Many philosophical accounts of human rights are currently presented as Kantian or strongly based on Kant’s assertion of human beings’ inherent worth. Many more are fashionably announced as anti-Kantian, or at least post-Kantian, for their firm refusal of adopting tentatively universal yet ultimately parochial standards of normativity. Despite this vast array of positive and negative references, it is surprising that no commentator has ever attempted to reconstruct what would be an authentically Kantian theory of human rights. To be sure, we have at our disposal sophisticated interpretations of Kant’s theory of justice (Recht), of rights in general, of cosmopolitan law, of humanity and of many other concepts that are clearly relevant for any theory of human rights. Yet, with the exception of few remarks scattered here and there, and a recent attempt by Gunnar Beck, no one has ever read Kant’s moral and political thought to find in it what we would call today a philosophical theory of human rights. This paper attempts to do just that.

Mentre molte fondazioni dei diritti umani sono oggi presentate come “kantiane” per il loro basarsi sull’idea di un presunto valore intrinseco degli esseri umani, molte di più amano definirsi come anti-kantiane, o quantomeno post-kantiane, per il loro fermo rifiuto di adottare standard etici in apparenza universali, ma in realtà incapaci di creare consenso se non all’interno della cultura politica liberal-democratica, e forse persino solo in una parte ristretta di questa. Nonostante tale abbondanza di riferimenti positivi e negativi, rimane piuttosto sorprendente che nessun interprete si sia domandato qual sia precisamente la teoria kantiana dei diritti umani, o quantomeno se qualcosa del genere esista. Ovviamente, abbiamo a disposizione interpretazioni sofisticate della teoria della giustizia di Kant, della sua visione di diritti specifici, del diritto cosmopolita e internazionale e di molti altri concetti chiaramente rilevanti. Tuttavia, fatta eccezione per alcune osservazioni sparse, nessuno ha mai tentato di leggere la filosofia morale e politica di Kant cercandovi qualcosa che si avvicini una fondazione dei diritti umani. Tale la ricostruzione può, tuttavia, essere utile perché permette di acquisire un termine di paragone autorevole per giudicare altri approcci. L’articolo fa proprio questo ed è diviso in quattro parti. Nella prima, discutiamo l’unico diritto innato che Kant riconosce agli uomini, quello alla libertà esterna, considerandolo come il parente più prossimo di quel che oggi chiameremmo un diritto umano. Poiché Kant ritiene che gli uomini abbiano tale diritto in virtù dello loro umanità, intesa come “capacità di porre dei fini per se stessi”, cruciale sarà l’esatta definizione di questo concetto. A questo fine, nella seconda e terza parte, distingueremo due forme di libertà, la libertà pratica e l’autonomia, attribuite da Kant alla volontà umana, tentando di stabilire a quale delle due Kant si riferisca introducendo “l’umanità” come base fondativa del diritto alla libertà esterna. La quarta ed ultima parte si occuperà di analizzare criticamente tale argomento discutendo due opposte linee interpretative che rispettivamente affermano e negano che l’autonomia svolga un ruolo nella fondazione kantiana del diritto alla libertà esterna. L’articolo si chiude con un tentativo di sintetizzare gli spunti migliori provenienti dai due campi in vista di una ricostruzione dell’argomento kantiano al tempo stesso fedele a Kant e capace di porsi come primo passo per una futura teoria kantiana dei diritti umani.

Per una teoria kantiana dei diritti umani

CARANTI, Luigi
2007-01-01

Abstract

Many philosophical accounts of human rights are currently presented as Kantian or strongly based on Kant’s assertion of human beings’ inherent worth. Many more are fashionably announced as anti-Kantian, or at least post-Kantian, for their firm refusal of adopting tentatively universal yet ultimately parochial standards of normativity. Despite this vast array of positive and negative references, it is surprising that no commentator has ever attempted to reconstruct what would be an authentically Kantian theory of human rights. To be sure, we have at our disposal sophisticated interpretations of Kant’s theory of justice (Recht), of rights in general, of cosmopolitan law, of humanity and of many other concepts that are clearly relevant for any theory of human rights. Yet, with the exception of few remarks scattered here and there, and a recent attempt by Gunnar Beck, no one has ever read Kant’s moral and political thought to find in it what we would call today a philosophical theory of human rights. This paper attempts to do just that.
2007
8846718941
Mentre molte fondazioni dei diritti umani sono oggi presentate come “kantiane” per il loro basarsi sull’idea di un presunto valore intrinseco degli esseri umani, molte di più amano definirsi come anti-kantiane, o quantomeno post-kantiane, per il loro fermo rifiuto di adottare standard etici in apparenza universali, ma in realtà incapaci di creare consenso se non all’interno della cultura politica liberal-democratica, e forse persino solo in una parte ristretta di questa. Nonostante tale abbondanza di riferimenti positivi e negativi, rimane piuttosto sorprendente che nessun interprete si sia domandato qual sia precisamente la teoria kantiana dei diritti umani, o quantomeno se qualcosa del genere esista. Ovviamente, abbiamo a disposizione interpretazioni sofisticate della teoria della giustizia di Kant, della sua visione di diritti specifici, del diritto cosmopolita e internazionale e di molti altri concetti chiaramente rilevanti. Tuttavia, fatta eccezione per alcune osservazioni sparse, nessuno ha mai tentato di leggere la filosofia morale e politica di Kant cercandovi qualcosa che si avvicini una fondazione dei diritti umani. Tale la ricostruzione può, tuttavia, essere utile perché permette di acquisire un termine di paragone autorevole per giudicare altri approcci. L’articolo fa proprio questo ed è diviso in quattro parti. Nella prima, discutiamo l’unico diritto innato che Kant riconosce agli uomini, quello alla libertà esterna, considerandolo come il parente più prossimo di quel che oggi chiameremmo un diritto umano. Poiché Kant ritiene che gli uomini abbiano tale diritto in virtù dello loro umanità, intesa come “capacità di porre dei fini per se stessi”, cruciale sarà l’esatta definizione di questo concetto. A questo fine, nella seconda e terza parte, distingueremo due forme di libertà, la libertà pratica e l’autonomia, attribuite da Kant alla volontà umana, tentando di stabilire a quale delle due Kant si riferisca introducendo “l’umanità” come base fondativa del diritto alla libertà esterna. La quarta ed ultima parte si occuperà di analizzare criticamente tale argomento discutendo due opposte linee interpretative che rispettivamente affermano e negano che l’autonomia svolga un ruolo nella fondazione kantiana del diritto alla libertà esterna. L’articolo si chiude con un tentativo di sintetizzare gli spunti migliori provenienti dai due campi in vista di una ricostruzione dell’argomento kantiano al tempo stesso fedele a Kant e capace di porsi come primo passo per una futura teoria kantiana dei diritti umani.
Kant; Human Rights; autonomy
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/61451
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