Lo scritto, che compare in un volume collettaneo “dedicato” al politologo Mario Caciagli, si colloca nella prospettiva di introdurre ad uno dei temi ¬– le spinte al regionalismo e alla regionalizzazioni in Europa – che appartengono alle aree di ricerca di questo studioso. Dei tanti aspetti sollecitati dalla decisa curvatura regionalista del progetto di integrazione dell’UE e della sua politica, l’attenzione è qui rivolta in particolare alla crescente centralità della Regione come livello intermedio tra lo Stato e l’insieme degli Enti locali (Province, Comuni) e unità simili anche se variamente definiti da paese a paese (Contee, Dipartimenti, Comprensori, ecc.). Un processo, questo, da tempo in atto nella gran parte dei paesi dell’Europa, all’ombra delle tante riforme nazionali volte a trasferire poteri e risorse dalle autorità politico-amministrative centrali a quelle periferiche, e che si intreccia con quella «mobilitazione regionale» che data in Europa da ormai molti decenni. Molte Regioni (realtà geo-politiche e sociali alle quali sta stretta la sola dimensione amministrativa) dialogano oggi ciascuno per suo conto con le Commissioni e i Dipartimenti europei, in un continuo susseguirsi di interventi – in tutte le fasi dei «cicli di vita» delle policies – che li vedono attori di un’«arena» istituzionale di dimensione continentale dove, attraverso l’esercizio contestuale delle strategie di competizione e di cooperazione, si consuma un «gioco a somma zero» spesso a danno degli stessi Stati nazionali. L’interrogativo circa il possibile punto di convergenza della pluralità di questi processi in prospettiva europea ha trovato una risposta, com’è noto, nella slogan Europa non delle regioni bansì con le regioni. Difficile non essere d’accordo. Resta però il fatto che inevitabilmente diversa è l’interpretazione del fenomeno (e gli esiti attesi) a seconda dei presupposti teorici dell’analisi, ovvero dei fattori assunti, prima, come (principali) “ragioni di senso” del protagonismo regionale, e cui riferirne, e nel cui quadro interpretarne, poi, gli effetti. Il saggio prova così ad approfondire i termini di questa diade: a seconda, cioè, se, come principale fenomeno retrostante il protagonismo delle Regioni (che ne rappresenta, così, l’epifenomeno) si sceglie di privilegiare più il «regionalismo», in quanto progetto culturale e politico (anche se in versioni spesso diverse da paese a paese), o più la «regionalizzazione», come processo che pone l’ente Regione sempre più al centro dei processi decisionali e di implementazione delle politiche europee. Non ovviamente, che i due fenomeni siano fra loro indipendenti. Tutt’altro. La distinzione si rivela tuttavia assai utile sul piano analitico sia nella prospettiva pragmatica di come “governare” quella mobilitazione sia al fine di prefigurare i possibili futuri scenari che riguarderebbe l’architettura istituzionale dell’intera Europa.

INTRODUZIONE - ALLE RADICI DELLA POLITICA

D'AMICO, Renato;
2010-01-01

Abstract

Lo scritto, che compare in un volume collettaneo “dedicato” al politologo Mario Caciagli, si colloca nella prospettiva di introdurre ad uno dei temi ¬– le spinte al regionalismo e alla regionalizzazioni in Europa – che appartengono alle aree di ricerca di questo studioso. Dei tanti aspetti sollecitati dalla decisa curvatura regionalista del progetto di integrazione dell’UE e della sua politica, l’attenzione è qui rivolta in particolare alla crescente centralità della Regione come livello intermedio tra lo Stato e l’insieme degli Enti locali (Province, Comuni) e unità simili anche se variamente definiti da paese a paese (Contee, Dipartimenti, Comprensori, ecc.). Un processo, questo, da tempo in atto nella gran parte dei paesi dell’Europa, all’ombra delle tante riforme nazionali volte a trasferire poteri e risorse dalle autorità politico-amministrative centrali a quelle periferiche, e che si intreccia con quella «mobilitazione regionale» che data in Europa da ormai molti decenni. Molte Regioni (realtà geo-politiche e sociali alle quali sta stretta la sola dimensione amministrativa) dialogano oggi ciascuno per suo conto con le Commissioni e i Dipartimenti europei, in un continuo susseguirsi di interventi – in tutte le fasi dei «cicli di vita» delle policies – che li vedono attori di un’«arena» istituzionale di dimensione continentale dove, attraverso l’esercizio contestuale delle strategie di competizione e di cooperazione, si consuma un «gioco a somma zero» spesso a danno degli stessi Stati nazionali. L’interrogativo circa il possibile punto di convergenza della pluralità di questi processi in prospettiva europea ha trovato una risposta, com’è noto, nella slogan Europa non delle regioni bansì con le regioni. Difficile non essere d’accordo. Resta però il fatto che inevitabilmente diversa è l’interpretazione del fenomeno (e gli esiti attesi) a seconda dei presupposti teorici dell’analisi, ovvero dei fattori assunti, prima, come (principali) “ragioni di senso” del protagonismo regionale, e cui riferirne, e nel cui quadro interpretarne, poi, gli effetti. Il saggio prova così ad approfondire i termini di questa diade: a seconda, cioè, se, come principale fenomeno retrostante il protagonismo delle Regioni (che ne rappresenta, così, l’epifenomeno) si sceglie di privilegiare più il «regionalismo», in quanto progetto culturale e politico (anche se in versioni spesso diverse da paese a paese), o più la «regionalizzazione», come processo che pone l’ente Regione sempre più al centro dei processi decisionali e di implementazione delle politiche europee. Non ovviamente, che i due fenomeni siano fra loro indipendenti. Tutt’altro. La distinzione si rivela tuttavia assai utile sul piano analitico sia nella prospettiva pragmatica di come “governare” quella mobilitazione sia al fine di prefigurare i possibili futuri scenari che riguarderebbe l’architettura istituzionale dell’intera Europa.
2010
978-88-7675-642-9
CULTURA POLITICA; POLITICA COMPARATA
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/56888
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