Il capitolo monografico sulla fiction va letto nella logica complessiva del volume, progettato e curato dall’autrice in collaborazione con Ilaria Bonomi. Il volume ha preso avvio dalla constatazione della mancanza di uno studio complessivo sulla lingua della televisione, che ne prendesse in esame la pluralità di generi e di relativi linguaggi, restituendo alla parola la sua valenza nel mezzo televisivo, di fronte al supposto predominio dell’immagine, sviscerandone il diverso peso che la parola nei differenti generi televisivi. L’italiano televisivo si differenzia pertanto in modo anche radicale al suo interno, sicché si può parlare di tanti diversi italiani del piccolo schermo. In un’elementare storicizzazione linguistica del mezzo televisivo, alla fase pedagogica, caratterizzata da una strategia artigianale e un ciclo produttivo elargito dall’alto a fini di manipolazione e coesione sociale, seguiva la fase del mercato nella quale si dava vita a catene di consumo e a produzioni seriali. In questo quadro si è voluta rivisitare la dinamica dell’incidenza sociolinguistica della televisione come diuturno assorbimento di modalità comunicative più che di fulminea interiorizzazione di modelli linguistici. È uno dei contributi di conoscenza che questo libro vorrebbe offrire. Per uno studio complessivo sulla lingua televisiva è parso fondamentale strutturare l’analisi sulla divisione dei generi, senza trascurare all’interno dei singoli capitoli le contaminazioni tipiche della cosiddetta neotv: informazione, divulgazione scientifico-culturale, intrattenimento o varietà, fiction, sport, tv dei ragazzi. Il campione, relativo al periodo 2000-2006, è rappresentato per ciascun genere da circa 7-8 ore di trasmesso nell’ambito dei diversi canali generalisti Rai e Mediaset, ed è stato distinto in campione allargato, oggetto di osservazione più generale e relativa ad aspetti prevalentemente strutturali e stilistici, e un campione ristretto, trascritto seguendo le convenzioni del LIR (Lessico dell’italiano radiofonico). L’analisi linguistica è stata svolta sui diversi livelli (testuale, sintattico, morfo-sintattico, lessicale, stilistico), individuando e documentando aspetti strutturali e testuali più rilevanti, tendenze sintattiche e lessicali, e comportamento morfosintattico relativamente ad alcuni fenomeni più significativi soprattutto per il rapporto scritto/parlato, rispetto al quale si dispiega la pluralità dei programmi, che spazia dal polo più vicino allo scritto di telegiornali o programmi culturali, al polo orientato al parlato spontaneo di molti programmi di intrattenimento, passando attraverso diamesie diverse e specifiche come quelle del parlato simulato della fiction. Ugualmente presenti nel lavoro di analisi sono stati naturalmente gli altri parametri della variazione linguistica, anche se decisamente meno produttivi di quella diamesica ai fini della descrizione del trasmesso televisivo: il parametro diastratico o della variazione sociale, quello diatopico o della variazione geografica, e quello diafasico o della variazione di situazione e di formalità. A dispetto delle accuse generiche che vengono mosse alla televisione di fare uso di una lingua scorretta, bassa, triviale, lontanissima dallo standard a cui si atteneva la televisione pedagogica dei primi decenni, il trasmesso della televisione di oggi appare fortemente diversificato, mostrando un ventaglio di realizzazioni molto ampio. Si va dall’italiano serio semplice dei telegiornali e della maggior parte dei programmi di divulgazione scientifico-culturale, all’italiano accurato della tv per bambini e ragazzi, all’italiano colloquiale ma anche sciatto dell’intrattenimento, all’italiano della fiction, etichettabile come neostandard iperstilizzato, con cadute di artificiosità, ma tutt’altro che trascurato. La fiction si identifica come genere televisivo anche per la struttura escatologica di “racconto elettronico” – per dirla coi semiologi - sempre convergente verso uno scopo (cognitivo, orientativo o modellizzante) e articolato in dicotomie categoriali di immediata decodificazione (buoni vs. cattivi; fortunati vs. sfortunati, ecc.). Il macrogenere è stato prima ridefinito nelle sue valenze semiotico-culturali di “bardo domestico” che produce un “testo parlato circolante”, esibito in una recita casalinga dagli effetti percettivi e prescrittivi sul piano socio-comportamentale e sociolinguistico. Si è poi proceduto a una storicizzazione interna dei sottogeneri di racconto che si sono succeduti nelle tre fasi della fiction italiana: 1) 1950-1975 - produzione autoctona di teleromanzi e sceneggiati; 2) 1976-1995 - importazione di prodotti europei e americani e calo della produzione indigena; 3) dal 1996 a tutt’oggi - importazione di prodotti stranieri ma rilancio della produzione domestica, con la creazione di prodotti seriali” legati alla cultura italiana sul piano contenutistico e stilistico-formale. Si è poi ridefinita, preventivamente all’analisi, la tipologia del parlato teletrasmesso della fiction che, per la sua natura ‘rotatoria’ di parlato desunto dall’oralità vera per essere riprodotto sulla pagina scritta del copione e poi ri-parlato nella recitazione, si qualifica come un parlato “oralizzato”. Il corpus prevede una campionatura di sottogeneri atta a rappresentare i principali filoni testuali praticati dall’emittenza pubblica e privata: serial in costume, soap all’italiana e serie all’italiana (analizzate da Gabriella Alfieri), family fiction e poliziesco (analizzati da Maria Rapisarda). Daria Motta ha studiato la fiction “italianizzata”, non solo con il doppiaggio dei dialoghi, ma anche con un preciso adattamento diafasico e diastratico. I risultati della ricerca per la fiction risultano coerenti a quelli degli altri generi osservati nel volume: si smentiscono gli stereotipi correnti sulla banalizzazione e sull’impoverimento della lingua italiana ad opera della televisione e si dimostra, soprattutto per alcune tipologie di programmi (divulgazione, informazione, edutainment, fiction soapizzata, tv dei ragazzi) una buona tenuta normativa e una discreta ricchezza lessicale e fraseologica, nonché un’adeguata gestione di modi e tempi verbali e un tessuto sintattico articolato e di media complessità. Lo studio descrittivo e interpretativo dell’italiano televisivo, purché adeguatamente articolato e scientificamente impostato, e opportunamente calibrato per generi, assumendo ciascun programma come testimonianza di un linguaggio specifico, si conferma dunque un osservatorio privilegiato di una delle varietà centrali dell’italiano contemporaneo, destinata a un pubblico esteso e socialmente composito, e non liquidabile in valutazioni omologanti e impressionisticamente riduttive.

La fiction

ALFIERI G;FERRO P;FIRRINCIELI F;MOTTA D;ROMANO M;SARDO R;
2008-01-01

Abstract

Il capitolo monografico sulla fiction va letto nella logica complessiva del volume, progettato e curato dall’autrice in collaborazione con Ilaria Bonomi. Il volume ha preso avvio dalla constatazione della mancanza di uno studio complessivo sulla lingua della televisione, che ne prendesse in esame la pluralità di generi e di relativi linguaggi, restituendo alla parola la sua valenza nel mezzo televisivo, di fronte al supposto predominio dell’immagine, sviscerandone il diverso peso che la parola nei differenti generi televisivi. L’italiano televisivo si differenzia pertanto in modo anche radicale al suo interno, sicché si può parlare di tanti diversi italiani del piccolo schermo. In un’elementare storicizzazione linguistica del mezzo televisivo, alla fase pedagogica, caratterizzata da una strategia artigianale e un ciclo produttivo elargito dall’alto a fini di manipolazione e coesione sociale, seguiva la fase del mercato nella quale si dava vita a catene di consumo e a produzioni seriali. In questo quadro si è voluta rivisitare la dinamica dell’incidenza sociolinguistica della televisione come diuturno assorbimento di modalità comunicative più che di fulminea interiorizzazione di modelli linguistici. È uno dei contributi di conoscenza che questo libro vorrebbe offrire. Per uno studio complessivo sulla lingua televisiva è parso fondamentale strutturare l’analisi sulla divisione dei generi, senza trascurare all’interno dei singoli capitoli le contaminazioni tipiche della cosiddetta neotv: informazione, divulgazione scientifico-culturale, intrattenimento o varietà, fiction, sport, tv dei ragazzi. Il campione, relativo al periodo 2000-2006, è rappresentato per ciascun genere da circa 7-8 ore di trasmesso nell’ambito dei diversi canali generalisti Rai e Mediaset, ed è stato distinto in campione allargato, oggetto di osservazione più generale e relativa ad aspetti prevalentemente strutturali e stilistici, e un campione ristretto, trascritto seguendo le convenzioni del LIR (Lessico dell’italiano radiofonico). L’analisi linguistica è stata svolta sui diversi livelli (testuale, sintattico, morfo-sintattico, lessicale, stilistico), individuando e documentando aspetti strutturali e testuali più rilevanti, tendenze sintattiche e lessicali, e comportamento morfosintattico relativamente ad alcuni fenomeni più significativi soprattutto per il rapporto scritto/parlato, rispetto al quale si dispiega la pluralità dei programmi, che spazia dal polo più vicino allo scritto di telegiornali o programmi culturali, al polo orientato al parlato spontaneo di molti programmi di intrattenimento, passando attraverso diamesie diverse e specifiche come quelle del parlato simulato della fiction. Ugualmente presenti nel lavoro di analisi sono stati naturalmente gli altri parametri della variazione linguistica, anche se decisamente meno produttivi di quella diamesica ai fini della descrizione del trasmesso televisivo: il parametro diastratico o della variazione sociale, quello diatopico o della variazione geografica, e quello diafasico o della variazione di situazione e di formalità. A dispetto delle accuse generiche che vengono mosse alla televisione di fare uso di una lingua scorretta, bassa, triviale, lontanissima dallo standard a cui si atteneva la televisione pedagogica dei primi decenni, il trasmesso della televisione di oggi appare fortemente diversificato, mostrando un ventaglio di realizzazioni molto ampio. Si va dall’italiano serio semplice dei telegiornali e della maggior parte dei programmi di divulgazione scientifico-culturale, all’italiano accurato della tv per bambini e ragazzi, all’italiano colloquiale ma anche sciatto dell’intrattenimento, all’italiano della fiction, etichettabile come neostandard iperstilizzato, con cadute di artificiosità, ma tutt’altro che trascurato. La fiction si identifica come genere televisivo anche per la struttura escatologica di “racconto elettronico” – per dirla coi semiologi - sempre convergente verso uno scopo (cognitivo, orientativo o modellizzante) e articolato in dicotomie categoriali di immediata decodificazione (buoni vs. cattivi; fortunati vs. sfortunati, ecc.). Il macrogenere è stato prima ridefinito nelle sue valenze semiotico-culturali di “bardo domestico” che produce un “testo parlato circolante”, esibito in una recita casalinga dagli effetti percettivi e prescrittivi sul piano socio-comportamentale e sociolinguistico. Si è poi proceduto a una storicizzazione interna dei sottogeneri di racconto che si sono succeduti nelle tre fasi della fiction italiana: 1) 1950-1975 - produzione autoctona di teleromanzi e sceneggiati; 2) 1976-1995 - importazione di prodotti europei e americani e calo della produzione indigena; 3) dal 1996 a tutt’oggi - importazione di prodotti stranieri ma rilancio della produzione domestica, con la creazione di prodotti seriali” legati alla cultura italiana sul piano contenutistico e stilistico-formale. Si è poi ridefinita, preventivamente all’analisi, la tipologia del parlato teletrasmesso della fiction che, per la sua natura ‘rotatoria’ di parlato desunto dall’oralità vera per essere riprodotto sulla pagina scritta del copione e poi ri-parlato nella recitazione, si qualifica come un parlato “oralizzato”. Il corpus prevede una campionatura di sottogeneri atta a rappresentare i principali filoni testuali praticati dall’emittenza pubblica e privata: serial in costume, soap all’italiana e serie all’italiana (analizzate da Gabriella Alfieri), family fiction e poliziesco (analizzati da Maria Rapisarda). Daria Motta ha studiato la fiction “italianizzata”, non solo con il doppiaggio dei dialoghi, ma anche con un preciso adattamento diafasico e diastratico. I risultati della ricerca per la fiction risultano coerenti a quelli degli altri generi osservati nel volume: si smentiscono gli stereotipi correnti sulla banalizzazione e sull’impoverimento della lingua italiana ad opera della televisione e si dimostra, soprattutto per alcune tipologie di programmi (divulgazione, informazione, edutainment, fiction soapizzata, tv dei ragazzi) una buona tenuta normativa e una discreta ricchezza lessicale e fraseologica, nonché un’adeguata gestione di modi e tempi verbali e un tessuto sintattico articolato e di media complessità. Lo studio descrittivo e interpretativo dell’italiano televisivo, purché adeguatamente articolato e scientificamente impostato, e opportunamente calibrato per generi, assumendo ciascun programma come testimonianza di un linguaggio specifico, si conferma dunque un osservatorio privilegiato di una delle varietà centrali dell’italiano contemporaneo, destinata a un pubblico esteso e socialmente composito, e non liquidabile in valutazioni omologanti e impressionisticamente riduttive.
2008
978-88-7667-347-4
Lingua televisiva; FICTION; STILI DI PARLATO
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