla sua compromissione meccanica con la materia e dalla sua riproducibilità tecnica. La mappatura dell’impatto della cultura cinematografica nell’ampio e multiforme territorio delle riviste letterarie nate nel dopoguerra e fondate fin nel cuore degli anni Sessanta e Settanta è un’impresa difficile e complessa, che deve tener conto della profonda trasformazione che subiscono le due polarità messe a confronto, sia nella prospettiva della riflessione teorica che tenta di definire il perimetro di due campi dell’espressione artistica fluidi ed estremamente vitali, sia in quello della produzione letteraria e cinematografica che vede in questo intervallo l’avvicendarsi di opere e artisti di grande caratura. Si è preferito pertanto procedere con una campionatura di casi rappresentativi per ciascun decennio, scelti anche in funzione delle differenti morfologie di interazione fra linguaggi del cinema e della letteratura. Mercurio e Il Politecnico, pur configurandosi come riviste non esplicitamente letterarie, sono state fondate da due scrittori, Alba de Céspedes ed Elio Vittorini, che sentono la necessità di allargare il campo d’esercizio della pratica critica a un orizzonte culturale molto vasto, che ingloba evidentemente anche la settima arte, non rinunciando però a rivendicare (seppur in modo differente) il primato della parola sull’immagine. L’Approdo rappresenta a sua volta l’esempio unico, per continuità e prestigio, di una scrittrice quale Anna Banti che attraversa le profonde metamorfosi del trentennio Cinquanta-Settanta continuando a proporre con decisione e autorevolezza le proprie recensioni di film. Se questi primi due case studies offrono diversi modelli di letterarietà incarnata da individualità che imprimono un segno molto personale sulle pratiche critiche delle istituzioni editoriali all’interno delle quali operano , L’Europa letteraria consente invece di osservare da vicino la dimensione dialogica che la critica cinematografica può assumere nella forma della conversazione, dell’inchiesta, dell’intervista, nonché nella tensione mai compiuta che assegna alla decima musa un ruolo di non secondaria importanza per la ricerca di occasioni di scambio volte alla costruzione di una cultura sovranazionale.

LETTERATURA, CINEMA E CRITICA. SONDAGGI NELLE RIVISTE LETTERARIE DEGLI ANNI QUARANTA-SESSANTA

Santaera, Giovanna
;
Sciotto, Marco
2020-01-01

Abstract

All’interno di quella vasta costellazione di riviste, quotidiani, settimanali e pratiche recensorie che è stata definita la «forma espansa del pensiero critico italiano» il ruolo di scrittori e scrittrici appare senz’altro significativo, soprattutto nella prima metà del Novecento e poi nel trentennio seguente la seconda guerra mondiale, per diventare sempre meno rilevante coll’approssimarsi della fine del secolo scorso e degli anni Zero. Del resto, benché fino ad oggi riviste specializzate e testate generaliste sfruttino di tanto in tanto il nome di richiamo di un autore insignito di questo o di quell’altro premio, che collabora occasionalmente alla stesura di sceneggiature e che si diverte dunque a indossare i panni del cinefilo esperto e autorizzato a giudicare film e registi, la critica cinematografica contemporanea si è ormai emancipata dalla dipendenza mostrata inizialmente nei confronti di quella letteraria . I decenni Quaranta-Sessanta, ai quali si è scelto di dedicare questo sondaggio metacritico, rappresentano una fase di transizione estremamente interessante per cogliere l’evoluzione di una relazione – quella fra cinema, letteratura e critica – in cui convergono istanze dialetticamente oppositive, rivolte per un verso a riconoscere o a tracciare i contorni di un’autonoma estetica cinematografica, per altro intente a ribadire l’indiscussa superiorità delle arti della parola e della loro dimensione spirituale rispetto alla condizione di minorità della decima musa, irrimediabilmente marchiata dalla sua compromissione meccanica con la materia e dalla sua riproducibilità tecnica. La mappatura dell’impatto della cultura cinematografica nell’ampio e multiforme territorio delle riviste letterarie nate nel dopoguerra e fondate fin nel cuore degli anni Sessanta e Settanta è un’impresa difficile e complessa, che deve tener conto della profonda trasformazione che subiscono le due polarità messe a confronto, sia nella prospettiva della riflessione teorica che tenta di definire il perimetro di due campi dell’espressione artistica fluidi ed estremamente vitali, sia in quello della produzione letteraria e cinematografica che vede in questo intervallo l’avvicendarsi di opere e artisti di grande caratura. Si è preferito pertanto procedere con una campionatura di casi rappresentativi per ciascun decennio, scelti anche in funzione delle differenti morfologie di interazione fra linguaggi del cinema e della letteratura. Mercurio e Il Politecnico, pur configurandosi come riviste non esplicitamente letterarie, sono state fondate da due scrittori, Alba de Céspedes ed Elio Vittorini, che sentono la necessità di allargare il campo d’esercizio della pratica critica a un orizzonte culturale molto vasto, che ingloba evidentemente anche la settima arte, non rinunciando però a rivendicare (seppur in modo differente) il primato della parola sull’immagine. L’Approdo rappresenta a sua volta l’esempio unico, per continuità e prestigio, di una scrittrice quale Anna Banti che attraversa le profonde metamorfosi del trentennio Cinquanta-Settanta continuando a proporre con decisione e autorevolezza le proprie recensioni di film. Se questi primi due case studies offrono diversi modelli di letterarietà incarnata da individualità che imprimono un segno molto personale sulle pratiche critiche delle istituzioni editoriali all’interno delle quali operano , L’Europa letteraria consente invece di osservare da vicino la dimensione dialogica che la critica cinematografica può assumere nella forma della conversazione, dell’inchiesta, dell’intervista, nonché nella tensione mai compiuta che assegna alla decima musa un ruolo di non secondaria importanza per la ricerca di occasioni di scambio volte alla costruzione di una cultura sovranazionale.
2020
978-88-15-29074-8
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/498913
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