Nella realizzazione di componenti e di elementi strutturali è diffuso l'impiego di materiali nei quali, raggiunti particolari stati di sollecitazione, si attivano processi di frattura. Esperienze di laboratorio condotte all'inizio del XX secolo hanno mostrato che diversi materiali esibiscono concetrazione di deformazioni inelastiche in bande ristrette, chiamate zone di localizzazione. Il fenomeno della localizzazione è causato dalla presenza di vuoti, microfratture ed imperfezioni a livello microscopico; a livello macroscopico vengono osservati fratture nelle rocce o nel calcestruzzo, bande di taglio nei metalli e superfici di scorrimento nei terreni. L'analisi dei fenomeni di frattura può essere effettuata a diverse scale dimensionali, che vanno da quella atomistica alla macroscala, tipica degli approcci ingegneristici. I due contesti teorici maggiormente accreditati per modellare i meccanismi di frattura sono la Meccanica della Frattura e la Meccanica del Continuo. I legami costitutivi utilizzati in questi contesti sono caratterizzati da incrudimento negativo (softening), al fine di riprodurre il decremento di sforzo al crescere delle deformazioni del materiale. Nell'ambito della Meccanica del Continuo si distinguono due approcci: un approccio con fratture discrete, basaro sul modello di frattura coesiva, ed un approccio al continuo con fratture distribuite (smeared crack approach). Quest'ultimo, sebbene vantaggioso dal punto di vista dell'implementazione numerica, presenta problematiche legate alla non oggettività della risposta al variare della discretizzazione adottata (mesh-dependency) a causa del comportamento softening del materiale. Al fine di superare tali limiti sono stati proposti diversi approcci rintracciabili in letteratura, quali i modelli con continuo arricchito, i modelli con discontinuità deboli, caratterizzati da salti nel campo delle deformazioni, e i modelli con discontinuità forti, con discontinuità nel campo degli spostamenti. In letteratura possono essere reperiti molti contributi basati sull'approccio con discontinuità forti, nei quali vengono proposte diverse strategie di implementazione nel metodo agli elementi finiti. Tali strategie possono essere classificate in base al modo in cui viene inclusa un'interfaccia nell'elemento finito. Le interfacce sono dette interelemento se lo sviluppo di interfacce avviene in corrispondenza di specifici elementi finiti di spessore nullo (zero-thickness element), posti tra elementi finiti standard. Se la nascita e lo sviluppo di interfacce avviene all'interno degli elementi finiti definiti dalla discretizzazione del dominio adottata si parla di interfacce intraelemento. La tesi è sviluppata nel contesto dell'approccio delle discontinuità forti intraelemento. Dopo aver formulato il problema del solido elastoplastico attraversato da discontiniutà forti, si è posta l'attenzione sulla possibilità di utilizzare approssimazioni lineari per il salto nel campo degli spostamenti. Si è proposta una strategia di soluzione numerica del problema, modellato nell'ambito del metodo agli elementi finiti, valida sia per elementi bilineari che prevedono salti costanti che per elementi biquadratici con salti lineari. Tale strategia è stata implementata nel codice di calcolo FracSDA8, realizzato ad hoc in ambiente MatLab. Sono state infine presentate alcune analisi numeriche effettuate con il codice FracSDA8 al fine di validare l'algoritmo di soluzione proposto e di provare il corretto funzionamento del programma.

Modellazione numerica della nascita e dello sviluppo di interfacce mediante il metodo delle discontinuità forti / DI VENTI, GIUSEPPE TOMMASO. - (2011 Dec 10).

Modellazione numerica della nascita e dello sviluppo di interfacce mediante il metodo delle discontinuità forti

DI VENTI, GIUSEPPE TOMMASO
2011-12-10

Abstract

Nella realizzazione di componenti e di elementi strutturali è diffuso l'impiego di materiali nei quali, raggiunti particolari stati di sollecitazione, si attivano processi di frattura. Esperienze di laboratorio condotte all'inizio del XX secolo hanno mostrato che diversi materiali esibiscono concetrazione di deformazioni inelastiche in bande ristrette, chiamate zone di localizzazione. Il fenomeno della localizzazione è causato dalla presenza di vuoti, microfratture ed imperfezioni a livello microscopico; a livello macroscopico vengono osservati fratture nelle rocce o nel calcestruzzo, bande di taglio nei metalli e superfici di scorrimento nei terreni. L'analisi dei fenomeni di frattura può essere effettuata a diverse scale dimensionali, che vanno da quella atomistica alla macroscala, tipica degli approcci ingegneristici. I due contesti teorici maggiormente accreditati per modellare i meccanismi di frattura sono la Meccanica della Frattura e la Meccanica del Continuo. I legami costitutivi utilizzati in questi contesti sono caratterizzati da incrudimento negativo (softening), al fine di riprodurre il decremento di sforzo al crescere delle deformazioni del materiale. Nell'ambito della Meccanica del Continuo si distinguono due approcci: un approccio con fratture discrete, basaro sul modello di frattura coesiva, ed un approccio al continuo con fratture distribuite (smeared crack approach). Quest'ultimo, sebbene vantaggioso dal punto di vista dell'implementazione numerica, presenta problematiche legate alla non oggettività della risposta al variare della discretizzazione adottata (mesh-dependency) a causa del comportamento softening del materiale. Al fine di superare tali limiti sono stati proposti diversi approcci rintracciabili in letteratura, quali i modelli con continuo arricchito, i modelli con discontinuità deboli, caratterizzati da salti nel campo delle deformazioni, e i modelli con discontinuità forti, con discontinuità nel campo degli spostamenti. In letteratura possono essere reperiti molti contributi basati sull'approccio con discontinuità forti, nei quali vengono proposte diverse strategie di implementazione nel metodo agli elementi finiti. Tali strategie possono essere classificate in base al modo in cui viene inclusa un'interfaccia nell'elemento finito. Le interfacce sono dette interelemento se lo sviluppo di interfacce avviene in corrispondenza di specifici elementi finiti di spessore nullo (zero-thickness element), posti tra elementi finiti standard. Se la nascita e lo sviluppo di interfacce avviene all'interno degli elementi finiti definiti dalla discretizzazione del dominio adottata si parla di interfacce intraelemento. La tesi è sviluppata nel contesto dell'approccio delle discontinuità forti intraelemento. Dopo aver formulato il problema del solido elastoplastico attraversato da discontiniutà forti, si è posta l'attenzione sulla possibilità di utilizzare approssimazioni lineari per il salto nel campo degli spostamenti. Si è proposta una strategia di soluzione numerica del problema, modellato nell'ambito del metodo agli elementi finiti, valida sia per elementi bilineari che prevedono salti costanti che per elementi biquadratici con salti lineari. Tale strategia è stata implementata nel codice di calcolo FracSDA8, realizzato ad hoc in ambiente MatLab. Sono state infine presentate alcune analisi numeriche effettuate con il codice FracSDA8 al fine di validare l'algoritmo di soluzione proposto e di provare il corretto funzionamento del programma.
10-dic-2011
Finite element, strong discontinuity approach, interface
Modellazione numerica della nascita e dello sviluppo di interfacce mediante il metodo delle discontinuità forti / DI VENTI, GIUSEPPE TOMMASO. - (2011 Dec 10).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/585469
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