L’approvazione da parte dell’Assemblea Regionale Siciliana della Lr 7/2013, che ha soppresso le province regionali e previsto l’istituzione dei liberi consorzi comunali fa della Sicilia un formidabile campo di osservazione dell’evoluzione dell’assetto istituzionale locale, anche in relazione al differente sviluppo e alle differenti soluzioni adottate nel resto d’Italia. Si tratta di un’assoluta novità, se non altro in considerazione del fatto che l’art. 15 dello statuto della regione siciliana approvato nel 1946 prevedeva già i liberi consorzi comunali come istituzioni intermedie dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria. Di fatto, però, l’assetto istituzionale locale siciliano aveva continuato a reggersi sulle tradizionali province autarchiche anche prima che la Lr 9/1986 le denominasse “province regionali”. Sullo sfondo di questo articolato processo di revisione e riorganizzazione del sistema locale vi è un più ampio dibattito, soprattutto in ambito europeo, nel quale vengono invocati interventi strutturali scevri dall’enfatizzazione di problemi emergenziali. Un dibattito, dunque, che investe la più generale riflessione sulle “nuove” istituzioni territoriali e il loro potenziale contributo al più efficace e razionale riassetto del sistema istituzionale locale, magari attraverso un vero rilancio della città metropolitana e delle unioni di comuni: le prime mai istituite; le seconde in Sicilia mere scatole vuote. Un processo di cambiamento quello auspicato, e timidamente avviato, che rilancia la riflessione sui temi dell’autonomia, della sussidiarietà e della qualità dei processi democratici – oltre che della stessa sostenibilità istituzionale (Norad 2000; Pfhal 2005; Lanzalaco 2009) – che sembravano avere trovato una convincente sistematizzazione nelle recenti modifiche del Titolo V della Costituzione. In questa chiave va interpretato anche il tema specifico della riforma dell’ente intermedio, e della intercomunalità, ossia del soggetto istituzionale che sta a metà strada, sul piano dello spazio geografico di pertinenza, tra il comune e la regione (D’Amico 2012). I risultati prodotti a oggi ripropongono, con specifico riferimento al caso siciliano, il vecchio clichè del neocentralismo regionale determinante nei processi di riforma e nella vita delle stesse autonomie locali. Il saggio si propone di fare il punto sino a questa fase è – in attesa delle prossime decisioni – di dare un contributo al dibattito, a partire dalla considerazione che il tema in questione andrebbe ricondotto sul terreno di una seria riflessione sull’arena istituzionale, popolata oggi da nuovi attori assimilabili a tipologie istituzionali atipiche (Lowi 1999). Il che presuppone, inevitabilmente, un problema di convivenza con i nuovi attori dello sviluppo locale (distretti produttivi o turistici, Gruppi di azione locale, agenzie di comprensorio, ecc.) che hanno determinato nuovi “eventi territoriali” e che hanno contribuito al mutamento del ruolo istituzionale degli enti locali preesistenti nell’area vasta (province, unioni di comuni, comunità montane, ma anche aziende sanitarie, di servizi, ecc.), incidendo in modo profondo sull’intero assetto-sistema istituzionale locale.

LA SICILIA TRA LIBERO CONSORZIO E PROVINCIA: UN PERCORSO DI ANDATA E RITORNO

LA BELLA, MARCO VALERIO LIVIO
2014-01-01

Abstract

L’approvazione da parte dell’Assemblea Regionale Siciliana della Lr 7/2013, che ha soppresso le province regionali e previsto l’istituzione dei liberi consorzi comunali fa della Sicilia un formidabile campo di osservazione dell’evoluzione dell’assetto istituzionale locale, anche in relazione al differente sviluppo e alle differenti soluzioni adottate nel resto d’Italia. Si tratta di un’assoluta novità, se non altro in considerazione del fatto che l’art. 15 dello statuto della regione siciliana approvato nel 1946 prevedeva già i liberi consorzi comunali come istituzioni intermedie dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria. Di fatto, però, l’assetto istituzionale locale siciliano aveva continuato a reggersi sulle tradizionali province autarchiche anche prima che la Lr 9/1986 le denominasse “province regionali”. Sullo sfondo di questo articolato processo di revisione e riorganizzazione del sistema locale vi è un più ampio dibattito, soprattutto in ambito europeo, nel quale vengono invocati interventi strutturali scevri dall’enfatizzazione di problemi emergenziali. Un dibattito, dunque, che investe la più generale riflessione sulle “nuove” istituzioni territoriali e il loro potenziale contributo al più efficace e razionale riassetto del sistema istituzionale locale, magari attraverso un vero rilancio della città metropolitana e delle unioni di comuni: le prime mai istituite; le seconde in Sicilia mere scatole vuote. Un processo di cambiamento quello auspicato, e timidamente avviato, che rilancia la riflessione sui temi dell’autonomia, della sussidiarietà e della qualità dei processi democratici – oltre che della stessa sostenibilità istituzionale (Norad 2000; Pfhal 2005; Lanzalaco 2009) – che sembravano avere trovato una convincente sistematizzazione nelle recenti modifiche del Titolo V della Costituzione. In questa chiave va interpretato anche il tema specifico della riforma dell’ente intermedio, e della intercomunalità, ossia del soggetto istituzionale che sta a metà strada, sul piano dello spazio geografico di pertinenza, tra il comune e la regione (D’Amico 2012). I risultati prodotti a oggi ripropongono, con specifico riferimento al caso siciliano, il vecchio clichè del neocentralismo regionale determinante nei processi di riforma e nella vita delle stesse autonomie locali. Il saggio si propone di fare il punto sino a questa fase è – in attesa delle prossime decisioni – di dare un contributo al dibattito, a partire dalla considerazione che il tema in questione andrebbe ricondotto sul terreno di una seria riflessione sull’arena istituzionale, popolata oggi da nuovi attori assimilabili a tipologie istituzionali atipiche (Lowi 1999). Il che presuppone, inevitabilmente, un problema di convivenza con i nuovi attori dello sviluppo locale (distretti produttivi o turistici, Gruppi di azione locale, agenzie di comprensorio, ecc.) che hanno determinato nuovi “eventi territoriali” e che hanno contribuito al mutamento del ruolo istituzionale degli enti locali preesistenti nell’area vasta (province, unioni di comuni, comunità montane, ma anche aziende sanitarie, di servizi, ecc.), incidendo in modo profondo sull’intero assetto-sistema istituzionale locale.
2014
978-88-97385-96-7
GOVERNO LOCALE; PROVINCE; LIBERI CONSORZI; ENTI INTERMEDI; ASSETTO ISTITUZIONALE
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/57238
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