Nell’articolo viene riletta storiograficamente tutta una serie di trattati di diritto processuale civile romano pubblicati nell’Ottocento e fino ai primi decenni del Novecento che sembra suggerire nuovi angoli prospettici dai quali guardare alcuni dei problemi ancora aperti ed insoluti della ricerca romanistica processualistica. Se nessun dubbio esiste in ordine al fatto che le opere del Keller e del Wlassak costituiscano delle vere e proprie pietre miliari nella ricostruzione del fenomeno processuale romano, è altrettanto indiscutibile che in esse non si esaurisce certo la grande tradizione storiografica del processo civile romano, all’interno della quale disparate furono le tendenze metodologiche che innovarono il panorama degli studi dell’epoca e che appalesano non pochi profili di attualità per la storiografia contemporanea, che risulta esserne debitrice per diversi aspetti. Allo studioso del processo civile romano si manifesta allora la necessità di ricostruire, nella maniera più completa possibile, il percorso svolto dalla grande tradizione storiografica ottocentesca e dei primi del Novecento per cercare di comprendere non solo le motivazioni e le sollecitazioni ideologiche, culturali e metodologiche che le hanno consentito di pervenire a risultati per lungo tempo inattaccati od insuperati dalla storiografia successiva o, addirittura, da quella odierna, ma anche perché questa tradizione storiografica sia stata e sia ancor oggi spesso inquadrata nel rigido schema dell’antitesi Keller-Wlassak, tralasciando o, comunque, non tenendo in sufficiente considerazione tutti quegli autori che pure ebbero modo di scrivere manuali e trattati di diritto processuale romano prima del Keller e dopo il Wlassak e, soprattutto, nel periodo ricompreso tra la pubblicazione del manuale del primo e quella delle numerose opere del secondo: Zimmern, Bethmann-Hollweg, Bekker, Karlowa, Hartmann-Ubbelohde, Buonamici, Zocco-Rosa, Eisele, Jobbé-Duval, Samter, Steinwenter, Bertolini, Costa, Wenger ed Arangio-Ruiz. La lezione che viene impartita da tali autori è quella non di mostrare il ‘sistema’, dando luogo così a ricostruzioni forzatamente ‘coerenti’, come non di rado si rinviene nelle opere moderne, bensì di guardare con sospetto ad indagini storiografiche caratterizzate da una sopravalutazione degli aspetti giuridico-formali a scapito di tutti quei fattori storici e moventi politici che costituiscono il presupposto più o meno immediato di tutti gli istituti giuridici processuali, con l’ovvia conseguenza di un’eccessiva rigidità nella ricostruzione delle loro vicende e fisionomie.

La trattatistica di diritto processuale civile romano dall'Ottocento ai primi decenni del Novecento. Una nuova edizione digitale

ARCARIA, Francesco
2008-01-01

Abstract

Nell’articolo viene riletta storiograficamente tutta una serie di trattati di diritto processuale civile romano pubblicati nell’Ottocento e fino ai primi decenni del Novecento che sembra suggerire nuovi angoli prospettici dai quali guardare alcuni dei problemi ancora aperti ed insoluti della ricerca romanistica processualistica. Se nessun dubbio esiste in ordine al fatto che le opere del Keller e del Wlassak costituiscano delle vere e proprie pietre miliari nella ricostruzione del fenomeno processuale romano, è altrettanto indiscutibile che in esse non si esaurisce certo la grande tradizione storiografica del processo civile romano, all’interno della quale disparate furono le tendenze metodologiche che innovarono il panorama degli studi dell’epoca e che appalesano non pochi profili di attualità per la storiografia contemporanea, che risulta esserne debitrice per diversi aspetti. Allo studioso del processo civile romano si manifesta allora la necessità di ricostruire, nella maniera più completa possibile, il percorso svolto dalla grande tradizione storiografica ottocentesca e dei primi del Novecento per cercare di comprendere non solo le motivazioni e le sollecitazioni ideologiche, culturali e metodologiche che le hanno consentito di pervenire a risultati per lungo tempo inattaccati od insuperati dalla storiografia successiva o, addirittura, da quella odierna, ma anche perché questa tradizione storiografica sia stata e sia ancor oggi spesso inquadrata nel rigido schema dell’antitesi Keller-Wlassak, tralasciando o, comunque, non tenendo in sufficiente considerazione tutti quegli autori che pure ebbero modo di scrivere manuali e trattati di diritto processuale romano prima del Keller e dopo il Wlassak e, soprattutto, nel periodo ricompreso tra la pubblicazione del manuale del primo e quella delle numerose opere del secondo: Zimmern, Bethmann-Hollweg, Bekker, Karlowa, Hartmann-Ubbelohde, Buonamici, Zocco-Rosa, Eisele, Jobbé-Duval, Samter, Steinwenter, Bertolini, Costa, Wenger ed Arangio-Ruiz. La lezione che viene impartita da tali autori è quella non di mostrare il ‘sistema’, dando luogo così a ricostruzioni forzatamente ‘coerenti’, come non di rado si rinviene nelle opere moderne, bensì di guardare con sospetto ad indagini storiografiche caratterizzate da una sopravalutazione degli aspetti giuridico-formali a scapito di tutti quei fattori storici e moventi politici che costituiscono il presupposto più o meno immediato di tutti gli istituti giuridici processuali, con l’ovvia conseguenza di un’eccessiva rigidità nella ricostruzione delle loro vicende e fisionomie.
2008
978-88-7751-292-5
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/59765
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