Il saggio compie un’ampia ricognizione critica sugli effetti derivati al sistema delle tutele giurisdizionali civili per effetto dell’introduzione – con legge 15 maggio 2005, n. 80 – delle misure cautelari c.d. autonome, come tali idonee a mantenere la loro efficacia nonostante il mancato instaurarsi od il successivo estinguersi del giudizio di merito cui si correlano funzionalmente. A dispetto del limitato intervento testuale del legislatore – circoscritto topograficamente ad alcune sole disposizioni del procedimento cautelare uniforme (artt. 669 sepiets; 669 octies, 669 decies, 669 terdecies)– l’introduzione di tale nuova categoria concettuale determina infatti, per come evidenziato nello studio, significative ricadute generali riguardanti: a) lo stesso offuscarsi della distinzione dogmatica fra la categoria della tutela cautelare e quella dei cc.dd. provvedimenti sommario-anticipatori a prevalente funzione esecutiva (con quanto ne consegue in merito alla controversa applicabilità nei riguardi di questi ultimi di talune disposizioni proprie del procedimento cautelare uniforme, quali, esemplarmente, l’art. 669 terdecies); b) l’attenuata applicazione del c.d. principio di globalità nella determinazione dell’assetto delle spese processuali del rito cautelare (corollario della dovuta pronuncia in expensis, a corredo del concesso provvedimento cautelare, consideratane la sua eventuale “autonomizzazione” dal giudizio di merito); c) il ravvicinamento fra il grado di stabilità (relativa) di quello che vien già da alcuni definito il “giudicato cautelare” ed il grado di stabilità (tendenzialmente assoluto) della cosa giudicata propriamente detta (con ciò che ne consegue in merito alla problematica applicabilità di istituti originariamente concepiti in relazione a quest’ultima entro l'area - altresì - della tutela cautelare autonoma, come accade, ad esempio: per l’effetto interuttivo/sospensivo della prescrizione, ex art. 2943 e 2945 , comma 2, c.c. con riguardo al procedimento cautelare per l'ottenimento di misure potenzialmente "autonome", dalla domanda fino al loro stabilizzarsi; ovvero per l’istituto della litispendenza). Lo studio contiene altresì l’analisi della rimodulazione derivata dalla novella nei rapporti: a) tra l’istituto della revoca/modifica della misura cautelare e quello del reclamo, e b) tra la misura cautelare autonoma ed il giudizio di merito, segnatamente con riferimento alle ipotesi in cui quest’ultimo, pur tecnicamente non estinguendosi, si chiuda con una pronuncia analogamente declinatoria dell’accertamento di merito, sì da generare la questione della applicabilità del regime di ultrattività della misura, testualmente previsto dalla novella avuto riguardo alla fattispecie di estinzione.

Su alcuni effetti sistematici generali della novella al procedimento cautelare uniforme

RAITI, Giovanni
2007-01-01

Abstract

Il saggio compie un’ampia ricognizione critica sugli effetti derivati al sistema delle tutele giurisdizionali civili per effetto dell’introduzione – con legge 15 maggio 2005, n. 80 – delle misure cautelari c.d. autonome, come tali idonee a mantenere la loro efficacia nonostante il mancato instaurarsi od il successivo estinguersi del giudizio di merito cui si correlano funzionalmente. A dispetto del limitato intervento testuale del legislatore – circoscritto topograficamente ad alcune sole disposizioni del procedimento cautelare uniforme (artt. 669 sepiets; 669 octies, 669 decies, 669 terdecies)– l’introduzione di tale nuova categoria concettuale determina infatti, per come evidenziato nello studio, significative ricadute generali riguardanti: a) lo stesso offuscarsi della distinzione dogmatica fra la categoria della tutela cautelare e quella dei cc.dd. provvedimenti sommario-anticipatori a prevalente funzione esecutiva (con quanto ne consegue in merito alla controversa applicabilità nei riguardi di questi ultimi di talune disposizioni proprie del procedimento cautelare uniforme, quali, esemplarmente, l’art. 669 terdecies); b) l’attenuata applicazione del c.d. principio di globalità nella determinazione dell’assetto delle spese processuali del rito cautelare (corollario della dovuta pronuncia in expensis, a corredo del concesso provvedimento cautelare, consideratane la sua eventuale “autonomizzazione” dal giudizio di merito); c) il ravvicinamento fra il grado di stabilità (relativa) di quello che vien già da alcuni definito il “giudicato cautelare” ed il grado di stabilità (tendenzialmente assoluto) della cosa giudicata propriamente detta (con ciò che ne consegue in merito alla problematica applicabilità di istituti originariamente concepiti in relazione a quest’ultima entro l'area - altresì - della tutela cautelare autonoma, come accade, ad esempio: per l’effetto interuttivo/sospensivo della prescrizione, ex art. 2943 e 2945 , comma 2, c.c. con riguardo al procedimento cautelare per l'ottenimento di misure potenzialmente "autonome", dalla domanda fino al loro stabilizzarsi; ovvero per l’istituto della litispendenza). Lo studio contiene altresì l’analisi della rimodulazione derivata dalla novella nei rapporti: a) tra l’istituto della revoca/modifica della misura cautelare e quello del reclamo, e b) tra la misura cautelare autonoma ed il giudizio di merito, segnatamente con riferimento alle ipotesi in cui quest’ultimo, pur tecnicamente non estinguendosi, si chiuda con una pronuncia analogamente declinatoria dell’accertamento di merito, sì da generare la questione della applicabilità del regime di ultrattività della misura, testualmente previsto dalla novella avuto riguardo alla fattispecie di estinzione.
2007
88-14-13512-6
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/59768
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