A fronte dell’emersione dei bisogni sociali degli autonomi di nuova generazione – spesso deboli, poveri, e soli, nel senso chiarito nel contributo e riferibile sostanzialmente all’osservazione fenomenica della tendenziale assenza di formule di voice collettiva – si è inteso proporre quale fil rouge del tema, relativamente nuovo, del lavoro autonomo povero quello, certamente più tradizionale, del necessario sostegno collettivo per prestatori che, trovandosi in posizione di squilibrio negoziale con le controparti e di debolezza sul mercato, finiscono per svolgere il ruolo di meri price-taker. Sulla questione della rappresentanza collettiva degli autonomi incidono tradizionalmente – oltre alla notoria ritrosia e difficoltà di organizzare collettivamente il “multiverso” del lavoro autonomo – gli effetti ostativi derivanti dal tradizionale assetto interpretativo della disciplina antitrust europea e in particolare l’appiattita equiparazione degli autonomi ad attività imprenditoriali nonchè la considerazione delle loro istanze di organizzazione e negoziazione collettiva quali intese restrittive della concorrenza. Si tratta di assetto interpretativo meritevole di essere ri-considerato, ben al di là delle timide aperture formulate dalla Corte di giustizia in FNV Kunsten, ma anche ben oltre il solco tracciato dagli Orientamenti della Commissione sugli accordi collettivi dei lavoratori autonomi individuali, in ragione del criterio-guida – illustrato nel saggio – dello squilibrio negoziale e dunque dell’incapacità di co-determinare le condizioni negoziali individuali, quale fondamento tanto dell’eccezione dal campo di applicazione del diritto della concorrenza quanto, in una prospettiva evolutiva, quale base giuridica di un diritto fondamentale alla contrattazione collettiva per i lavoratori autonomi.
Squilibrio negoziale, lavoro povero e autotutela collettiva per gli autonomi soli.
Veronica Papa
2024-01-01
Abstract
A fronte dell’emersione dei bisogni sociali degli autonomi di nuova generazione – spesso deboli, poveri, e soli, nel senso chiarito nel contributo e riferibile sostanzialmente all’osservazione fenomenica della tendenziale assenza di formule di voice collettiva – si è inteso proporre quale fil rouge del tema, relativamente nuovo, del lavoro autonomo povero quello, certamente più tradizionale, del necessario sostegno collettivo per prestatori che, trovandosi in posizione di squilibrio negoziale con le controparti e di debolezza sul mercato, finiscono per svolgere il ruolo di meri price-taker. Sulla questione della rappresentanza collettiva degli autonomi incidono tradizionalmente – oltre alla notoria ritrosia e difficoltà di organizzare collettivamente il “multiverso” del lavoro autonomo – gli effetti ostativi derivanti dal tradizionale assetto interpretativo della disciplina antitrust europea e in particolare l’appiattita equiparazione degli autonomi ad attività imprenditoriali nonchè la considerazione delle loro istanze di organizzazione e negoziazione collettiva quali intese restrittive della concorrenza. Si tratta di assetto interpretativo meritevole di essere ri-considerato, ben al di là delle timide aperture formulate dalla Corte di giustizia in FNV Kunsten, ma anche ben oltre il solco tracciato dagli Orientamenti della Commissione sugli accordi collettivi dei lavoratori autonomi individuali, in ragione del criterio-guida – illustrato nel saggio – dello squilibrio negoziale e dunque dell’incapacità di co-determinare le condizioni negoziali individuali, quale fondamento tanto dell’eccezione dal campo di applicazione del diritto della concorrenza quanto, in una prospettiva evolutiva, quale base giuridica di un diritto fondamentale alla contrattazione collettiva per i lavoratori autonomi.File | Dimensione | Formato | |
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