Il secondo dopoguerra rappresenta un momento di rifondazione dello Stato italiano che vede un protagonismo della periferia (e del livello locale) molto maggiore rispetto al processo di unificazione del 1860. Le classi dirigenti siciliane, pur nell’ambito di un nuovo contesto storico che vede come soggetti politici grandi partiti nazionali di massa nei quali il livello centrale ha una assoluta preminenza, individuano nelle specifiche problematiche economiche, sociali e politiche dell’isola uno strumento per imporre al centro una forte autonomia amministrativa della Sicilia. Risulta quindi particolarmente interessante una analisi delle classi dirigenti impegnate nella costruzione dei partiti nelle varie realtà provinciali; delle dinamiche tra i tre grandi partiti (DC, PCI, PSI) che devono qui confrontarsi con il movimento separatista e quello dell’Uomo qualunque; del ceto politico locale che deve “reinventarsi” dopo venti anni di dittatura e di disabitudine al libero gioco elettorale amministrativo. La mia proposta, dunque, partendo da un veloce riferimento alle classi dirigenti della Sicilia del primo periodo postunitario, intende puntare su tematiche ormai consolidate nella ricerca sul ceto politico locale e nazionale (ma ancora da studiare per quanto riguarda la Sicilia): i profili socioanagrafici; la continuità/rottura tra il ceto politico liberale e fascista e quello repubblicano; la differenze tra rappresentanza e rappresentatività del nuovo ceto politico repubblicano; la volatilità o il consolidamento del primo ceto locale provvisorio del 1943/46 rispetto alle successive tornate elettorali amministrative. La tesi da verificare è la seguente: in un contesto di graduale modernizzazione della struttura socio-economica, l’avvento dei partiti di massa contribuì a creare le premesse per la terziarizzazione e la professionalizzazione della classe dirigente municipale e il rapido declino della centralità dei notabili? I partiti svolsero a livello locale un ruolo di integrazione di ceti sociali primi esclusi dalla politica, portando al governo delle città un ceto politico nuovo?
Il ceto politico locale siciliano e la costruzione della democrazia nell'Italia repubblicana
Giancarlo Poidomani
2022-01-01
Abstract
Il secondo dopoguerra rappresenta un momento di rifondazione dello Stato italiano che vede un protagonismo della periferia (e del livello locale) molto maggiore rispetto al processo di unificazione del 1860. Le classi dirigenti siciliane, pur nell’ambito di un nuovo contesto storico che vede come soggetti politici grandi partiti nazionali di massa nei quali il livello centrale ha una assoluta preminenza, individuano nelle specifiche problematiche economiche, sociali e politiche dell’isola uno strumento per imporre al centro una forte autonomia amministrativa della Sicilia. Risulta quindi particolarmente interessante una analisi delle classi dirigenti impegnate nella costruzione dei partiti nelle varie realtà provinciali; delle dinamiche tra i tre grandi partiti (DC, PCI, PSI) che devono qui confrontarsi con il movimento separatista e quello dell’Uomo qualunque; del ceto politico locale che deve “reinventarsi” dopo venti anni di dittatura e di disabitudine al libero gioco elettorale amministrativo. La mia proposta, dunque, partendo da un veloce riferimento alle classi dirigenti della Sicilia del primo periodo postunitario, intende puntare su tematiche ormai consolidate nella ricerca sul ceto politico locale e nazionale (ma ancora da studiare per quanto riguarda la Sicilia): i profili socioanagrafici; la continuità/rottura tra il ceto politico liberale e fascista e quello repubblicano; la differenze tra rappresentanza e rappresentatività del nuovo ceto politico repubblicano; la volatilità o il consolidamento del primo ceto locale provvisorio del 1943/46 rispetto alle successive tornate elettorali amministrative. La tesi da verificare è la seguente: in un contesto di graduale modernizzazione della struttura socio-economica, l’avvento dei partiti di massa contribuì a creare le premesse per la terziarizzazione e la professionalizzazione della classe dirigente municipale e il rapido declino della centralità dei notabili? I partiti svolsero a livello locale un ruolo di integrazione di ceti sociali primi esclusi dalla politica, portando al governo delle città un ceto politico nuovo?File | Dimensione | Formato | |
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