Il saggio riprende il dibattito ormai plurisecolare sulla cittadinanza le cui riflessioni teoriche, a partire dalla seconda metà del novecento, hanno tutte finito per concordare su un dato: la natura decisamente polisemica attribuita oggi a questo termine. Le ragioni di questa polisemia sono molteplici. Riguardano, trasversalmente, l’evoluzione dei singoli Stati e delle loro relazioni su differenti scale territoriali, all’interno e all’esterno di ciascuno di essi. Riguardano anche le tumultuose trasformazioni che hanno destrutturato i tradizionali capisaldi dell’economia di mercato e posto sfide, impensabili fino a qualche decennio fa, ai modelli e ai sistemi di welfare adottate nei differenti contesti nazionali e locali. Così come quelle che hanno spostato l’attenzione su altri terreni – principalmente quello culturale – alla ricerca della “miglior forma” di democrazia e del rendimento democratico. È proprio questo l’obiettivo principale del lavoro. Esso diventa possibile attraverso l’approfondimento di tre essenziali dimensioni di analisi. La prima attiene alla territorialità, tenuto conto della crisi degli Stati nazionali (determinando l’affievolimento dello ius soli come principale criterio di definizione della cittadinanza), e con essa agli emergenti fenomeni di globalizzazione, a cui corrispondono diversi modi di leggere la cittadinanza a seconda che si presti attenzione ad una dimensione locale, nazionale o ancora sovranazionale.La seconda dimensione è, invece, quella dell’appartenenza, nella sua declinazione non già oggettiva bensì soggettiva, in quanto cioè percezione dell’appartenenza ad un gruppo o ad una comunità, rinviando a quella dimensione culturale che apre a reti di “cittadini”.La terza dimensione, infine, è quella della partecipazione. E cioè all’effettiva possibilità offerta ai “cittadini” di potere accedere a tutte le opportunità messe a disposizione dalla società di riferimento. Opportunità prevalentemente governate dalle istituzioni pubbliche, in termini di servizi principalmente nell’ambito delle politiche del welfare. Ma in parte anche opportunità che appartengono alla dimensione “privata” e spesso del tutto affidate alle regole del libero mercato.L’esito di tutto questo è che oggi, mentre il concetto tradizionale di cittadinanza appare inadeguato a cogliere e a rappresentare questa complessità, la ricerca di nuove concezioni non è riuscita finora a proporre modelli sufficientemente convincenti e condivisi.Senza alcuna pretesa risolutiva rispetto al groviglio di nodi che circonda oggi il concetto di cittadinanza, nel saggio vengono riproposte due visioni che, per quanto forse un po’ semplificate, ci sembrano particolarmente efficaci nella lettura delle principali criticità che caratterizzano soprattutto il caso italiano. Ci riferiamo alla distinzione di cittadinanza come citizenship e citizenry: nella prima ricade l’idea tradizionale della cittadinanza come titolarità formale di diritti (civili, politici e sociali) indipendentemente dalla territorialità di riferimento; nella seconda, invece, ricade la cittadinanza sostanziale, quale effettivo godimento dei diritti. In particolare è su questa seconda che ci si è maggiormente soffermati. Il che significa porre al centro del nostro ragionamento il rendimento istituzionale e la cittadinanza sostanziale, in termini di servizi pubblici forniti in modo efficiente ed efficace, come snodo della qualità della democrazia. In questa prospettiva, infine, abbiamo provato a rivisitare il tema della territorialità della cittadinanza sottolineandone in particolare la sua dimensione locale. È nel contesto locale, infatti, più che in quello nazionale, che si concretizza quel rendimento istituzionale indispensabile a rendere effettiva la titolarità dei diritti di cittadinanza (soprattutto, ma non solo, nel campo delle politiche di welfare). Lungo questo percorso di analisi il ragionamento induce a riflettere, cosa che si è fatto nelle pagine conclusive del lavoro, su quell’istituto che nell’ordinamento della totalità dei paesi occidentali avanzati (non solo e in molti casi ormai da molti decenni) costituisce una sorta di “ponte” fra cittadinanza sostanziale e qualità della democrazia: l’istituto della Difesa civica.

CITTADINANZA LOCALE E STRUMENTI DI ACCOUNTABILITY

LA BELLA, MARCO VALERIO LIVIO
2011-01-01

Abstract

Il saggio riprende il dibattito ormai plurisecolare sulla cittadinanza le cui riflessioni teoriche, a partire dalla seconda metà del novecento, hanno tutte finito per concordare su un dato: la natura decisamente polisemica attribuita oggi a questo termine. Le ragioni di questa polisemia sono molteplici. Riguardano, trasversalmente, l’evoluzione dei singoli Stati e delle loro relazioni su differenti scale territoriali, all’interno e all’esterno di ciascuno di essi. Riguardano anche le tumultuose trasformazioni che hanno destrutturato i tradizionali capisaldi dell’economia di mercato e posto sfide, impensabili fino a qualche decennio fa, ai modelli e ai sistemi di welfare adottate nei differenti contesti nazionali e locali. Così come quelle che hanno spostato l’attenzione su altri terreni – principalmente quello culturale – alla ricerca della “miglior forma” di democrazia e del rendimento democratico. È proprio questo l’obiettivo principale del lavoro. Esso diventa possibile attraverso l’approfondimento di tre essenziali dimensioni di analisi. La prima attiene alla territorialità, tenuto conto della crisi degli Stati nazionali (determinando l’affievolimento dello ius soli come principale criterio di definizione della cittadinanza), e con essa agli emergenti fenomeni di globalizzazione, a cui corrispondono diversi modi di leggere la cittadinanza a seconda che si presti attenzione ad una dimensione locale, nazionale o ancora sovranazionale.La seconda dimensione è, invece, quella dell’appartenenza, nella sua declinazione non già oggettiva bensì soggettiva, in quanto cioè percezione dell’appartenenza ad un gruppo o ad una comunità, rinviando a quella dimensione culturale che apre a reti di “cittadini”.La terza dimensione, infine, è quella della partecipazione. E cioè all’effettiva possibilità offerta ai “cittadini” di potere accedere a tutte le opportunità messe a disposizione dalla società di riferimento. Opportunità prevalentemente governate dalle istituzioni pubbliche, in termini di servizi principalmente nell’ambito delle politiche del welfare. Ma in parte anche opportunità che appartengono alla dimensione “privata” e spesso del tutto affidate alle regole del libero mercato.L’esito di tutto questo è che oggi, mentre il concetto tradizionale di cittadinanza appare inadeguato a cogliere e a rappresentare questa complessità, la ricerca di nuove concezioni non è riuscita finora a proporre modelli sufficientemente convincenti e condivisi.Senza alcuna pretesa risolutiva rispetto al groviglio di nodi che circonda oggi il concetto di cittadinanza, nel saggio vengono riproposte due visioni che, per quanto forse un po’ semplificate, ci sembrano particolarmente efficaci nella lettura delle principali criticità che caratterizzano soprattutto il caso italiano. Ci riferiamo alla distinzione di cittadinanza come citizenship e citizenry: nella prima ricade l’idea tradizionale della cittadinanza come titolarità formale di diritti (civili, politici e sociali) indipendentemente dalla territorialità di riferimento; nella seconda, invece, ricade la cittadinanza sostanziale, quale effettivo godimento dei diritti. In particolare è su questa seconda che ci si è maggiormente soffermati. Il che significa porre al centro del nostro ragionamento il rendimento istituzionale e la cittadinanza sostanziale, in termini di servizi pubblici forniti in modo efficiente ed efficace, come snodo della qualità della democrazia. In questa prospettiva, infine, abbiamo provato a rivisitare il tema della territorialità della cittadinanza sottolineandone in particolare la sua dimensione locale. È nel contesto locale, infatti, più che in quello nazionale, che si concretizza quel rendimento istituzionale indispensabile a rendere effettiva la titolarità dei diritti di cittadinanza (soprattutto, ma non solo, nel campo delle politiche di welfare). Lungo questo percorso di analisi il ragionamento induce a riflettere, cosa che si è fatto nelle pagine conclusive del lavoro, su quell’istituto che nell’ordinamento della totalità dei paesi occidentali avanzati (non solo e in molti casi ormai da molti decenni) costituisce una sorta di “ponte” fra cittadinanza sostanziale e qualità della democrazia: l’istituto della Difesa civica.
2011
978-88-568-4590-7
CITTADINANZA; DEMOCRAZIA; ACCOUNTABILITY
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/64307
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