Per l'uomo medievale non esiste la bella natura, vale a dire la natura come oggetto di contemplazione disinteressata. Non può affacciarsi, in quell'epoca, una valutazione delle cose che ne colga una bellezza autoreferenziale. La religiosità medievale vuole la natura al servizio di Dio, obbediente alle sue direttive, segnata della sua impronta: ministra e insieme messaggera. Non si consuma per questo una sconfessione del vedere e del guardare; tanto meno nel Basso Medioevo e nella gnoseologia di stampo aristotelico, che nega il passaggio diretto dal pensiero a Dio, ponendo invece Dio come meta di un percorso che muova dalla realtà esterna. Entro queste condizioni, l'atto percettivo è condicio che non ammette di essere surrogata e la vista è il senso massimamente conoscitivo. Così si verifica anche nella "Commedia" di Dante, sia che essa dispieghi il cosmo nella sua vitalità e nel suo ordine, sia che allinei diapositive paesaggistiche. Queste ultime possono inscriversi nelle similitudini ma anche inerire al mondo ultraterreno visitato dal protagonista. Spicca in particolar modo il quadro della selva, ora in accezione disforica, come nel proemio, ora in accezione positiva, come nel Paradiso Terrestre, che sigilla la seconda cantica.

Paesaggi tra realismo e allegorismo

CRISTALDI, Sergio Alfio Maria
2009-01-01

Abstract

Per l'uomo medievale non esiste la bella natura, vale a dire la natura come oggetto di contemplazione disinteressata. Non può affacciarsi, in quell'epoca, una valutazione delle cose che ne colga una bellezza autoreferenziale. La religiosità medievale vuole la natura al servizio di Dio, obbediente alle sue direttive, segnata della sua impronta: ministra e insieme messaggera. Non si consuma per questo una sconfessione del vedere e del guardare; tanto meno nel Basso Medioevo e nella gnoseologia di stampo aristotelico, che nega il passaggio diretto dal pensiero a Dio, ponendo invece Dio come meta di un percorso che muova dalla realtà esterna. Entro queste condizioni, l'atto percettivo è condicio che non ammette di essere surrogata e la vista è il senso massimamente conoscitivo. Così si verifica anche nella "Commedia" di Dante, sia che essa dispieghi il cosmo nella sua vitalità e nel suo ordine, sia che allinei diapositive paesaggistiche. Queste ultime possono inscriversi nelle similitudini ma anche inerire al mondo ultraterreno visitato dal protagonista. Spicca in particolar modo il quadro della selva, ora in accezione disforica, come nel proemio, ora in accezione positiva, come nel Paradiso Terrestre, che sigilla la seconda cantica.
2009
9788889501030
Dante; Natura; Simbolismo
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