ABSTRACT PROBLEMI E PROSPETTIVE DI COMPETITIVITA’ DELLE IMPRESE ITALIANE NEL MERCATO GLOBALE di F.Falcone Scopo dell’indagine è di verificare, sulla base dei dati Istat e di sondaggi diretti a livello locale, l’evoluzione e le prospettive di competitività delle imprese italiane (e, in particolare, di quelle del Sud) sui mercati internazionali. Com’è noto, a fronte della crescente concorrenza dei Paesi emergenti a bassi salari, il sistema produttivo nazionale appare particolarmente svantaggiato a causa della eccessiva specializzazione nei settori tradizionali ad alto contenuto di mano d’opera e della notevole incidenza delle imprese di piccola e piccolissima dimensione. Per le imprese meridionali, in particolare, le capacità di restare competitive sul mercato appaiono notevolmente affievolite. Dall’analisi del sistema industriale della Sicilia sulla base delle statistiche ufficiali, come si è avuto modo di rilevare, emerge nel complesso, per l’intera regione e per le province siciliane singolarmente considerate, una situazione molto distanziata rispetto ai valori medi nazionali, una situazione per certi aspetti peggiore anche nei confronti dei valori medi rilevati per l’intero Mezzogiorno. Bisogna tuttavia tener conto delle differenziazioni, notoriamente esistenti all’interno di ogni provincia (e che spesso scompaiono nei valori medi provinciali) e bisogna soprattutto tener conto delle caratteristiche qualitative che sfuggono alle rilevazioni ufficiali. Ci riferiamo, in particolare, alla complessa valutazione delle tendenze in atto e agli eventuali segnali di cambiamento, desumibili dalle specifiche modalità di comportamento degli imprenditori, dalle aspettative di questi ultimi e dalle eventuali nuove strategie che essi intendono attuare o che hanno cominciato a porre in essere. Dalla collaterale indagine di campo, sia pure limitata a specifiche località e settori, sono emerse a questo riguardo delle indicazioni che conducono a valutazioni sicuramente più ottimistiche, rispetto a quanto rilevabile dai dati delle statistiche ufficiali. L’indagine diretta sulle imprese catanesi ha infatti evidenziato alcune esperienze industriali positive. Non solo. Ciò che più conta è che è possibile intravedere in queste esperienze alcuni significativi segnali di cambiamento nel comportamento e nella mentalità degli operatori locali. In un settore di punta, quale può essere considerato quello della componentistica elettronica di base, come si è visto, è rilevabile nell’area catanese l’importante esperienza industriale della ST Microelectronic, cresciuta attraverso un processo di fusioni successive e soprattutto grazie ad una efficace gestione, sempre più basata, da una parte, su tipici elementi di competitività aziendale (quali le innovazioni, la qualità dei prodotti, l’elevata qualificazione del personale) e, dall’altra, sulla costruzione di una appropriata «rete di relazioni» con altre imprese, con l’Università e con le istituzioni locali. Analogamente a quanto rilevato a proposito della ST Microelectronics, è importante sottolineare che anche in un settore tradizionale (come l’abbigliamento) il «caso Bronte» dimostra che oggi più che mai, di fronte alla crescente concorrenza internazionale, le imprese – per aumentare la loro efficienza produttiva e restare competitive – debbono assolutamente mirare, allo stesso tempo, al raggiungimento di standard qualitativi e produttivi molto elevati (così da compensare l’ormai inevitabile svantaggio comparato in termini di costo del lavoro) e, a tale scopo, due elementi appaiono di fondamentale importanza: a) la possibilità di utilizzare, a differenza dei Paesi a bassi salari, mano d’opera altamente qualificata; b) l’instaurazione di appropriati rapporti di collaborazione con le altre imprese, gli altri operatori e con le istituzioni locali, così da potere sfruttare al massimo tutte le possibilità offerte dal contesto territoriale di appartenenza. Anche dalle interviste alle imprese di Enna (abbigliamento, gomma e plastica) e di Ragusa (colture in serre), in buona sostanza, è emerso, quale comune denominatore dell’intera indagine diretta effettuata, che -–al giorno d’oggi – ciò che veramente fa la differenza, fra le imprese di successo (e non), riguarda essenzialmente il perseguimento effettivo (o meno) di più elevati standard qualitativi e di una maggiore efficienza a tutti i livelli (a livello produttivo, organizzativo, gestionale e commerciale), attraverso una maggiore qualificazione del personale e una crescente interazione con il territorio, quest’ultima realizzata tramite l’instaurazione di stabili e intensi rapporti di collaborazione (con altre imprese e altri soggetti locali), fortemente e inequivocabilmente mirati all’acquisizione di una maggiore competitività sul mercato interno e sui mercati internazionali.

Problemi e prospettive di competitività delle imprese italiane nel mercato globale

FALCONE, Franca
2006-01-01

Abstract

ABSTRACT PROBLEMI E PROSPETTIVE DI COMPETITIVITA’ DELLE IMPRESE ITALIANE NEL MERCATO GLOBALE di F.Falcone Scopo dell’indagine è di verificare, sulla base dei dati Istat e di sondaggi diretti a livello locale, l’evoluzione e le prospettive di competitività delle imprese italiane (e, in particolare, di quelle del Sud) sui mercati internazionali. Com’è noto, a fronte della crescente concorrenza dei Paesi emergenti a bassi salari, il sistema produttivo nazionale appare particolarmente svantaggiato a causa della eccessiva specializzazione nei settori tradizionali ad alto contenuto di mano d’opera e della notevole incidenza delle imprese di piccola e piccolissima dimensione. Per le imprese meridionali, in particolare, le capacità di restare competitive sul mercato appaiono notevolmente affievolite. Dall’analisi del sistema industriale della Sicilia sulla base delle statistiche ufficiali, come si è avuto modo di rilevare, emerge nel complesso, per l’intera regione e per le province siciliane singolarmente considerate, una situazione molto distanziata rispetto ai valori medi nazionali, una situazione per certi aspetti peggiore anche nei confronti dei valori medi rilevati per l’intero Mezzogiorno. Bisogna tuttavia tener conto delle differenziazioni, notoriamente esistenti all’interno di ogni provincia (e che spesso scompaiono nei valori medi provinciali) e bisogna soprattutto tener conto delle caratteristiche qualitative che sfuggono alle rilevazioni ufficiali. Ci riferiamo, in particolare, alla complessa valutazione delle tendenze in atto e agli eventuali segnali di cambiamento, desumibili dalle specifiche modalità di comportamento degli imprenditori, dalle aspettative di questi ultimi e dalle eventuali nuove strategie che essi intendono attuare o che hanno cominciato a porre in essere. Dalla collaterale indagine di campo, sia pure limitata a specifiche località e settori, sono emerse a questo riguardo delle indicazioni che conducono a valutazioni sicuramente più ottimistiche, rispetto a quanto rilevabile dai dati delle statistiche ufficiali. L’indagine diretta sulle imprese catanesi ha infatti evidenziato alcune esperienze industriali positive. Non solo. Ciò che più conta è che è possibile intravedere in queste esperienze alcuni significativi segnali di cambiamento nel comportamento e nella mentalità degli operatori locali. In un settore di punta, quale può essere considerato quello della componentistica elettronica di base, come si è visto, è rilevabile nell’area catanese l’importante esperienza industriale della ST Microelectronic, cresciuta attraverso un processo di fusioni successive e soprattutto grazie ad una efficace gestione, sempre più basata, da una parte, su tipici elementi di competitività aziendale (quali le innovazioni, la qualità dei prodotti, l’elevata qualificazione del personale) e, dall’altra, sulla costruzione di una appropriata «rete di relazioni» con altre imprese, con l’Università e con le istituzioni locali. Analogamente a quanto rilevato a proposito della ST Microelectronics, è importante sottolineare che anche in un settore tradizionale (come l’abbigliamento) il «caso Bronte» dimostra che oggi più che mai, di fronte alla crescente concorrenza internazionale, le imprese – per aumentare la loro efficienza produttiva e restare competitive – debbono assolutamente mirare, allo stesso tempo, al raggiungimento di standard qualitativi e produttivi molto elevati (così da compensare l’ormai inevitabile svantaggio comparato in termini di costo del lavoro) e, a tale scopo, due elementi appaiono di fondamentale importanza: a) la possibilità di utilizzare, a differenza dei Paesi a bassi salari, mano d’opera altamente qualificata; b) l’instaurazione di appropriati rapporti di collaborazione con le altre imprese, gli altri operatori e con le istituzioni locali, così da potere sfruttare al massimo tutte le possibilità offerte dal contesto territoriale di appartenenza. Anche dalle interviste alle imprese di Enna (abbigliamento, gomma e plastica) e di Ragusa (colture in serre), in buona sostanza, è emerso, quale comune denominatore dell’intera indagine diretta effettuata, che -–al giorno d’oggi – ciò che veramente fa la differenza, fra le imprese di successo (e non), riguarda essenzialmente il perseguimento effettivo (o meno) di più elevati standard qualitativi e di una maggiore efficienza a tutti i livelli (a livello produttivo, organizzativo, gestionale e commerciale), attraverso una maggiore qualificazione del personale e una crescente interazione con il territorio, quest’ultima realizzata tramite l’instaurazione di stabili e intensi rapporti di collaborazione (con altre imprese e altri soggetti locali), fortemente e inequivocabilmente mirati all’acquisizione di una maggiore competitività sul mercato interno e sui mercati internazionali.
2006
88-14-11141-3
competitività; esportazioni; italiane
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/58686
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