Sebbene il termine ékphrasis trovi la sua applicazione nel senso di “descrizione di opere d’arte”, la gamma di elementi fra loro eterogenei, a cui tale definizione è stata attribuita, mostra quanto sfaccettato sia lo spettro dei suoi significati: valgano come esempio l’omerico scudo d’Achille, il museo di beaux arts di Filostrato il Vecchio, Le vite di Vasari, il Theatro assai pittorico di Camillo, i Laocoonte di Lessing e Winckelmann, i testi del Diderot critico d’arte, le vivide rese di Marianne Moore e, perché no?, il Ventre dell’architetto di Peter Greenaway. Ricorrere alla retorica per dare ordine al fenomeno, memori delle origini stesse dell’ékphrasis, potrebbe risultare di qualche aiuto: ci troviamo alle prese con una figura di pensiero, quella che i Greci in realtà chiamavano enargeia, e che Cicerone traduce con perspicuitas, ma anche inlustratio o illustratio, ed evidentia. Prima del processo di traduzione che ha luogo nella mente dell’ascoltatore, o lettore che sia, si realizza però un altro processo di metamorfosi, il passaggio dall’immagine alla parola, compiuto dall’artefice della descriptio (si tratti di immagine reale o fittizia), cosicché quanto accade nella mente del “fruitore” assume la forma di un’insolita ritraduzione. Il testo, concepito come introduzione a un volume incentrato sull'ecfrasi principalmente nella sua accezione pittorica, sulla scia di questi assunti iniziali si avventura in un excursus che attraverso la storia dipana una serie di casi esemplari che mostrano quali forme la descrizione dell'opera d'arte abbia assunto e quali scrittori se ne siano serviti acquistando così un posto nella galleria delle ecfrasi di ogni tempo.

Modi d'ékphrasis. Un'introduzione

SCUDERI, Vincenza
2007-01-01

Abstract

Sebbene il termine ékphrasis trovi la sua applicazione nel senso di “descrizione di opere d’arte”, la gamma di elementi fra loro eterogenei, a cui tale definizione è stata attribuita, mostra quanto sfaccettato sia lo spettro dei suoi significati: valgano come esempio l’omerico scudo d’Achille, il museo di beaux arts di Filostrato il Vecchio, Le vite di Vasari, il Theatro assai pittorico di Camillo, i Laocoonte di Lessing e Winckelmann, i testi del Diderot critico d’arte, le vivide rese di Marianne Moore e, perché no?, il Ventre dell’architetto di Peter Greenaway. Ricorrere alla retorica per dare ordine al fenomeno, memori delle origini stesse dell’ékphrasis, potrebbe risultare di qualche aiuto: ci troviamo alle prese con una figura di pensiero, quella che i Greci in realtà chiamavano enargeia, e che Cicerone traduce con perspicuitas, ma anche inlustratio o illustratio, ed evidentia. Prima del processo di traduzione che ha luogo nella mente dell’ascoltatore, o lettore che sia, si realizza però un altro processo di metamorfosi, il passaggio dall’immagine alla parola, compiuto dall’artefice della descriptio (si tratti di immagine reale o fittizia), cosicché quanto accade nella mente del “fruitore” assume la forma di un’insolita ritraduzione. Il testo, concepito come introduzione a un volume incentrato sull'ecfrasi principalmente nella sua accezione pittorica, sulla scia di questi assunti iniziali si avventura in un excursus che attraverso la storia dipana una serie di casi esemplari che mostrano quali forme la descrizione dell'opera d'arte abbia assunto e quali scrittori se ne siano serviti acquistando così un posto nella galleria delle ecfrasi di ogni tempo.
2007
9788861590861
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/60643
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